di Mariavittoria Orsolato

Si parlava ottimisticamente di un epilogo estivo, poi si sperava in una soluzione entro fine legislatura eppure i nodi sul mercato televisivo italiano sono ancora intricatissimi e ben lungi dall'esser sciolti. Le dimissioni del premier Monti e la fine anticipata della legislatura, tra i tanti progetti di riforma, hanno infatti abortito anche l'asta per le frequenze digitali. Presentato come uno dei punti imprescindibili del programma di risanamento del governo tecnico, l'assegnamento dei multiplex di trasmissione avrebbe dovuto far incassare allo Stato la bellezza di 1,2 miliardi di euro (secondo le stime di Mediobanca).

Eppure, così come la norma “pro-startup”, anche il capitolo delle frequenze di trasmissione dovrà essere rubricato come un sonoro fallimento del ministro per lo Sviluppo Economico Corrado Passera e in generale del governo Monti che, di fatto, si è pronunciato in materia solo due volte: la prima, nel dicembre del 2011, per sospendere il beauty contest voluto dal quarto governo Berlusconi; la seconda, nell'aprile di quest'anno, per annullarlo ufficialmente.

L'empasse sulle regole dell'asta unita alla timidezza dell'AGCOM e dei suoi garanti, prima Calabrò e poi Cardani, verso il mostro a due teste del broadcasting nazionale - quel duopolio Rai-Mediaset che dalla distribuzione gratuita del beauty contest avrebbe avuto tutto da guadagnare - hanno dilazionato, i tempi nonostante il ministro Passera avesse puntualizzato di voler chiudere tassativamente l'asta « entro la fine della legislatura ».

Dubitando fortemente che l'asta venga decisa e indetta in campagna elettorale, è chiaro che la patata bollente passerà nelle mani dell'Esecutivo che uscirà dalle urne il prossimo 24 febbraio, ma i problemi per la millantata “rivoluzione digitale italiana” paiono non essere finiti. Sulle pagine di Repubblica, si segnalano infatti controversie internazionali proprio sulle antenne e sul segnale di trasmissione che interferirebbe, non senza disagi, con quello di Stati a noi vicini. Nello specifico, il segnale dei ripetitori Rai per le regioni adriatiche starebbe invadendo il territorio croato, del Montenegro e quando va male della Slovenia; dall'altro lato, i ripetitori di Mediaset e Telecom Italia per la Sicilia disturbano le trasmissioni della vicina Malta.

Probabilmente conscia del fatto che ulteriori migliaia di spettatori avrebbero guardato la tv nazionale senza pagare il canone, viale Mazzini si è appellata al Tar contestando l'inadeguatezza delle frequenze attuali e reclamandone di nuove proprio dal paniere che Passera avrebbe ancora intenzione di mettere all'asta. In prima battuta, i giudici amministrativi regionali hanno dato ragione alla Rai in prima battuta e hanno congelato le frequenze incriminate in attesa dell'evolversi dell'affaire assegnazioni.

La posizione di Mediaset e Telecom Italia di fronte alle contestazioni d'oltremare sono poi della Rai: i due gruppi televisivi sono disponibili a spegnere i ripetitori che disturbano le trasmissioni maltesi, chiedono però che il Garante e il governo assegnino loro frequenze migliori, sempre da sottrarre ai multiplex in attesa di essere messi all'asta. Secondo quanto scrive il quotidiano di Ezio Mauro, il ministero dello Sviluppo Economico non ha la minima intenzione di venire incontro alla richiesta della tv di Stato, del Biscione e di Telecom ma  propone semplicemente di depotenziare i segnale incriminati.

Una soluzione che non soddisferà di certo i nostri vicini mediterranei che si sono già rivolti agli organi di giustizia competenti. Prima fra tutte Malta che ha mandato i suoi legali prima davanti al Radio Spectrum Policy Group (braccio tecnico della Commissione Ue a Bruxelles), poi all'Unione internazionale delle telecomunicazioni (l'ITU) ed ora davanti al nostro Garante per le Comunicazioni. Prima di scrivere le regole generali dell'asta l'AGCOM ha quindi aperto le porte a chiunque volesse dire la sua sul tema e, com'era ovvio, Malta e la Croazia hanno depositato pesanti faldoni carichi di contestazioni al nostro sistema di broadcasting.

L'ultima versione della bozza del sopracitato schema di provvedimento è ora nelle mani dell'Unione europea, che dovrebbe approvarlo e rispedirlo al mittente a metà gennaio. Il condizionale è d'obbligo in quanto non bisogna dimenticare che l'Italia del piccolo schermo rimane un'osservata speciale a Bruxelles, dove è ancora aperta una procedura di infrazione che prevede una multa da 350.000 euro al giorno a causa dell'impianto della legge Gasparri. Multa che rimarrà tale finché l'asta non verrà effettuata e il mercato televisivo nostrano verrà giudicato sufficientemente concorrenziale in sede comunitaria. E, allo stato attuale delle cose, è abbastanza inutile sottolineare che continueremo a pagare.


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