di Mariavittoria Orsolato

A guardarla da qualsiasi angolatura, anche quella più indulgente e nostalgica, sembra ormai assodato che la Rai sia diventata letteralmente un colabrodo. Oltre a perdere pezzi in Consiglio di amministrazione e tra i big del servizio pubblico - Santoro e Dandini in testa - viale Mazzini potrebbe privarsi a breve di quello che è a tutti gli effetti un pilastro fondamentale della domenica italiana. Stiamo parlando della storica trasmissione 90° minuto che, dalla prossima stagione, rischia seriamente di chiudere i battenti a causa delle aste sui diritti tv per le partite del campionato maggiore.

L'offerta della Rai per i diritti in chiaro, giunta venerdì alla sede milanese della Lega Calcio, è stata respinta in quanto troppo bassa dai presidenti di serie A: circa 10 milioni, quando la Lega ne chiedeva almeno 25 a stagione, e qualcuno l'ha definita addirittura "ridicola". La cosa non ha però rappresentato una novità dal momento a viale Mazzini, in fatto di diritti calcistici, si è cominciato a tirare il freno già 7 anni fa, quando la tv di stato si fece clamorosamente soffiare gli highlights da Mediaset.

La Rai perciò, anche quest'anno, aveva già rinunciato a fare un'offerta al bando d'asta, e adesso, nella trattativa privata, ha proposto meno della metà della cifra che spende oggi. Quasi un’offesa per i presidenti delle grandi squadre di serie A che hanno deciso di indire subito un’assemblea per venerdì prossimo, nella quale si stabilirà di aprire una nuova asta con i diritti spacchettati, cioè per fascia oraria. Da quello che si è potuto leggere e capire finora, la direzione Lei vorrebbe almeno provare a salvare la Domenica Sportiva - altro appuntamento canonico del palinsesto domenicale Rai dedicato al calcio - ma per fare ciò sarebbe costretta a sacrificare l'appuntamento che da 42 anni riunisce i tifosi italiani davanti al televisore.

Sì perché per l'italiano il giorno da santificare è sempre stato la domenica del pallone, quella fatta di orari e rituali, di appuntamenti fissi e di leggende da bar che fanno tanto folklore. I nostalgici ricorderanno bene quei pomeriggi attaccati alla radiolina a pendere dalle labbra dei cronisti di Tutto il Calcio minuto per minuto; poi alle 18 e 10 era la volta di dare un volto ai gol raccontati alla radio sintonizzandosi su Rai1 per 90° minuto, quindi Domenica Sprint, con annesso secondo tempo di una delle partite clou della giornata, e poi si chiudeva con la Domenica Sportiva, l’approfondimento della seconda serata.

Cosa è rimasto di questa routine tanto cara ai calciofili del Belpaese? Le tv, o meglio le pay-tv, hanno modificato la geografia televisiva e il modus vivendi del pallone nostrano, con approfondimenti in tempo reale, immagini e replay fino alla nausea, interviste prima, durante e dopo, gol propinati in successione e in tempo reale ed ora, con l'HD, possiamo pure gustarci sputi e sudore in altissima definizione come se fossimo in campo.

Dormiente sugli allori di un monopolio sportivo praticamente incontrastato, mamma Rai non ha retto l'urto dell'apertura alle pay tv e dal 1993 - anno in cui Lega Calcio e Telepiù introdussero in Italia l'istituto giuridico anglosassone dei diritti criptati - il problema era, ed è, sempre quello: Sky e Mediaset Premium sono cannibali, dettano le regole, offrono tutto e subito. Oggi 90° minuto sconta inevitabilmente (purtroppo, c'è da dire) la sua maturità e, pur vivendo dei fasti del passato, incolla allo schermo ormai pochissime persone. Trasferitosi su Rai2, il buon Franco Lauro non può quasi nulla contro i cali d’ascolto e, in seno a Viale Mazzini, l’idea di tagliare la trasmissione non appare un’eresia se in fondo si tratta solo di auditel e di introiti pubblicitari. Così dopo 41 anni l’idea di mandarla in soffitta - che a molti suona blasfema ma che in tempi di austerity risulta crudelmente razionale - solletica il cinismo dei vertici Rai.

Chiudere 90° minuto significa però dire addio ad una trasmissione di culto che veramente, all'epoca di quel calcio che sembra lontano ma che era solo ieri, arrivava a tenere davanti al video quasi la metà del Paese, con una platea di quasi 20 milioni di spettatori a puntata. Voluta da Maurizio Barendson, Paolo Valenti e Remo Pascucci, fu legata per quasi 20 anni al volto di Valenti. Tutte le partite di serie A e B in circa un'ora di trasmissione, soltanto gol, azioni e niente chiacchiere: un'evidente mancanza di modernità, se si considera che ormai il calcio é commentato alla stregua della politica, ma per gli aficionados delle 18 e 10 era proprio questo il suo appeal.

Se effettivamente dovesse arrivare a celebrarsi, il funerale del pomeriggio sportivo Rai non rappresenterebbe solo una perdita in termini affettivi ma anche l'ennesima sconfessione del ruolo di servizio pubblico che la Rai, anche se ormai recalcitrante, si assume come tv di stato. Per chi non ha la pay tv e paga il canone - quei pochi che ancora si degnano di farlo nonostante i rincari e la caduta libera della qualità dei contenuti - bisognerà infatti aspettare fino alla tarda sera di domenica per vedere i tanto sospirati gol in chiaro e, in questo modo, quasi 16 milioni di famiglie rischiano di essere seriamente penalizzate. Dopo aver perso le Olimpiadi e, dalla prossima stagione, anche la Champions League, ora la Rai potrebbe rendere gli italiani orfani anche del loro indiscusso e praticatissimo culto domenicale. Altroché “di tutto, di più”.

 

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