di Alessandro Iacuelli

Una festa dalle radici antiche.
Tutto iniziò a Chicago, il primo maggio del 1886, quando una grande manifestazione operaia fu repressa nel sangue. Era un sabato, allora giornata lavorativa, ma in dodicimila fabbriche degli Stati Uniti 400 mila lavoratori incrociarono le braccia. Nella sola Chicago scioperarono e parteciparono al grande corteo in 80 mila, per lo più richiamati da sindacati di estrazione anarchica e libertaria.
Tutto si svolse pacificamente, ma nei giorni successivi scioperi e manifestazioni proseguirono e nelle principali città industriali americane la tensione si fece sempre più acuta. Il lunedì la polizia fece fuoco contro i dimostranti radunati davanti ad una fabbrica per protestare contro i licenziamenti, provocando quattro morti. Per protesta fu indetta una manifestazione per il giorno dopo, durante la quale, mentre la polizia si avvicinava al palco degli oratori per interrompere il comizio e disperdere violentemente l'adunata, fu lanciata una bomba. I poliziotti aprirono il fuoco sulla folla. Alla fine si contarono otto morti e numerosi feriti. Il giorno dopo a Milwaukee la polizia sparò contro i manifestanti provocando nove vittime (tutti operai polacchi). Una feroce ondata repressiva si abbatté contro le organizzazioni sindacali e politiche dei lavoratori, le cui sedi furono devastate e chiuse e i cui dirigenti vennero arrestati. Per i fatti di Chicago furono condannati a morte otto esponenti anarchici malgrado non ci fossero prove della loro partecipazione alle manifestazioni. Furono colpiti gli anarchici poiché erano in grado, in quel momento storico, di "smuovere" la maggior parte dei lavoratori (dei quali un gran numero era costituito da immigrati dall'Europa). Due di loro ebbero la pena commutata in ergastolo, uno venne trovato morto in cella, gli altri cinque furono impiccati in carcere l'11 novembre 1887. Il ricordo dei "martiri di Chicago" divenne simbolo di lotta per le otto ore e più in generale per l'emancipazione dei lavoratori.

Il 1° maggio come lo intendiamo noi nasce il 20 luglio 1889, a Parigi. A lanciare l'idea fu il congresso della Seconda Internazionale, riunito in quei giorni nella capitale francese: "Una grande manifestazione sarà organizzata per una data stabilita, in modo che simultaneamente in tutti i paesi e in tutte le città, nello stesso giorno, i lavoratori chiederanno alle pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore e di mandare ad effetto le altre risoluzioni del Congresso di Parigi." (Risoluzione della II internazionale).
La scelta della data cadde sul 1 maggio, proprio come data simbolica in ricordo dei fatti di Chicago.

Man mano che ci si avvicinava al 1 maggio 1890 le organizzazioni dei lavoratori intensificarono l'opera di sensibilizzazione sul significato dell'appuntamento.
Lo slogan principale coniato per la ricorrenza era: Otto ore di lavoro, Otto ore di sonno, Otto ore di svago

"Lavoratori - si legge in un volantino anarco-sindacalista diffuso a Napoli il 20 aprile 1890 - ricordatevi il 1 maggio di far festa. In quel giorno gli operai di tutto il mondo, coscienti dei loro diritti, lasceranno il lavoro per provare ai padroni che, malgrado la distanza e la differenza di nazionalità, di razza e di linguaggio, i proletari sono tutti concordi nel voler migliorare la propria sorte e conquistare di fronte agli oziosi il posto che è dovuto a chi lavora. Viva la rivoluzione sociale! Viva l'Internazionale!"

Montava intanto un clima di tensione, alimentato da voci allarmistiche: la stampa conservatrice interpretando le paure della borghesia, consigliò a tutti di starsene chiusi in casa, addirittura di fare provviste, perchè "non si sa quali gravi sconvolgimenti potranno accadere".
Da parte loro i governi, più o meno liberali o autoritari, allertarono gli apparati repressivi.
In Italia il governo di Francesco Crispi usò la mano pesante, attuando drastiche misure di prevenzione e vietando qualsiasi manifestazione pubblica sia per la giornata del 1 maggio che per la domenica successiva, 4 maggio: in diverse località, per incoraggiare la partecipazione del maggior numero di lavoratori, si era infatti deciso di far slittare la manifestazione alla giornata festiva.
Nel frattempo Crispi fece arrestare "preventivamente" gran parte dei dirigenti dei sindacati italiani.
Si trattò di una scommessa dall'esito quanto mai incerto: la mancanza di un unico centro coordinatore a livello nazionale rappresentò un handicap dal punto di vista organizzativo. Fino al giorno prima non si sapeva in che misura i lavoratori sarebbero stati disposti a scendere in piazza per rivendicare un obiettivo, quello delle otto ore, considerato prematuro da gran parte dei dirigenti del movimento operaio e sindacalista italiano o per testimoniare semplicemente una solidarietà internazionale di classe.
Proprio per questo la riuscita del 1 maggio 1890 costituì una felice sorpresa, un salto di qualità del movimento dei lavoratori, che per la prima volta diede vita ad una mobilitazione su scala nazionale, per di più collegata ad un'iniziativa di carattere internazionale.
In numerosi centri, grandi e piccoli, si svolsero manifestazioni, con una vasta partecipazione di lavoratori. Un episodio significativo accadde a Voghera, dove gli operai, costretti a recarsi al lavoro, ci andarono vestiti a festa.

