Sono diverse le questioni politiche che vivono all’ombra dell’ennesimo regalo che il capo del governo si è concesso. Il decreto - l’ennesimo - con il quale ha azzerato il potere discrezionale dei tribunali ed ha sostanzialmente assolto le imperizie e cancellato le guerre intestine alla sua conventicola, è un decreto vergognoso, che mai sarebbe nato a parti inverse. Del resto, basta rileggersi le dichiarazioni di Gasparri solo cinque anni fa, quando alla lista della Mussolini, bocciata con le stesse motivazioni, ripeteva (fintamente indignato a favore di telecamera) che le regole andavano rispettate alla lettera, senza eccezioni.

 

Di per sé, il decreto di ieri è un autogol clamoroso. Provate a leggere i sondaggi di queste ore e le opinioni degli elettori (molti dello stesso centrodestra) e capirete quanto la destra pagherà salato l’ennesima leggina-porcata. Berlusconi più di ogni altro lo sa e, infatti, ha sperato di non dover procedere sulla via del decreto, ben sapendo l’immagine pessima che ne avrebbe ricavato. E la Polverini, che tra le denunce dei redditi, le tessere sindacali gonfiate e le liste elettorali fraudolente, dimostra una scarsa confidenza con le regole, una certa propensione ad aggirarle a suo comodo, ha già perso l’aureola della novità e dell’originalità.

 

L’opposizione di centrosinistra dorme, come sempre. Quella giustizialista, come sempre urla. Urla soprattutto nei confronti del Capo dello Stato, reo a suo dire di aver controfirmato il decreto del governo. Da più parti si dice - e con ragione - che di fronte ad un esecutivo che espande senza freni il proprio potere, che svuota il Parlamento con overdose di decreti legge, che ricerca in modo scomposto ogni via d’immunità extra legem, sarebbe stato il momento di lanciare l’allarme con un gesto esemplare. Forse Napolitano poteva fare di più, forse no. Perché se non si ravvisano elementi d’incostituzionalità, il Colle non può rifiutarsi di controfirmare leggi e decreti che, dal Parlamento o dal governo, sono approvati. Chi è Berlusconi lo sappiamo. Chi è Napolitano pure. E, per fortuna, sono totalmente diversi. Si dice però che Napolitano avrebbe potuto comunque esercitare una pressione diversa sul governo, pur senza dire come.

 

Ma se tutto questo fosse comunque vero, assegnare il compito di fermare il delirio autoritario, l'abuso di poteri e funzioni di questo governo, non può essere che compito della politica, non delle istituzioni. La responsabilità della bulimia decretativa del governo corrisponde alle abitudini del suo rais, che da sempre, in politica come nella finanza, nel calcio persino, per vincere le sue partite ha sempre bisogno di giocare con il mazzo di carte truccato. Per ristabilire le regole ci sarebbe bisogno di un’opposizione che, in Parlamento, nelle piazze, nei luoghi di lavoro, sapesse fare il suo mestiere.

 

Ci sarebbe bisogno di un’opposizione - tanto per fare un esempio - che scende in piazza ora, non tra una settimana. Che dicesse chiaramente che, contro lo sfregio di questo governo al Parlamento, non rientrerà in Aula a tempo indeterminato. Allora sarebbe possibile chiedere al Quirinale di fermare ogni altro decreto legge privo del carattere di necessità e urgenza.

 

Invece quest’opposizione sa solo balbettare, eccepire, precisare. Ha distrutto per incapacità politica cronica, la rappresentanza politica e sociale della sinistra. Bisognava sconfiggere questa destra, la più reazionaria, xenofoba e populista d’Europa. E allora chi ha deciso che l’Ulivo andava cancellato? Chi ha voluto la distruzione dell’Unione? Chi ha scelto di privare l’Italia di un partito della sinistra, sostituendolo con un prodotto di laboratorio come il Pd, che rischia di divenire ormai l’appendiabiti su cui il berlusconismo poggia il cappello?

 

Il risultato di tanto sfascio è che l’Italia è l’unico, tra i grandi paesi d’Europa, a non avere una forza politica socialista o anche solo d’orientamento progressista. E oggi quindi, in assenza di ciò, chiedere a Napolitano di trasformarsi da garante istituzionale a soggetto politico per fermare Berlusconi, non solo denuncia un tentativo di utilizzare la Costituzione a piacimento, ma cerca di scaricare sul Colle il fallimento delle scelte fatte dai Veltroni, D’Alema, Bertinotti e soci. Non solo appare inutile quanto strumentale, ma ripete l’errore clamoroso già fatto con la magistratura, alla quale si chiede di svolgere un ruolo di supplenza dell’opposizione. Ma se la via giudiziaria al socialismo non solo non è percorribile, ma nemmeno vincente, quella di un Quirinale che da arbitro diventa giocatore è persino più pericolosa.

 

Sarebbe meglio ingaggiare un’altra battaglia: quella che porti rapidamente allo scioglimento del Pd, di SeL, Rifondazione e del dettaglio di PdCI e Verdi per costruire qualcosa di diverso. Una sinistra, sì, una sinistra. Capace di studiare la storia dalla quale proviene e di prefigurare quella possibile nella quale tornare protagonista. Una sinistra che, per cominciare, sapesse utilizzare politicamente il bisogno di tanta parte del Paese di uscire dal buio in cui versa la democrazia dal 1994. E che, oltre a riproporre pensieri, parole, atti e politiche, si attrezzi rapidamente per far fronte alla caduta del regime berlusconiano, le cui crepe profonde cominciano a dipingersi sulle pareti.

 

Questo é quello che indicano le vicende delle liste e i recenti scandali. Berlusconi controlla sempre meno la stessa macchina che ha messo in pista. Meglio darsi una svegliata ed essere pronti a non fare la fine di chi, dopo essere stato imprigionato, finisce pure sotto le mura della sua stessa cella quando arriva il terremoto.

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