di Mariavittoria Orsolato

Blob è una di quelle cose di cui non bisognerebbe mai privarsi: come il the delle 5 di britannica memoria, anche la striscia quotidiana di Rai 3 dovrebbe essere istituzionalizzata nei costumi del nostro stivale. Il programma, partorito dalle menti di Enrico Ghezzi, Marco Giusti, Paolo Luciani e Angelo Guglielmi nel lontano 1989, è un compendio dell’isterismo televisivo italiota condensato in 10 minuti, ed oltre ad avere il pregio di saper intrattenere, ha l’insuperabile merito di farlo stimolando la mente dello spettatore.

Blob è infatti un esercizio di semiotica, un continuo congetturare in base alle fugaci immagini che ci vengono presentate. Non è solo satira. È soprattutto un allenamento quotidiano a fare - usando un parolone tecnico - i gatekeepers di noi stessi: fondendo spezzoni di tv a dialoghi cinematografici, Ghezzi e i suoi collaboratori sono stati in grado di creare ex novo un linguaggio in cui a comunicare non è il fotogramma ma il segno, la relazione che esso acquista nel senso della narrazione politica e sociale del quotidiano. Se infatti la televisione è un contenitore in cui i messaggi sono veicolati a senso unico, Blob con il suo “taglia e cuci” ci butta addosso un giornaliero affresco in cui l’unica mediazione richiesta è quella del nostro sistema valoriale.

Ma a che spettacolo (se di spettacolo, soprattutto e ancora si tratta), assistono milioni di spettatori, davanti a Blob nel momento preciso in cui, sulla prima rete nazionale, comincia il telegiornale che dovrebbe essere il più autorevole del Paese? Se la sua satira, spesso feroce, crea diversi problemi al potere istituito - ricordiamo tutti la telefonata adirata di Berlusconi all’allora consigliere Rai Marcello Veneziani - questo avviene grazie allo s-montaggio dei montaggi del potere, cioè attraverso una tecnica che decompone l'apparente inequivocabilità del loro flusso continuo e pedante.

Blob è quindi un dispositivo di vero e proprio hackeraggio catodico, in grado di disarticolare i paletti posti dal sistema disciplinare della televisione, servendosi dei suoi elementi allo stato di scorie e reinnestandoli al suo centro. La decostruzione della narrazione storica e politica, e lo s-montaggio delle attualità raccontate, va a comporre un lavoro archivistico che è innanzitutto contemporaneo ma che sa anche essere sibillino e preconizzatore, nella tradizione della miglior satira.

Blob è insomma un’anomalia della tv generalista, “una controinformazione allo stato puro” come ebbe a dire il critico televisivo Oreste Del Buono. Una repubblica pirata dotata di un proprio archivio e proprie fonti che da ventuno anni lotta e vive insieme al dissenso: ne interpreta confini ed umori, superandoli, e funge da cane da guardia di un sistema che, nonostante minacce, ammonimenti e cupe riunioni nei piani alti di viale Mazzini, ancora non ha trovato modo per sbarrargli la strada.

Dal lunedì al venerdì alle 20.10, sabato e domenica alle 20.00 su Rai 3.

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