di Saverio Monno

Solo pochi mesi fa, la brusca interruzione del suo Decameron ed il tormentato divorzio con La7 annunciavano la condanna ad un nuovo esilio per Daniele Luttazzi. Anche questa volta però, il comico romagnolo non resta con le mani in mano e prova a reagire. Ai suoi detrattori, che lo vorrebbero a casa a leccarsi le ferite, risponde con una lunga tournee teatrale, all’insegna di quello stile dissacrante che lo ha reso popolare. E’ tornato, dunque, ad esibirsi dinanzi ad un pubblico in carne ed ossa, il personaggio più irriverente della televisione italiana, una platea a cui riserva una versione “riveduta e scorretta” del suo monologo cult: Sesso con Luttazzi, sarebbe a dire tutto ciò che non avreste mai voluto sapere sul sesso, ma i vostri genitori hanno voluto dirvi a tutti i costi. Satira e campagna elettorale: ne parliamo? Ne parliamo. La satira “è un punto di vista ed un po’ di memoria” esordisce. “In Italia, nella tv generalista, si tende a far passare per satira quella che invece, è mera comicità. Si esalta la goffaggine di un politico, di un personaggio in vista, e si spaccia tutto per satira”. Gli chiediamo (scioccamente!) di spiegarci meglio, e lui, come un bambino davanti alla marmellata, si trasforma in un fiume in piena. “Se fai una battuta sulla statura di Berlusconi - ci risponde a “lingua sciolta” - è pura comicità. Se però, ricordi che la statura di Berlusconi è un problema per chi deve chinarsi per leccargli il culo, questa è satira”.

Lamenta l’oscenità di un paese sottomesso ai capricci del potente di turno, in cui l’informazione, in mano a ristretti gruppi di potere, lavora per “compiacere il padrone” e dove “una battuta su Dell’Utri, condannato a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, è censurata ed automaticamente eliminata dalla memoria collettiva, perché non si vuole che la gente possa sapere o ricordare episodi così scomodi!”

Si scaglia quindi, contro “i bastardi”, come definisce i suoi denigratori, che lo accusano di essere un comico “volgare che non fa ridere”. “E’ il metodo più pulito per giustificare la censura – incalza – ma la volgarità è una tecnica satirica consolidata, da Aristofane ai vari Sterne, Swift o Boccaccio” che non può e non vuole “far ridere chi è il bersaglio della satira!” Ci rifila quindi uno dei suoi classici colpi. “Magari, però, è vero che non faccio ridere – dice – dev’essere per questo motivo che la gente viene ai miei spettacoli!”

Parliamo quindi, del suo spettacolo, dove torna ad indossare un camice bianco e ad impugnare una bambola per parlare di sesso. Un classico giunto, oramai, al suo quarto quinquennale restyling teatrale. Un “one man show” che prende le mosse da un piccolo sketch televisivo di “Magazine” un programma del 1991. Un programma che sarebbe “impossibile rivedere oggi in televisione - afferma - perché viviamo in un paese, in piena involuzione che sembra tornato agli anni ‘50.”

Durante una performance, che non lascia spazio all’immaginazione, come quella che ci propone il “dottor Luttazzi”, capita che “qualche anziano abbonato”, sconcertato dalla loquela “licenziosa” del comico, “si alzi dalla poltrona ed esca dalla sala”. Ma l’essere “trombone”, sostiene lo stesso artista, “non è un fattore legato all’età; sono tanti, infatti, i vecchietti e le vecchiette che si sganasciano dalle risate alle mie battute. Credo dipenda da una sorta di libertà interiore, che alcuni già possiedono, mentre altri riescono ad acquistarla solo se adeguatamente spronati dal comico che li incalza”. Ma “la realtà è ciò che è, non ciò che dovrebbe essere” - ci ricorda - e parlare di sesso è, di fatto, ancora un tabù. Non a caso, sono uno dei pochi a fare satira con questo tipo di argomenti, ride. Magari anche altri comici vorrebbero imboccare questa strada, ma se davvero lo facessero, poi non troverebbero lavoro in televisione”. E lui, il “Luttazzi nazionale”, che quel prezzo l’ha pagato, continua a fare le sue cose con i mezzi che gli restano a disposizione.

A pochi giorni dalla conclusione di una campagna elettorale che definisce “tutt’altro che noiosa”, non riusciamo a trattenere la tentazione di chiedergli una battuta sull’epilogo di queste elezioni. “Per favore, sto facendo colazione” implora. Pensa in particolare a Giuliano Ferrara, “uno che ha la presunzione di accusare d’omicidio centinaia di migliaia di donne” per poi giocare a fare la vittima quando viene contestato.

Nonostante la gran mole di spunti a disposizione, però lo spettacolo concede poco spazio ad una satira più squisitamente politica. Ma stiano tranquilli i Luttazzi-boys, “non ho mai deluso in vent’anni – tiene a rassicurarci il guitto romagnolo – e non comincerò proprio ora. Sesso con Luttazzi è uno spettacolo a sé stante, ha i suoi argomenti, le sue tematiche, non potevo e non volevo cambiarle. Ad ottobre, però, porterò in teatro Decameron”. C’è da fidarsi, dunque, da qui alla prossima stagione teatrale ne vedremo delle belle.

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