di Roberta Folatti


La Myself si definisce “una forma di resistenza civile e culturale”, a lei si deve l’uscita nel 2004 del film Tu devi essere il lupo, un piccolo caso cinematografico diretto da Vittorio Moroni.
Ora ValterCasini&Partners e Rai01 fanno uscire in libreria il Dvd del film con allegato un libro che racconta l’avventura della Myself, dietro la quale altri non c’è che il regista stesso appoggiato da una serie di amici fidati che hanno creduto nel progetto.
Perchè in Italia fare uscire film diretti da giovani autori è un’impresa difficile quasi quanto “portare la pace nel mondo” - questo si è sentito rispondere Moroni quando, terminate le riprese di “Tu devi essere il lupo”, ha contattato le varie case di distribuzione.
In più la sua era un’opera delicata e intimista, niente a che vedere con schiamazzi e battute grevi, né con modelle convertite al cinema da veraci talent-scout; insomma, ancora più velleitario pensare di vederlo distribuito nelle sale.

Eppure la Myself con l’aiuto di Gianluca Arcopinto è riuscita a infrangere quel muro di ignorante disinteresse e “Tu devi essere il lupo” ha trovato una fetta di spettatori affezionati.
Ma è stata soprattutto l’odissea distributiva del film, sbloccata da un’invenzione coraggiosa, a far notizia all’interno dell’ambiente cinematografico.
“Ci hanno chiesto di raccontare in un libro l’esperienza della distribuzione del nostro film - spiega Moroni - da un lato perchè il nostro caso mostra una sofferenza così comune al “giovane” cinema italiano che diventa riconoscibile per molti; dall’altro perchè quest’avventura si è risolta con quello che molti hanno considerato un lieto fine. Di questa modalità distributiva si è parlato tanto, giornali, periodici, libri, sono state fatte tesi universitarie, interviste televisive e radiofoniche, oltre che dibattiti col pubblico. Eravamo, lo confesso, un po’ stanchi di ripetere sempre lo stesso racconto. Allora io e gli altri promotori dell’autodistribuzione Myself abbiamo pensato che potesse essere più divertente scrivere dei racconti “diaristico letterari”, ponendo più attenzione ai dettagli, a certe atmosfere, ad alcune riflessioni anche parziali e singolari. Così è nato questo libro, uscito in questi giorni in un cofanetto che riunisce insieme la versione completa del Dvd, con extra e contributi speciali. Speriamo interessi a qualcuno.”

E a qualcuno di sicuro interessa, ci sono giovani registi in difficoltà che si ispirano apertamente al percorso distributivo di “Tu devi essere il lupo”.
Ad esempio Pietro Reggiani, autore de L’estate di mio fratello, film originale che parla di infanzia, di crescita, di immaginazione con un linguaggio ricco di sfumature e tocchi appena accennati. Un’opera per certi aspetti difficile in un panorama dominato dai blockbuster americani, ma non certo inutile né inadatta a quella fascia di pubblico che dal cinema vuole qualcosa di diverso, di meno urlato.

L’estate di mio fratello - racconta il regista - è andato in qualche festival tra cui il Bergamo film festival, il Tribeca, ma nessun distributore l’ha voluto. Il film è nato da un mia idea che col tempo si è evoluta e modificata, la parte dell’infanzia ha un po’ preso il sopravvento. Nel frattempo con il mio amico Antonio Ciano, che ha smesso di fare l’avvocato, abbiamo fondato la Nuvola Film con cui abbiamo affrontato l’aspetto produttivo. La scommessa era dimostrare che poteva esserci un piccolo pubblico anche per un film di questo tipo.”

Ma L’estate di mio fratello si è arenato sullo step successivo, quello della distribuzione, e non riuscire a raggiungere le sale col proprio lavoro per un regista è davvero frustrante. Ora Reggiani vuole tentare la via dell’autodistribuzione, prendendo esempio dall’esperienza di Moroni, il quale però non si sente in grado di indirizzare nessuno: “Non so assolutamente cosa si debba fare per uscire dalle difficoltà strutturali in cui versa il sistema cinema e non so cosa mi accadrà già a partire dal prossimo film, “Le ferie di Licu”, che ho quasi terminato. Per cui non mi sento proprio nella condizione di dare consigli. Forse l’unico consiglio banale che do prima di tutto a me stesso è di intraprendere progetti che mi stanno a cuore, che sono importanti, necessari, perchè fatica e incertezza sono così grandi che bisogna sempre potersi dire: ne valeva comunque la pena.”

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