Il presidente Trump aveva annunciato che avrebbe risolto il conflitto ucraino in pochi giorni. Poi ha ammesso che ci sarebbero volute diverse settimane. Ha nominato il generale Keith Kellogg inviato speciale in Ucraina. Durante il primo mandato di Trump, Kellogg successe al generale Michael Flynn come consigliere per la sicurezza nazionale e in seguito fu nominato capo di stato-maggiore del Consiglio di sicurezza nazionale.

Durante la campagna elettorale Kellogg ha incaricato uno dei suoi ex collaboratori, Frederic H. Fleitz, di preparare un piano per l’Ucraina, che è stato pubblicato l’11 aprile 2024 dall’American First Policy Institute.

Il testo è innanzitutto un elogio del candidato Trump e una critica al presidente Biden (all’epoca in corsa per la rielezione), e contiene anche molti spunti.

  • • In primo luogo, Kellogg e Fleitz descrivono come «ridicole» le affermazioni russe secondo cui l’operazione militare speciale ha lo scopo di denazificare l’Ucraina; definiscono «paranoia» la paura della Russia di vedere l’Ucraina aderire alla Nato. Inoltre attribuiscono il fallimento dell’amministrazione Biden all’aver inutilmente agito contro la Russia sostenendo la richiesta di Kiev di adesione alla Nato, invece di negoziarla direttamente con Mosca. Infine ritengono che la politica del presidente Biden non sostenga direttamente l’esercito ucraino, ma mobiliti gli alleati affinché lo facciano al posto suo: un grave errore perché fa perdere agli Stati Uniti il controllo della situazione.
  • • Riguardo ai negoziati di pace, gli autori non escludono che l’amministrazione Biden abbia esercitato pressioni sul primo ministro britannico, Boris Johnson, per convincere il presidente ucraino Zelensky a farli fallire.
    Notano che ad aprile 2023 l’amministrazione Biden, dopo averlo fatto con i leader europei, ha divorziato anche dall’establishment di Washington: Richard Hass, presidente del Consiglio per le relazioni estere, e Charles Kupchan, professore all’Università di Georgetown, pubblicarono un articolo su Foreign Affairs sostenendo che gli Occidentali, non riuscendo a ottenere la vittoria, dovevano negoziare la pace; un punto di vista ripreso da Henry Kissinger in persona. Il piano Hass-Kupchan prevedeva che l’Ucraina non rinunciasse ai territori persi, ma s’impegnasse a recuperarli attraverso la diplomazia, non attraverso la forza; gli Stati Uniti avrebbero in cambio alleggerito le sanzioni contro la Russia.

Ciò che stupisce nel ragionamento dell’American First Institute è il voler ignorare completamente il punto di vista russo e proiettare su Mosca il modo di pensare di Washington. Non vi si attribuisce alcuna importanza alla nazificazione dell’Ucraina, non perché non la si conosca, ma perché gli Stati Uniti non farebbero mai una guerra per ragioni ideologiche. E vi s’ignora anche la preoccupazione della Russia per le armi straniere ai propri confini, interpretandola come una fobia per la Nato, mentre nasce dalla necessità di difendere i confini più estesi del mondo. Di conseguenza risulta assolutamente incomprensibile perché Mosca abbia pensato di poter prevenire la guerra presentando a Washington, il 17 dicembre 2021, una proposta di trattato sulle garanzie di sicurezza. Se ne deduce che ad aprile 2023 il team di Trump non capiva nulla delle ragioni dell’intervento russo in Ucraina, quindi non avrebbe potuto mettere fine alla guerra.

L’incomprensione dei consiglieri di Trump della questione ucraina è stata confermata in diverse occasioni. Il 25 luglio 2023 Frederic H. Fleitz scrisse su Federalist che il vertice Nato di Vilnius non aveva fissato una data per l’adesione dell’Ucraina e l’aveva rinviata per paura della Russia. Interpretava la posizione di Mosca come timore che l’Ucraina potesse uscisse dalla sua sfera d’influenza e che la sua democratizzazione potesse propagarsi alla Russia.

Quanto al Cremlino, che si trova in posizione di forza, ha annunciato che non accetterà colloqui fino a quando l’Ucraina non rinuncerà pubblicamente ai territori persi e dichiarerà che non entrerà nella Nato, impegnandosi a mantenersi neutrale. Il presidente russo Putin ha chiarito che la Russia potrà firmare un trattato di pace solo quando l’Ucraina avrà un presidente legittimato a stipularlo. Ebbene, il mandato elettivo del presidente Zelensky si è concluso a maggio 2024. Le elezioni non sono state indette perché è stato dichiarato lo stato di assedio sin dall’inizio della guerra. Zelensky non ha comunque cercato di revocare lo stato d’assedio per organizzare la propria successione. In ogni caso, secondo la Costituzione ucraina non spetta al presidente decaduto assumere l’interim, ma al presidente della Verkhovna Rada (parlamento), Ruslan Stefantchuk.

