di Liliana Adamo

In controtendenza rispetto a tutti i report precedenti, il follow up è nato da studi un po’ meno sofisticati che finivano, senza mezzi termini, sulla perdita di biodiversità per l’innalzamento delle temperature globali. La buona notizia è che secondo una nuova ricerca condotta dalle università di York, Glasgow e Leeds, grazie a un pool di scienziati alle prese con materiali fossili e geologici fino a 540 milioni di anni fa, l’evoluzione di nuove specie, normalmente accompagnata dall’estinzione di quelle preesistenti, richiederebbe sì milioni di anni e pertanto l’impatto repentino al fenomeno del surriscaldamento indurrà a una perdita di biodiversità; ma è pur vero e dimostrato, che lo stesso incremento delle temperature favorirà, in modo analogo, la produzione di biodiversità a lungo periodo.

Paradosso? Per Alistair McGowan, esponente della Scuola di Scienze Geografiche ed Ecologiche a Glasgow, il dato irragionevole è celato altrove, nelle trame del precedente credo: impossibile sostenere che fra biodiversità e clima ci fosse, appunto, resistenza dell’uno contro l’altro, quando la biodiversità che aumenta all’equatore dimostra, in linea con i pattern ecologici, esattamente il contrario. Dunque, l’incremento delle temperature produrrebbe estinzione (pensiamo alle grandi calotte polari, agli orsi bianchi), ma anche nascita di nuove forme viventi, peculiari in un’era geologicamente più calda.

Plausibilmente c’è poco da rassicurare, per quanto i tempi evolutivi di riproduzione siano molto, molto lunghi; nei prossimi anni assisteremo a una notevole, inevitabile scomparsa di molte varietà, vittime del global warming e degrado degli habitat. Ci sarebbe da fare di più e in fretta; superfluo, a questo punto, riproporre un concetto che trova sporadiche applicazioni in contesti oggettivi.

La ricerca, divulgata da Proceeding of the National Academy of Sciences, riscontra gli aumenti delle temperature con la biodiversità del pianeta nei vari periodi geologici. Le grandi estinzioni di massa sono seguite da nuove evoluzioni, in un’ottica temporale pari a milioni di anni. In un riscaldamento globale così improvviso e non sequenziale, i trend attuali non presumono una facile rimonta di biodiversità, non ci sarà tempo sufficiente a permettere la progressione di uno sviluppo primariamente naturale.

Ma allora la curiosità ci spinge a immaginarla questa biodiversità del futuro, dettata da canoni indotti e da cicli modificati. Che caratteristiche avrà? In questo senso gli studi realizzati fin qui sugli esiti a catena del global warming possono darci un ragguaglio. Di là dai concetti “esoterici” di chi continua a propinarci frottole e idiosincrasie sull’esistenza stessa del fenomeno, l’eccezione basata su teorie cosiddette “catastrofiste” basterà a serbare la memoria dei dinosauri, estinti circa sessantacinque milioni di anni fa.

La nuova biodiversità dovrà fare i conti con il nostro “vecchio progresso”. Le grandi foreste stanno morendo, gli oceani più profondi subiscono un'emorragia vitale a un tasso che, nelle statistiche parrebbe quasi inimmaginabile; nell'ultima decade lo strato gelato dei picchi più alti si è rapidamente assottigliato a dispetto dei violenti uragani a intervalli ravvicinati e la nostra, verosimilmente, potrebbe essere l'ultima era del ghiaccio. La trasfigurazione avverrà sulla nostra penisola, sulle coste delle Canarie, sui deserti del continente africano, molto più velocemente di quanto la storia possa presagire.

Ma i dubbi permangono: Bjorn Lomborg continua a essere critico sulle valutazioni finora esposte, e, in certo senso, le sue posizioni si avvicinano al follow up dei nuovi studi condotti dal pool inglese. In "The Skeptical Environmentalist" (L'ecologo scettico), le sue tesi si basavano su una sorta di determinismo teorico: la minaccia dei cambiamenti climatici è coerentemente effettiva e di lunga durata, ma il sistema energetico della biosfera, insieme all’equilibrio terrestre, in condizioni di stress cronico, può rivelare inusitati sviluppi d’auto protezione, modificando gli assetti e dunque le conseguenze.


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