Mai era avvenuto che l’annuale appuntamento della Conferenza sulla Sicurezza di Monaco divenisse motivo di profonda insicurezza per gli europei. E invece, non fossero state sufficienti le parole del Segretario alla Difesa USA, Hegseth, alla riunione del Gruppo di Contatto sull’Ucraina a Bruxelles, alla Conferenza sulla Sicurezza è intervenuto il Vicepresidente USA Vance, lanciatosi in un attacco politico verso l’Unione Europea che non ha precedenti dalla sua fondazione ad oggi.

Per quanto riguarda l’Ucraina, focus principale della Conferenza, non c’è stata nessuna correzione di tiro rispetto a quanto detto da Hegseth: ovvero l’obiettivo degli USA è la firma di un accordo di pace sull’Ucraina, con esclusione dell’ingresso di Kiev nella NATO e che quest'ultima non avrà nessun ruolo nel processo di pace e nemmeno in quello della formazione di una cintura di sicurezza tra i due paesi.

E’ indubbiamente il segno di una rottura di linea politica tra le due sponde dell’Atlantico, che sebbene non intacca per il momento il disegno comune del Patto Atlantico, certo ne modifica alcune linee e in qualche modo persino l’indirizzo strategico.

Dietro le pressioni statunitensi affinché l’Europa provveda da sola ai costi della sua difesa, o comunque ne assuma il maggior peso, vi è infatti non solo e non tanto l’intenzione di Trump di ridurre le spese militari di un dispositivo gigantesco dimostratosi tutto sommato fragile, comunque inadatto, ma emerge anche la differenza di interessi degli USA che hanno come priorità per i loro interessi dominanti la riduzione del peso economico, politico e militare della Cina ed il controllo totale della zona dell’Indopacifico e non ritengono la Russia una minaccia diretta.

Seguendo le posizioni proprie della Dottrina Kissinger, la Casa Bianca considera il “dividi et impera” il metodo fondamentale per impedire il consolidamento definitivo dell’alleanza strategica tra Mosca e Pechino, che è l’unica vera preoccupazione a Washington. E se in passato Nixon diede vita ad un rapporto speciale con la Cina di Mao, con l’intenzione di acuire la sua distanza con la Mosca sovietica, oggi Trump pensa che vada percorso lo stesso cammino ma in direzione inversa.

Questo spiazza definitivamente l’Unione Europea agli ordini del capitalismo apolide, che sull’idea di espansione ad Est e sulla sconfitta strategica russa aveva impostato le sue politiche generali commerciali e militari e che ora si trova, dopo aver perduto tutto il vantaggio strategico che riceveva nel rapporto commerciale con Mosca, a perdere anche quello politico con Washington.

Destano un misto di ilarità e di pena le parole di Kaja Kallas, commissario UE agli Esteri, che annunciano l’opposizione europea a trattative di pace senza la UE. In parte perchè dimostrano che, come in Afghanistan, quando Washington capisce di non poter vincere, sceglie di uscire dalle guerre e negozia col nemico e senza avvertire gli amici, che magari vorrebbero sabotare l’idea. Dall’altro conferma l’assoluta irrilevanza di Bruxelles di fonte ad uno scenario che prevede il rientro a Washington di parte dei miliardi spesi per la guerra e l’assegnazione all’Europa dei 500 miliardi di Euro per la pace.

Che la Kallas, rappresentante di un paese di 1.300.000 abitanti (Estonia), sia inopinatamente al vertice della politica estera europea di 540 milioni di persone è francamente assurdo e d’altra parte sia lei che il suo collega alla Difesa, il lituano Kubilius, della russofobia cieca ne fanno il loro carattere distintivo; sono stati scelti proprio per avere una UE fortemente orientata nella politica estera e di difesa dall’odio verso la Russia.

Macron, chiacchierone professionista, si è detto al lavoro per organizzare una riunione degli europei a Parigi, ma minacciando di proseguire nel sostegno militare all’Ucraina la UE mente sapendo di mentire: non dispone nemmeno in minima parte delle risorse necessarie. I depositi di armi vuoti, l'inconsistenza militare e l'irrilevanza politica suggeriranno di far tacere trombe e proclami, perchè di guerre un conto è parlarne, tutt'altro è farne. Inoltre, dato che ormai i disertori ucraini ammontano a cinquecentomila e 4,2 milioni sono i fuggiti in Europa, sarebbe difficile per chiunque proporre alla UE di entrare da sola in una guerra che nemmeno gli ucraini vogliono combattere. In realtà gli europei tentano di ridurre il suicidio economico e politico di una politica scellerata e in contraddizione con il ruolo di pace che avrebbe dovuto avere l’Europa; alla fine producono rumore più che concetti. E’ invece dolorosamente evidente la sconfitta politica, economica, diplomatica e militare di una Unione Europea che ha tentato, per obbedienza verso gli USA e per ambizioni di potenza, di sconfiggere la Russia.

