di Mariavittoria Orsolato

Checché ne dicano i neuropsichiatri infantili, le fiabe sono ancora oggi uno degli strumenti di trasmissione valoriale più forti che esistano per l'infanzia. Non del tutto soppiantata da social network e consolle, la fiaba è un genere narrativo fantastico popolato di giganti, fate, gnomi e streghe maligne che differisce dalla favola - i cui protagonisti sono solitamente animali antropomorfi - e ha il preciso intento di offrire una morale alla sua conclusione.

L'intento della fiaba vuole infatti essere quello di aiutare il bambino a comprendere quali siano le azioni positive e quali quelle negative, ad essere generosi con i deboli, a rispettare la famiglia, ad avere il coraggio di affrontare il cattivo di turno per cambiare il proprio destino o semplicemente il corso dei fatti. Ma è davvero sempre stato così?

La scorsa settimana è uscito nelle librerie del Regno Unito Fairy Tales from the Brothers Grimm: A New English Version l'ultimo saggio di Philip Pullman - l'oxfordiano già autore della trilogia best seller Queste oscure materie - che ripercorre le origini e le trasformazioni delle celeberrime fiabe dei fratelli Grimm. Leggendolo si rimane impressionati da quanto le storie siano mutate nel corso del tempo. I riferimenti sessuali e gli episodi più macabri sono stati perlopiù rimossi e nessuna delle storie più orrorifiche ce l'ha fatta a entrare nel circuito mainstream e a raggiungere i nostri giorni.

Partiamo con la Bella Addormentata. In una delle primissime versioni di questo classico, pubblicata nel 1634 da Gianbattista Basile sotto il titolo di “Il sole, la luna e Talia”, la principessa non si punge il dito con la punta di un fuso ma invece si pianta una scheggia sotto l'unghia. Cade apparentemente morta e suo padre, incapace di accettare la perdita, decide di custodire il suo corpo ponendolo su un letto in uno dei suoi palazzi. Qualche tempo dopo un re a caccia nei boschi riesce a trovarla ma, non riuscendola a svegliare, la stupra, consapevole che la sua incoscienza non lo avrebbe tradito.

Dallo stupro nascono però due gemelli, che la bella dà alla luce nonostante il coma, uno dei quali accidentalmente succhia la scheggia fuori dal dito, riuscendo finalmente a svegliarla dal pesantissimo sonno cui il sortilegio l'aveva condannata. Vista la prole, un matrimonio riparatore è d'obbligo ma il re che aveva stuprato la bella Talia risulta già sposato e per accogliere la nuova sposa decide di bruciare viva quella vecchia. Ma non temete, prima di tutto questo la regina prova a uccidere e mangiare i due gemelli, quindi, moralmente parlando, torna tutto.

Passiamo ora alla celeberrima fiaba di Cappuccetto Rosso e del lupo cattivo. Quando la misero per iscritto, i fratelli Grimm addolcirono molto questa storia rispetto a com'era quando se la ritrovarono tra le mani.

Nella versione di Charles Perrault, inclusa nella sua raccolta “Storie e favole del tempi antichi: i racconti di Mamma Oca” del 1697 non c'è nessun intrepido cacciatore. Cappuccetto rosso semplicemente si spoglia, va a letto e viene divorata dal grosso lupo cattivo. Nessun intervento miracoloso, nessun lieto fine.

Eppure Perrault ci lascia un piccolo verso in rima in cui afferma che non tutti i lupi sono bestie feroci: alcuni seducono con la gentilezza e si intrufolano nel nostro letto per farci del male. I riferimenti sessuali non si sono persi comunque, e sono arrivati fino ai nostri giorni: a tutt'oggi, l'espressione francese per definire una ragazza che ha perso la verginità è elle avoit vû le loup, “lei ha visto il lupo”.

Per quanto riguarda la storia di Cenerentola, Perrault è molto più gentile dei Grimm. Nella sua versione le due crudeli sorellastre vanno in sposa a due membri della corte regale subito dopo il matrimonio tra Cenerentola e il principe. Nella favola dei fratelli Grimm non solo le due sorellastre si amputano letteralmente parte dei piedi per riuscire a farli calzare nella scarpetta di cristallo ma alla fine vengono pure condannate a farsi cavare gli occhi dalle beccate di una colomba. Così, giusto per bilanciare.

Arriviamo ora alla fiaba per antonomasia: Biancaneve e i sette nani. Prima di tutto, nella versione dei fratelli Grimm del 1812, la regina cattiva è la vera madre di Biancaneve e non la sua matrigna. La stessa versione Disney omette di dire che oltre al cuore di Biancaneve la regina chiede al cacciatore di portarle anche il fegato e i polmoni della principessa in quanto intende mangiarli.

In più Biancaneve non è addormentata quando il principe finalmente la riesce a trovare: è bella che morta e lui sta provando a porta via di forza il suo corpo morto, quando il suo servo inciampa e cade rovinosamente sulla bara liberando la gola di Biancaneve dalla mela avvelenata.

Interessante poi la punizione che i Grimm escogitano per la regina cattiva: nel momento in cui si presenta al matrimonio tra Biancaneve e il principe Azzurro, viene subito obbligata a indossare scarpe di ferro bollente e con queste a danzare letteralmente fino alla morte. Alla faccia del contrappasso.

Conosciamo poi tutti la storia della sirenetta che vende la sua voce per un paio di gambe, se ne va in giro per il reame e finalmente vince il cuore del valoroso principe. Bene, dimenticatela. Nella versione originale di Hans Christian Andersen la bella sirenetta baratta sì la sua lingua per un paio di gambe ma l'accordo con la strega del mare prevede anche che ogni passo della sirenetta sulla terra risulti per lei praticamente insostenibile, come camminare su rocce taglienti.

In più nella versione non edulcorata dalla Disney, il principe sposa un'altra donna e la sirenetta, fallito l'obiettivo di far ricambiare il suo amore, muore trasformandosi in schiuma dell'oceano.

Prima di questo tragico epilogo, però, le sorelle della sirenetta vendono i loro capelli in cambio di un pugnale in grado di spezzare il patto stretto con la strega del mare: con quello la sirenetta avrebbe dovuto uccidere il principe, lasciando che il suo sangue scorresse sui piedi di lei in modo da ritrasformarli in pinne. Coma accennato poc'anzi, il finale tragico non lascia certo spazio ai buoni sentimenti.

Dimenticate quindi le trasposizioni animate della Disney e magari pensateci due volte prima di leggere uno di questi classici ai vostri bambini per la buonanotte. Potrebbero non essere propriamente di sogni d'oro.

 

 

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