di Sara Michelucci

Il giovane Giacomo Leopardi ha appena scritto l’Infinito, ma si trova improvvisamente catapultato nel 2012, nella casa di uno svogliato diciannovenne che deve sostenere il giorno dopo l’esame di Stato e sta studiando le sue poesie. L’Infinito di Tiziano Scarpa, in teatro (al Secci di Terni), per la regia di Arturo Cirillo, sceglie un nuovo e, sicuramente originale, modo per raccontare uno dei più conosciuti poeti della storia italiana.

Il ventunenne Leopardi (Cirillo) fa un salto in avanti di due secoli e si ritrova a confrontarsi con un ragazzo dei nostri tempi, Andrea (Andrea Menin). Sono praticamente coetanei, ma la loro formazione e il loro vissuto, nonché il loro linguaggio, sono totalmente lontani.

Eppure a poco a poco familiarizzano, scherzano, fanno amicizia. Andrea lo sbalordisce aggiornandolo sulla storia contemporanea, sul progresso tecnologico, lo fa navigare su Internet e lo fa incontrare con la fidanzata Cristina (Margherita Mannino). Una ragazza, decisamente maliziosa, che farà perdere la testa al giovane poeta. Le loro vite cambieranno totalmente e prenderanno una piega sorprendente.

Attraverso l’opera più importante di Leopardi, lo spettatore è portato a guardare e a giudicare il mondo di oggi, dove i giovani faticano ad avere una posizione sicura, dove i valori sono totalmente calpestati e cambiano rispetto a quelli del passato. Il concetto stesso di famiglia è messo a dura prova ed è uno degli elementi di confronto tra i due giovani.

Se Andrea è una sorta di ‘orfano contemporaneo’, con genitori vivi, ma del tutto assenti, con un padre che ha una compagna della stessa età del figlio e una madre che non lo vede mai; il giovane Leopardi vive il peso di una figura paterna severa e rigida, che non gli permette quella libertà che vorrebbe. Nel primo caso, insomma, il nucleo familiare è completamente disgregato, nel secondo è troppo oppressivo e non lascia spazio per fare delle scelte autonome.

Problemi diversi, ma che riescono a trovare una congiunzione nelle confidenze che questi due personaggi si scambiano e nei dialoghi che pur pescando nei toni della commedia, riescono allo stesso tempo ad affrontare alcune tematiche molto attuali.

“Un’idea, quella di Scarpa su Leopardi - afferma il regista - che rivela passione e conoscenza, basti pensare a quel tentativo di lettura di un testo che è dialogo tra un ragazzo qualsiasi di oggi che sta cercando di prepararsi all’esame di maturità e il poeta sul significato della sua lirica (L’Infinito, appunto), su come essa nasce e su cosa realmente, direi fisicamente, significhi, su qual è insomma l’esperienza che la sottende.

Il tutto attraverso l’accostamento di linguaggi diversissimi, quello colto e ricercato di Leopardi e quello di un ragazzo di oggi, ignorante e in fondo disperato, e forse proprio per questo capace più di altri di poter sentire e comprendere ciò che Leopardi voleva dire, al di là, o magari prima, di tutte le colte e dotte spiegazioni”. 

 

 

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