Una strategia fallimentare e tutta ideologica che ha lasciato sul terreno la sua forza economica e militare, la sua credibilità politica e persino ogni disegno di ampliamento della propria sfera d’influenza, dal momento che questa politica ha portato al suicidio economico e ha colpito l’unità europea, visto il numero sempre maggiore di paesi che si sono smarcati e che si oppongono con forza al disegno neo-imperiale della UE. Nello stesso tempo ha inasprito la repressione interna contro ogni forma di dissenso, in particolare contro chi in questi anni ha cercato di analizzare responsabilità, ragioni e conseguenze del conflitto in Ucraina come di denunciare il genocidio palestinese compiuto con la complicità europea. Giornalisti, opinionisti ed analisti internazionali che non si accodavano al verbo guerriero a sostegno del regime neo-nazista di Kiev venivano identificati come “putiniani”, pubblicandone sui giornali nomi e volti mentre li si escludeva da qualunque luogo di discussione. Maestri della tolleraanza che non tollerano opinioni diverse dalle loro e questo le ha tolto ogni presunta autorevolezza etica.

Si è prodotta una autentica distopia tra Europa e Unione Europea che non tarderà a manifestarsi, intaccando l’istituzione continentale tramite la differenziazione tra paesi fondatori e alcuni membri, cosa che segnerà con ogni probabilità la crisi definitiva del progetto comunitario.

Si è poi aggiunta la follia bellicista, parlando apertamente di guerra alla Russia entro i prossimi 5 anni. E’ parte fondante del Piano Draghi, dove si auspica un debito comune europeo per l’industria bellica, non vi sono tracce di impegno diplomatico. In effetti la reputazione della UE quale protagonista diplomatica nei processi di pace era stata irrimediabilmente danneggiata con l’ammissione diretta di Germania e Francia di aver finto di far rispettare gli accordi di Minsk 1 e 2, avendoli firmati solo per avere il tempo di organizzare militarmente l’esercito ucraino così da metterlo in condizione di muovere provocazioni militari contro la Russia e di gestirne poi l’inevitabile reazione.

Ben prima, dunque, dell’inizio dell’operazione militare speciale russa, l’Unione Europea aveva investito risorse politiche, militari e finanziarie verso un conflitto aperto che, con il sostegno diretto statunitense, avrebbe dovuto piegare Mosca e permettere un regime change a misura degli interessi occidentali e pronto a rompere l’alleanza strategica con la Cina. L’obiettivo era la decomposizione della Russia e della Federazione, la conquista cioè di quell’immenso territorio, delle sue importanti risorse e del suo arsenale atomico.

E’ con questo disegno che la UE è intervenuta direttamente nel tentativo di colpo di stato in Bielorussia, nelle elezioni in Romania che avevano dato la vittoria schiacciante al candidato che proponeva la fine della guerra, e ha manipolato le elezioni in Moldavia, mentre in questi giorni tenta di mettere in piedi un golpe in Serbia. L’obiettivo era conquistare tutti i paesi confinanti con la Russia per cercare di circondare Mosca, così da ridurre fortemente la sue possibilità di import-export e di minacciarla militarmente con dispositivi convenzionali e nucleari difficili da intercettare data l’estrema vicinanza tra zona di lancio e obiettivo.

Questa idea di Europa, ultraliberista, repressiva e interventista, sebbene piegata agli interessi degli Stati Uniti, contraddice fin nelle viscere l’idea comunitaria insita nei principi fondativi enunciati dai suoi ideatori con Manifesto di Ventotene. L’idea di democrazia, di modello socioeconomico e valoriale è stata completamente ribaltata e ciò ha prodotto una distanza insanabile tra governanti e governati. E’ la crisi di un modello di rappresentanza che ha con sé la fine di una idea di comunità che si doveva reggere sull’armonia tra diversi, sintetizzandone peculiarità ed interessi in un disegno di prosperità ed autonomia che avrebbe reso l’Europa un soggetto politico di grande peso economico e valoriale e di grande autorevolezza sulla scena internazionale.

Lo spettacolo è penoso e il suicidio europeo a vantaggio degli obiettivi strategici degli Stati Uniti ha persino un che di paradigmatico sul piano della sovranità: entrata in una guerra che avrebbe dovuto invece evitare per compiacere agli Stati Uniti, la UE è ora costretta ad uscirne sconfitta sempre per compiacere i nuovi Stati Uniti.

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