Anche negli altri paesi il 1 maggio ebbe un'ottima riuscita: "Il proletariato d'Europa e d'America - affermò compiaciuto Fiedrich Engels - passa in rivista le sue forze mobilitate per la prima volta come un solo esercito. E lo spettacolo di questa giornata aprirà gli occhi ai capitalisti".

Visto il successo di quella che avrebbe dovuto essere una rappresentazione unica, venne deciso di replicarla per l'anno successivo.
Il 1 maggio 1891 confermò la presa di quello straordinario appuntamento e indusse la Seconda Internazionale a rendere permanente quella che, da lì in avanti, sarebbe stata la "festa dei lavoratori di tutti i paesi".

La pagina più sanguinosa della festa del lavoro venne scritta nel 1947 proprio in Italia, a Portella delle Ginestre, dove circa duemila persone del movimento contadino si erano date appuntamento per festeggiare la fine della dittatura e il ripristino delle libertà. La banda di Salvatore Giuliano fece fuoco tra la folla, provocando undici morti e oltre cinquanta feriti. La Cgil proclamò lo sciopero generale e puntò il dito contro "la volontà dei latifondisti siciliani di soffocare nel sangue le organizzazioni dei lavoratori".
La strage di Portella delle Ginestre, secondo l'allora ministro dell'Interno, Mario Scelba, chiamato a rispondere davanti all'Assemblea Costituente, non fu un delitto politico. Ma nel 1949 il bandito Giuliano scrisse una lettera ai giornali e alla polizia per rivendicare lo scopo politico della sua strage. Il 14 luglio 1950 il bandito fu ucciso dal suo luogotenente, Gaspare Pisciotta, il quale a sua volta fu avvelenato in carcere il 9 febbraio del 1954, dopo aver pronunciato clamorose rivelazioni sui mandanti della strage di Portella.

Oggi, oramai in pieno XXI secolo, in più di cento Paesi la partecipazione a una manifestazione di protesta o l'adesione a uno sciopero sono azioni proibite e che possono avere, per chi le compie, conseguenze molto dure. Anche il Primo Maggio di fatto è proibito. È quanto avviene in Bielorussia, Birmania, Cambogia, Colombia, Indonesia, Iran, Kenya, Marocco, Zimbwawe.
Il record negativo di diritti sul lavoro negati va alla Colombia, dove si registra il maggior numero di sindacalisti assassinati: 112 nel 2000, 156 nel 2001 (cui vanno aggiunti 68 scomparsi), 179 nel 2002 (di cui 19 dirigenti). E circa quattromila sono gli episodi di violazioni e abusi, ancora impuniti, compiuti a danni di rappresentanti dei lavoratori, considerati sovversivi dal governo.
In Cina non esiste un sindacato libero, ma un sindacato di regime. Tutte le altre organizzazioni per la difesa dei diritti dei lavoratori sono considerate fuori legge e, con la repressione di Piazza Tian An Men del 1989, sono stati incarcerati anche i difensori delle libertà sindacali. Da allora, il primo maggio viene festeggiato ufficialmente dal governo cinese, ma non dal popolo.
In Birmania, poi, un governo militare priva dei diritti civili e sindacali 45 milioni di persone, mentre in Bielorussia il movimento sindacale è stato praticamente soppresso dal giorno dell'indipendenza della Repubblica (dopo il crollo dell'URSS).

Per ricordare al mondo i diritti dei lavoratori, anche nel 2005, la Confederazione Internazionale dei Sindacati Liberi (Icftu) ha pubblicato il Manifesto del Primo Maggio, con il quale si ricordano i temi più importanti. "Rendiamo omaggio - si legge nel testo - a tutti quelli che, nella storia, hanno fatto tanto per promuovere e difendere i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, per generare giustizia sociale, uguaglianza, diritti umani e democrazia".

Ancora oggi più di 200 milioni di bambini lavorano anziché andare a scuola, mentre i giovani che sono diplomati o laureati lottano per trovare un impiego decente. Milioni di lavoratori affrontano lo sfruttamento, la discriminazione e la precarietà. E i sindacati stessi subiscono pressioni enormi, perchè i governi e i datori di lavoro, in molti Paesi, violano i diritti dei lavoratori.
Sui diritti negati, la Confederazione Internazionale dei Sindacati Liberi, che rappresenta 157 milioni di lavoratori appartenenti a 225 sindacati presenti in 148 Paesi, svolge sistematicamente azione di informazione. Ed anche quest'anno ha organizzato la festa del Primo Maggio Internazionalista, dove sono invitati a partecipare tutti i lavoratori del mondo. Quelli che ancora un lavoro ce l'hanno e chi non dispera di riaverlo.

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