di Luca Mazzucato

PRINCETON. La scoperta del bosone di Higgs è uno di quei rarissimi eventi che passano direttamente dalla cronaca ai libri di testo, un po' come la mela di Newton o la scoperta dell'accelerazione dell'Universo. A quarantotto anni dall'articolo in cui il giovane Peter Higgs (insieme ad altri sei colleghi) ipotizzò l'esistenza di questa nuova particella, l'auditorium del CERN di Ginevra accoglie il fisico teorico con una standing ovation da vera rock star: “Non avrei mai immaginato di poter assistere a questa scoperta di persona,” confessa lo scienziato commosso.

Nel frattempo, all'Institute for Advanced Study di Princeton, una festa improvvisata alle tre di notte (ora locale) ha accompagnato la diretta della conferenza stampa a Ginevra: nell'ufficio che un tempo ospitava Albert Einstein, il fisico Nima Arkani-Hamed ha aperto i festeggiamenti stappando bottiglie di champagne e congratulandosi con i colleghi per il traguardo storico.

La caccia al bosone di Higgs è senz'altro l'avventura più complicata e straordinaria della storia della fisica. Subito dopo la formulazione del Modello Standard delle particelle elementari da parte di Weinberg, Glashow e Salam, una serie di acceleratori sempre più potenti hanno inchiodato ad una ad una tutte le particelle predette dal Modello, a suon di premi Nobel. I due cugini pesanti dell'elettrone: muoni e tau. I cugini pesanti del fotone, bosoni vettori W e Z, quest'ultimo scoperto da Rubbia. Le varie specie di ineffabili neutrini, che pareva fossero veloci della luce (ma galeotto fu un cavo scollegato). I sei quark, l'ultimo dei quali, il top quark, scoperto al Fermilab vent'anni fa, fu l'ultima nuova particella elementare. Mancava solo l'Higgs per completare la foto di famiglia.

Dal Ginevra a Chicago, avanti e indietro nuovi acceleratori mastodontici facevano a gara per sondare l'infinitamente piccolo con energie sempre più elevate. Ma niente da fare. Sempre dietro l'angolo, sempre più piccolo, sfuggiva a qualsiasi lente, per quanto potente.

Tanto sfuggente era questo bosone, che Leon Lederman, Premio Nobel per la sua scoperta del neutrino muonico, scrisse un libro in cui raccontava la storia degli innumerevoli tentativi andati a vuoto. Il titolo scelto da Lederman per il suo libro era eloquente: “That goddamn particle,” ovvero “Quella stramaledetta particella.” Ma mentre il libro era in fase di stampa, l'editore decise di cambiarne il titolo all'insaputa dello stesso Lederman. Il libro fu pubblicato come “The God Particle” e da quel momento in poi, per uno scherzo editoriale, il vituperato bosone passò alla cronaca come la particella di Dio.

Finché i fisici decisero che era venuto il momento della resa dei conti. La comunità scientifica costruì un acceleratore così potente che, se il bosone di Higgs davvero esisteva, l'avrebbero scovato, costi quel che costi: in questo caso, sette miliardi di euro. Un acceleratore della lunghezza di ventisette chilometri, che ogni secondo genera quaranta milioni di collisioni tra protoni accelerati in direzioni opposte fino alla velocità della luce. La macchina più potente, precisa e costosa mai concepita nella storia dell'umanità. L'energia sprigionata da questo gigantesco microscopio chiamato Large Hadron Collider si spinge oltre il limite teorico a cui il bosone non può sfuggire.

E dunque LHC ha finalmente svelato l'ultimo mistero della fisica delle particelle. Un successo clamoroso per i fisici teorici che lo predissero mezzo secolo fa e per i fisici sperimentali che concludono una stagione gloriosa della storia della fisica. L'ultimo mattoncino mancante del Modello Standard è stato posato.

Purtroppo, nel circo mediatico seguito alla scoperta della nuova particella, quella che è mancata è stata proprio l'accuratezza scientifica. Il bosone di Higgs non brilla sicuramente per modestia: quando la stampa gli attribuisce proprietà che in realtà non possiede, incassa e ringrazia. Contrariamente a quanto si dice, la maggior parte della massa che osserviamo nell'Universo non ha nulla a che fare con il bosone di Higgs.

È vero che il bosone, attraverso il meccanismo omonimo, genera una massa per le particelle elementari, a partire dall'elettrone. Ma i tre quarti della massa dell'universo consistono di Materia Oscura, la cui natura, come il nome suggerisce, rimane per ora un mistero assoluto. Del restante quarto di materia che possiamo vedere, la maggior parte della massa delle stelle e dei pianeti è dovuta ai protoni e neutroni che formano i nuclei degli atomi. E questo tipo di massa è generata dal confinamento delle forze nucleari, che niente ha a che fare con il meccanismo di Higgs.

Ma se da una parte la scoperta dell'Higgs rappresenta una conferma della teoria più precisa mai inventata, dall'altro lato rende più complicato capire cosa succeda veramente alla struttura dello spaziotempo a distanze microscopiche. Nella comunità dei fisici delle particelle, la scoperta dell'Higgs è sempre stata data per scontata: stando ai calcoli, non avrebbe potuto che essere lì, o comunque nelle vicinanze. L'avvento di LHC portava con sé la speranza di mirabolanti scoperte dai nomi fantascientifici: sconfinare nella quinta dimensione, creare buchi neri, scoprire la supersimmetria, predetta dalla teoria delle stringhe.

È infatti noto agli addetti ai lavori che il Modello Standard, così com'è, non può essere la fine della storia. Rimane una teoria intrinsecamente inconsistente, non potendo includere la forza di gravità. Questo fatto è legato alla particolare natura del bosone di Higgs: mentre tutte le altre particelle esistenti ruotano senza sosta attorno al loro asse, il bosone di Higgs non ruota per niente, ma sta fermo. Questa assenza di rotazione rende l'Higgs suscettibile alle fluttuazioni quantistiche dello spaziotempo a scale microscopiche, che finiscono per destabilizzare la sua massa e l'intera teoria.

Eppure, ogni volta che viene testato, il Modello Standard resiste tenacemente ad ogni sfida. Il fatto che finora LHC abbia prodotto solo il bosone di Higgs e nessun'altra nuova particella esotica diventa sempre più un mistero, col passare del tempo e l'aumento della precisione e dell'energia sprigionata. Come ammettono gli stessi ricercatori delle due collaborazioni ATLAS e CMS, quello che ora chiamiamo Higgs potrebbe in realtà essere una particella diversa, ma molto simile, a quella predetta dal Modello Standard, un indizio di nuova fisica, anche se molto improbabile.

Tutti in realtà aspettano con ansia il 2014, quando LHC dopo un anno di chiusura verrà portato alla massima potenza e potrà finalmente scandagliare i territori inesplorati dei teraelettronvolt, un'energia così elevata che nemmeno il Modello Standard ha nulla da dire al riguardo...

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