di Roberta Folatti

Il percorso è lo stesso di sessant’anni fa ma la tregua si è nuovamente rotta. Siamo sulle tracce di Primo Levi, che descrive in un famoso libro il viaggio compiuto dopo la liberazione da Auschwitz, seimila chilometri in dieci mesi a seguito di un gruppo di ex prigionieri sotto la scorta dell’esercito russo. Una peregrinazione durata dal gennaio all’ottobre del 1945 che per lo scrittore rappresentò un benefico tempo di sospensione dopo l’orrore, una pausa prima di tornare a Torino alla vita “normale”. Gli autori de La strada di Levi ripercorrono quel tortuoso tragitto in un momento storico particolare, perchè se dalla fine della seconda guerra mondiale all’inizio della guerra fredda il mondo ha vissuto una tregua, oggi il crollo delle Torri Gemelle ha interrotto un’altra tregua cominciata con l’abbattimento del muro di Berlino.
L’intento di Davide Ferrario e Marco Belpoliti, come spiega quest’ultimo, è di “andare e venire tra ciò che vedevamo coi nostri occhi – la nuova Europa sorta dopo il crollo del muro di Berlino – e le pagine che aveva scritto il giovane chimico torinese durante la sua peregrinazione dopo la liberazione da Auschwitz”.

Immagini e situazioni attuali, persone incontrate casualmente e divenute significative a rappresentare un mondo in rapido mutamento o assurdamente immobile, tutto questo si alterna alle letture di brani de “La tregua”. La voce di Umberto Orsini, calda, pacata, profonda si sovrappone ai volti di contadini russi e moldavi, di operai polacchi, di ragazze dell’est belle e malinconiche. L’orrore inconcepibile del lager, che periodicamente riaffiora in Levi, in quel momento venne mitigato dal viaggio attraverso territori sconosciuti, a contatto con genti diversissime: gli autori del film ritrovano i suoi luoghi, le stazioni, i boschi, le steppe sterminate, i piccoli villaggi rurali. Li guardano con gli occhi del presente ma li tengono saldamente collegati agli stati d’animo di allora.
In certe remote località russe nulla o poco sembra cambiato, mentre i templi del comunismo – le grandi fabbriche con attorno le città operaie hanno ormai il sapore di rovine.

Levi era passato anche da Pripriat’, che ora è una città fantasma a causa del disastro di Chernobyl e quel luogo desertificato è forse ciò che più si avvicina ai lugubri viali di Auschwitz, visitati dallo scrittore anni dopo. Nel documentario Belpoliti e Ferrario scelgono di inserire alcune immaggini di quel ritorno, Levi cammina silenzioso tra i caseggiati del campo di concentramento in una livida giornata d’inverno e alla sua figura si sovrappone la voce penetrante di Orsini che legge parole indimenticabili, terribili e ironiche, che scavano nella coscienza di ciascuno di noi.

LA STRADA DI LEVI (2006, Italia)
Regia: Davide Ferrario
Sceneggiatura: Marco Belpoliti, Davide Ferrario
Montaggio: Marco Cormio
Musica: Daniele Sepe
Distribuzione: 01 Distribution






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