di Alessandro Iacuelli

AVELLINO. Questa non ci voleva per gli abitanti di un popoloso quartiere centrale della città capoluogo dell'area già protagonista del terremoto del 1980. Durante i lavori di scavo in un cantiere nella centrale Piazza Castello, un anno fa, le escavatrici portarono alla luce un'ampia discarica di materiali misti, con presenza di barre di eternit. Discarica, che la stampa locale ha impropriamente definito come abusiva, risalente addirittura agli anni '60. Impropriamente perché all'epoca non vi era alcuna forma legislativa che vietasse il seppellimento di rifiuti in ogni luogo, compresi i sottofondi stradali.

Dopo la scoperta, scattò il sequestro da parte dell'autorità giudiziaria e il via ad un piano di caratterizzazione da parte dell'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente e dell'Università.
Domenica 10 marzo, gli avellinesi si sono svegliati con la notizia, riportata a tutta pagina dalla stampa locale, che le analisi di caratterizzazione hanno portato alla conclusione che non solo vi è presenza, oltre i limiti consentiti dalla legge, di un paio di metalli pesanti ma che tra quei rifiuti c'è la presenza di Torio-232, isotopo stabile e debolmente radioattivo del pericoloso metallo.

Il Torio-232, che decade mediante radiazione alfa, produce un isotopo del radon, gas radioattivo e pericoloso per la salute. La causa principale di pericolo per la salute, è per ingestione: da solo può provocare danni al fegato; oltre questo, l'esposizione al Torio e la sua inalazione può portare ad un aumento del rischio di cancro ai polmoni, al pancreas, ai reni.

Focalizziamo però l'attenzione non sul rischio cancerogeno, ma alla sua pericolosità per ingestione nei confronti del fegato: al di sotto del piano dove è stata trovata la discarica, passano tre grandi condotte idriche, tra cui quella adduttrice che dalle sorgenti del fiume Sorbo porta l'acqua al serbatoio da cui si dirama la rete idrica di tutta Avellino.

La condotta adduttrice risale ai primi anni '60 e, secondo le tecnologie costruttive dell'epoca, è interamente in ghisa, e con una tubatura in ghisa che ha oramai 50 anni, non si può essere affatto certi della sua tenuta.

Col tempo, il Torio si ossida, formando una sostanza detta Toria, che ha uno dei più alti punti di fusione, circa 3300 gradi, di tutti gli ossidi e non è solubile in acqua. Di conseguenza, il primo rischio è che al passare dei decenni, e con l'avanzare nel ciclo di vita delle condotte idriche, si sia potuta produrre qualche microcrepa in grado di far andare dell'ossido di torio in sospensione nelle acque, il che costituirebbe un grave pericolo per i fegati degli avellinesi.

In Italia la prima forma di legislazione in tema di smaltimento dei rifiuti è un Decreto del Presidente della Repubblica del 1982, pertanto materiali depositati negli anni '60, quando ciascun produttore di rifiuti speciali, anche pericolosi, se ne disfaceva secondo proprio gusto e convenienza, non possono essere etichettati come “abusivi”, in quanto il loro smaltimento non è andato contro alcuna legge, anche se sarebbe stato di certo opportuno usare almeno un vincolo etico, in assenza della legge, e non disfarsi di rifiuti pericolosi per la salute usandoli come sottofondi stradali, o sotto le costruzioni.

Tuttavia, da questo punto di vista, la generazione di imprenditori italiani precedente non si è dimostrata affatto diversa da quella attuale: sempre pronti a risparmiare sui costi economici dello smaltimento dei rifiuti delle proprie produzioni, trasformandoli in costi ambientali e sanitari scaricati sulla collettività.

In particolare, in Italia si è fatto uso di Torio per diverse produzioni industriali: leghe di magnesio,  elettrodi per saldatura, fili di tungsteno per i catodi delle valvole termoioniche, molto in uso negli anni '60.

Il livello di radioattività è apparentemente basso, molto al di sotto del limite di 1 milliSievert all'anno, e corrispondente a poco più della metà della radiazione assorbita con una radiografia toracica.

Tuttavia, questo dato non è affatto confortante ed il valore basso non deve trarre in inganno: è un livello non pericoloso per esposizioni puntiformi, di pochi secondi, alla radiazione alfa, ma se i futuri controlli dovessero far nascere il sospetto che gli abitanti della zona sono rimasti esposti costantemente, magari per anni, alla radioattività, le cose cambierebbero.

Nello scorso settembre, l'area di piazza Castello era stata dissequestrata, in modo da permettere la bonifica della discarica emersa dal cantiere stradale. Poi i carotaggi effettuati al fine di caratterizzare i materiali da bonificare e ora la scoperta del Torio, che obbliga a nuovi carotaggi, al controllo delle condotte idriche, a nuove analisi più approfondite e quindi, in definitiva, ad uno slittamento nel tempo della bonifica.

Una bonifica ancora più costosa, complicata e approfondita rispetto a quanto già era stato pianificato: bonificare dal Torio non è la stessa cosa del bonificare dai materiali trovati sul luogo al momento dello scavo nel cantiere.

E a proposito di scavi, questa vicenda riaccende un vecchio sospetto, mai completamente sopito, riguardante i grandi traffici di rifiuti tossici diretti in Campania: se questi sono i materiali sotto la piazza, cosa ci sarà sotto l'adiacente teatro Gesualdo?

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