Il terrorismo contro Cuba

a cura di Fabrizio Casari


L’organismo di vigilanza del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite ha annunciato che Cuba non forma più parte della lista dei paesi sotto sorveglianza speciale per le violazioni dei diritti umani. Il Consiglio, che dallo scorso anno ha sostituito la vecchia Commissione dell’Onu, nell’analizzare il rapporto annuale del suo organismo ha deliberato il mantenimento di Corea del Nord, Sudan e Cambogia nella lista dei regimi che sono sottoposti a “scrutinio speciale” sul tema dei diritti umani, ma ha liberato Cuba da una posizione, prima che scomoda, priva di senso.

 

 

Il pronunciamento dell’organismo globale, creato dall’Assemblea Generale per cercare di migliorare l’immagine dell’Onu nella difesa dei diritti umani, era atteso ad una decisione comune sui suoi meccanismi operativi entro la settimana scorsa, alla scadenza della quinta sessione, calendarizzata dall’11 al 18 giugno di quest’anno. La nuova lista è stata elaborata alla fine di una discussione protrattasi a lungo, causa l’opposizione cinese al mantenimento della Cambogia e di Pyong Yang nell’elenco dei paesi violatori. Le nuove regole stabiliscono, tra l’altro, che tutti i paesi membri dell’organismo dovranno sottomettersi a controlli periodici del loro operato proprio sul tema della difesa dei diritti umani.

 

Il Ministro degli Esteri cubano, Felipe Perez Roque, ha definito “una vittoria importante” il riconoscimento dell’organismo Onu nei confronti dell’isola caraibica. In effetti, la presenza dell’Avana in una lista formata da paesi che davvero in nulla le somigliano sotto il profilo dell’esercizio dei diritti umani, rappresentava un’assurdità pari al blocco statunitense che dal 1961 flagella i cubani. Fino ad ora, le pressioni statunitensi avevano avuto spesso la meglio nelle sessioni di Ginevra, dove con ricatti, minacce e pressioni diplomatiche oltre il consentito, riuscivano ad imporre comunque un testo finale che in qualche modo condannava Cuba.

Era il loro “giustificativo” verso il mondo al mantenimento del blocco contro l’isola, una piccola rivincita sulle sconfitte che patiscono in sede di Assemblea generale ogni anno, quando subiscono il voto schiacciante della comunità internzionale contro il loro embargo. Si trattava, per gli Usa, di un passaggio determinante verso la formazione della lista dei paesi canaglia, insieme alla reiterazione del ruolo di paese guida del blocco occidentale in tema di pagelle democratiche. Ma dopo le torture ad Abu Ghraib e le detenzioni illegittime a Guantanamo, dopo i voli speciali per deportare illegalmente i prigionieri per poterli torturare impunemente, lontani dai paesi democratici, la perdita di credibilità degli Stati Uniti in tema di diritti umani è diventata, per un curioso effetto boomerang, un punto a favore di Cuba e del ristabilimento del senso della misura.

In qualche modo, infatti, il nuovo organismo, scelto dall’Assemblea Generale e non dal Consiglio di Sicurezza, ha riportato sul piano giuridico la valutazione delle violazioni in tema di diritti umani, mettendo in crisi l’uso spregiudicatamente politico del tema, che gli Stati Uniti e i suoi alleati obbedienti utilizzavano come una clava sui Paesi che si ostinavano a ribadire la loro indipendenza e sovranità nazionale, piacesse o meno a Washington.

Del voto delle Nazioni Unite pare non essersi però accorta l’Unione Europea, che nei confronti dell’isola caraibica continua a sostenere una linea a dir poco errata. Bruxelles, infatti, pur con aperture parziali, nella sostanza reitera le sue proposte di ripresa di dialogo con l’Avana subordinandole ad una disponibilità da parte del governo cubano ad accettare le ingerenze europee in temi di legislazione interna. Pur modificata già nel 2005, grazie alle pressioni del governo Zapatero, la “posizione comune europea” non é stata abolita. Si deve tener conto che la stessa, che prevede dal 2003 una serie di sanzioni contro Cuba, era frutto dell’iniziativa del precedente governo spagnolo di Aznar (legato a triplo filo alla mafia cubanoamericana di Miami, generosa finanziatrice delle sue campagne elettorali).

La sospensione delle sanzioni, in vigore appunto dal 2005, non è stata quindi ancora trasformata in ritiro delle stesse, nonostante il documento europeo, denominato “Conclusioni su Cuba”, preveda ed auspichi "un dialogo politico integrale e aperto con le autorità cubane su basi reciproche e mutui interessi". Il documento non cita la “posizione comune” e non menziona le sanzioni che l’Unione Europea ha cercato di applicare contro Cuba - ingiustamente quanto inutilmente - che quindi continuano a risultare solo “sospese”.

Ad un ritiro delle sanzioni, condizione indispensabile per far ripartire il dialogo con Cuba, si sono opposti i paesi dell’Europa dell’Est, particolarmente la Repubblica Ceka che, in ossequio alle pressioni statunitensi, insiste invece per una linea di scontro con l’Avana. Che Praga e Varsavia siano il cavallo di Troja degli Usa in Europa non sfugge a nessuno; ma certo è che, come recita una nota del Ministero degli Esteri cubano, “con Cuba sarà possibile un dialogo solamente tra sovrani e uguali, senza condizioni o minacce pendenti”.

Sarà il caso che l’Unione Europea affronti il tema Cuba – e con esso la nuova realtà latinoamericana – assumendosi le proprie responsabilità politiche e tenendo conto delle deliberazioni Onu, piuttosto che del nanismo politico di Praga o Varsavia. Per fare gli interessi europei piuttosto che quelli statunitensi.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy