di Sara Michelucci

Sembra di tornare indietro nel tempo. A quel western italiano, un po’ b-movie e un po’ raffinata storia di ingiustizie e vendette, alla Sergio Leone. Ma bastano pochi fotogrammi per riconoscere lo stile Tarantino, fatto di violenza, esagerazioni e intreccio di generi. Django Unchained non è il classico western che racconta di cowboy dalla pistola veloce o di belle donne che devono combattere per tenersi stretta una proprietà. Pur riprendendo nel titolo il bel film di Sergio Corbucci, Django, e regalando un cameo di Franco Nero, il nuovo film di Quentin Tarantino parla di tutt’altro.

Racconta la schiavitù dei neri due anni prima della Guerra Civile e lo fa scegliendo come protagonista uno schiavo nero, Django, (Jamie Foxx), in cerca di libertà e dell’amor perduto. Per ritrovare la sua amata, venduta a un feroce negriero, interpretato da un impeccabile Leonardo di Caprio, Django si accompagna con il cacciatore di taglie di origine tedesca, il dott. King Schultz (Christoph Waltz) che se ne va a spasso con un curioso carretto da dentista con un dente gigante che svetta sulla cima. Schultz è in cerca dei famigerati fratelli Brittle, “frustatori” di professione, ma non conosce il loro volto e solo l’aiuto di Django potrà aiutarlo a trovarli e a riscuotere la taglia.

Tra i due nasce un vero e proprio sodalizio e Schultz assolda Django con la promessa di donargli la libertà una volta catturati gli uomini che figurano sulla sua lista. Ma Django deciderà ben presto di seguire le orme di questo poco ortodosso personaggio, l’unico che, però, lo tratta alla pari. Diventando bravo con il fucile, Django inizierà la ricerca della sua amata Broomhilda (Kerry Washington).

L’orrore della schiavitù, della crudeltà dell’uomo bianco e della vessazione degli afroamericani, sono mostrati da Tarantino attraverso immagini che nulla lasciano all’immaginazione, dove il sangue non scorre soltanto, ma invade tutto quello che gli sta attorno, quasi a “lavare” quel finto candore delle case del Sud degli Stati Uniti della secondo metà dell’Ottocento, che nascondono mostruosità inenarrabili.

Le scene splatter, quindi, richiamano l’essenza stessa di quell’horror politico alla Romero o alla Carpenter, che serve a denunciare determinate questioni, tra cui il razzismo. E così l’ultima scena è un vero e proprio carnaio che ricorda Scarface, ma anche il finale “fagocitante” di The Addiction.

Il pulp e lo humor vanno a braccetto in questa rivisitazione di genere che Tarantino offre, riuscendo a colpire nell’originalità e, soprattutto nella prima parte, regalando una minuziosa e raffinata caratterizzazione dei personaggi, in particolare dell’eccentrico Schultz. Originalità che, forse, si perde un po’ nella seconda parte del film, dove prevalgono maggiormente gli effetti visivi, più che il racconto.


Django (Usa 2012)

Regia: Quentin Tarantino
Sceneggiatura: Quentin Tarantino
Attori: Jamie Foxx, Leonardo Di Caprio, Christoph Waltz, Samuel L. Jackson, Kurt Russell, Jonah Hill, Kerry Washington, Tom Savini, Gerald McRaney, Tom Wopat, James Russo, James Remar, Todd Allen, Don Johnson
Fotografia: Robert Richardson
Montaggio: Fred Raskin
Produzione: A Band Apart, Sony Pictures, The Weinstein Company
Distribuzione: Warner Bros. Italia


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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