di Mariavittoria Orsolato

Lo scorso 5 gennaio in molti hanno ricordato con affetto e rimpianto il compleanno di Peppino Impastato, il giovane militante di sinistra brutalmente assassinato 34 anni fa. Con la sua Radio Aut - prima vera emittente libera antimafia - denunciò e mise alla berlina i boss di Cinisi e Terrasini, cominciando ad abbattere il muro di omertà che da sempre proteggeva i traffici e i crimini di Cosa Nostra. A continuare quella che fu la fondamentale opera di Peppino in Sicilia, da 13 anni a questa parte c'è Telejato, una piccolissima emittente di Partinico diretta da Pino Maniaci, assurta agli onori delle cronache proprio per le sue tenaci battaglie contro i boss del palermitano.

Ora questo straordinario esperimento di informazione - l'emittente consta di sole tre stanze e, nonostante il successo di pubblico e contenuti, i mezzi e le risorse sono a dir poco limitati - rischia di scomparire perché, in questo specifico caso, dove non poté la Mafia, forse riuscirà lo Stato.

Dal prossimo 30 giugno, infatti, anche la Sicilia dirà addio al sistema analogico per passare al digitale terrestre e Telejato, così come tutte le 250 tv comunitarie sparse in Italia, potrebbe essere costretta a chiudere i battenti perché impossibilitata ad acquistare le frequenze. La piccola tv, rilevata nel 1999 dall'allora imprenditore edile Maniaci, non gode infatti delle caratteristiche tecniche e normative per essere assimilata alle emittenti e, nonostante pochi coraggiosi imprenditori  abbiano deciso di investire in pubblicità sull'emittente, le difficoltà economiche non permettono un adeguamento agli standard imposti dalla Legge Gasparri.

Eppure la sua redazione - cui collabora tra l'altro Salvo Vitale, già conduttore con Impastato di Radio Aut - è qualcosa che ha del miracoloso nel panorama giornalistico italiano: con testardaggine e puntualità ha consentito di rappresentare al meglio le esigenze di un territorio tanto problematico attraverso il mezzo televisivo, riuscendo a richiamare l’attenzione sui temi caldi riguardanti Cosa Nostra e senza mai dimenticare di fare nomi e cognomi. Impresa non da poco se si tiene conto che la sede dell'emittente dista appena 50 kilometri da Corleone, capitale immaginifica di ogni malaffare organizzato.

Proprio perché accuratissimo nel circostanziare le sue invettive, Maniaci è di sicuro il più esposto e, nel caso in cui l'emittente dovesse chiudere, sono in molti a pensare - primo tra tutti il sindaco di San Giuseppe Jato, Giuseppe Siviglia - che Pino potrebbe facilmente diventare il Peppino Impastato del 2012. A farlo fuori, la mafia ci ha provato moltissime volte: gli hanno bucato le gomme, bruciato l’auto e, nel 2008, gli hanno rotto quattro costole, ma il giorno dopo era in tv, a leggere il suo tg dei record: due ore di nomi e cognomi e relative malefatte, a muso duro davanti alle telecamere, perché “se non mi volete vedere più, mi dovete ammazzare”.

Ma a mettere i bastoni tra le ruote di Telejato c'hanno pensato anche altri, alcuni con querele - in 13 anni di servizio ammontano ad oltre 300 - altri, come i “colleghi” giornalisti, accusando Maniaci di esercizio abusivo della professione: nonostante il 10 luglio 2008 fosse già stato assolto con formula piena in un altro processo per la stessa accusa perché il fatto non sussisteva, Pino è stato rinviato a giudizio il 30 marzo 2009 perché formalmente non iscritto all'Albo dei Giornalisti. Un'assurdità se si pensa al valore dell'informazione fatta dalla piccola emittente di Partinico: come ha affermato la figlia di Pino, Letizia Maniaci, anch'essa parte della redazione di volontari “gli spettatori segnalano i fatti prima a noi che ai Carabinieri”.

Dal prossimo 30 giugno dunque, le leggi dello Stato potrebbero riuscire nell'impresa di far tacere per sempre la piccola emittente di Partinico. Telejato, infatti, non avrà mai i fondi per comprare le frequenze tv del digitale terrestre se queste fossero messe in vendita a cifre milionarie. Né potrebbe concorrere con Rai e Mediaset se queste fossero regalate con il famoso beaty-contest, per ora scongiurato. Insomma, l’unica soluzione possibile sarebbe quella di tenere conto della specificità delle piccole televisioni locali; nel caso specifico, quello di una tv che da anni conduce una battaglia per la democrazia, la libertà e la legalità, come da sempre fa Telejato, è un imperativo per il governo quello di garantirne la sopravvivenza.

Troppo facile invocare sterilmente i vari Giuseppe Fava, Peppino Impastato, Mauro Rostagno e tutti i giornalisti morti nella loro sacrosanta battaglia contro Cosa Nostra. Il nuovo esecutivo tecnico ha di fronte a sé la grandissima opportunità di tagliare col passato e il presente recente, di ribaltare un trascorso fatto di conflitti d’interesse, di favoritismi e di un'informazione a rimorchio, o meglio “da riporto”, dei poteri forti. Intervenga dunque in questa direzione se, come affermato in più occasioni, la legalità e il merito sono i più alti valori che li muovono ad agire.

Sono anni che il baffuto Pino, pur riportando ferite sul campo, riesce a tenere a bada le cruente minacce dei mafiosi, tant'è che imperterrito continua a denunciare ed informare i cittadini, sul malcostume e l'illegalità diffusa nella valle dello Jato. Sarebbe davvero una bestemmia se a chiudergli la bocca per sempre fosse proprio quello Stato che da 13 anni serve fedelmente, facendo vera informazione sociale.

 

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