Consapevole di ricoprire illegittimamente una carica, è da Stefantchuk che il presidente non-eletto Zelensky si fa spesso accompagnare nei suoi viaggi all’estero.

Gli 11 partiti di opposizione ucraini sono stati banditi perché ritenuti sostenere una resa alle condizioni del nemico. In realtà essi chiedevano, in sostanza, che si distruggessero i monumenti in onore dell’Organizzazione dei nazionalisti ucraini (OUN-B), cioè ai collaboratori dei nazisti. L’attuale regime ne ha invece eretti di nuovi e sostiene il mito secondo cui la grande carestia (Holodomor) sarebbe da attribuire alla volontà sterminatrice dei russi, il che è insensato, dato che la carestia devastò altre regioni dell’URSS. Eppure il mito della carestia provocata dall’URSS per soffocare l’Ucraina è stato via via avallato da quasi tutti i parlamenti delle democrazie occidentali.

Dall’indomani dell’insediamento di Trump alla Casa Bianca, negli Stati Uniti è cresciuta la consapevolezza delle indegnità commesse in Ucraina: sono stati banditi i partiti politici di opposizione, come detto, nonché la principale chiesta cristiana, e sono stati bruciati milioni di libri di autori russi o pubblicati da editori russi. Il generale Kellogg ha affermato: «Nella maggior parte delle democrazie le elezioni si svolgono anche in tempo di guerra. Credo che questo sia importante. Importante per la democrazia. La bellezza di una democrazia forte è avere più di un potenziale candidato».

La Cia sembra voler favorire l’elezione di Oleksiy Arestovytch, ex consigliere per la comunicazione di Zelensky. È meno abile di Zelensky, ma molto più intelligente, specialista, tra l’altro, in manipolazioni di massa.

Però il 2 febbraio, due giorni prima dell’apertura dei contatti diretti tra la Casa Bianca e il Cremlino, l’SVR (Servizio d’intelligence estera russo) ha rilasciato una strana dichiarazione. Rilevando che gli Stati Uniti stanno pensando di sbarazzarsi di Zelensky, l’SVR ha svelato che la Nato, nel tentativo di preservare quel che resta dell’Ucraina per mantenere una testa di ponte contro la Russia, si prepara a fare sbarramento alla rielezione di Zelensky. Allo scopo, l’Alleanza Atlantica si accinge a diffondere tre notizie:

  • • 1,5 miliardi di euro stanziati per l’acquisto di munizioni sono stati sottratti dalla presidenza ucraina;
    • 130.000 soldati ucraini morti in combattimento continuano a ricevere la loro paga;
    • il presidente Zelensky ha ceduto - non venduto - proprietà immobiliari a società straniere ed è stato ricompensato con versamenti su conti esteri.

Il comunicato dell’SRV deve essere preso con le molle, in quanto già a giugno scorso aveva annunciato che Washington voleva sbarazzarsi di Zelensky [7]. Ma a quel tempo alla Casa Bianca c’era ancora Biden.

Questi “preparativi” occidentali e l’inizio, il 5 febbraio, dei negoziati ufficiali tra la Casa Bianca e il Cremlino hanno suscitato il 7 febbraio una strana proposta del presidente Trump: gli Stati Uniti continuerebbero a fornire aiuto finanziario all’Ucraina in cambio dell’autorizzazione a estrarre le terre rare ucraine.

Senza tergiversare, il presidente ucraino non-eletto Zelensky ha rilasciato un’intervista all’agenzia Reuters e, prima della pubblicazione, ne ha diffuso alcuni estratti sul proprio canale Telegram. Vi dichiara: «L’Ucraina è una terra molto ricca. Questo non significa che stiamo regalando le nostre ricchezze, nemmeno a partner strategici. Parliamo di partnership… Sviluppiamo insieme questo territorio, guadagniamo soldi e, soprattutto, mettiamo in sicurezza il mondo occidentale (…) Noi siamo molto interessati e so che la proposta è molto interessante anche per l’amministrazione Trump (…) Siamo pronti e disponibili a stipulare contratti per la fornitura di gas naturale liquefatto (GNL) all’Ucraina. E naturalmente saremo un crocevia per l’intera l’Europa (…) Gli statunitensi sono quelli che più ci hanno aiutato, quindi saranno quelli che più ci guadagneranno. Dovremo riconoscergli questa priorità, e ne trarranno vantaggio. Vorrei parlarne con il presidente Trump».

Il problema è che la Russia sta già occupando un grande giacimento di litio nella regione di Donetsk (Est) e ha già preso il giacimento di Krouta Balka, nella regione di Zaporija (Sud); due regioni che per referendum hanno chiesto e ottenuto di aderire alla Federazione di Russia. Non c’è tempo da perdere: presto l’Ucraina non avrà più nulla da offrire.

fonte: Voltairenet.org

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