di Sara Michelucci

Il calcio, lo spirito nazionale, il tifo, possono far superare a volte barriere culturali e rigidi dettami. Offside, il bel film del regista iraniano Jafar Panahi (agli onori delle cronache per essere stato condannato lo scorso dicembre a sei anni di reclusione, accusato di aver fatto propaganda contro la Repubblica islamica e il governo ndr) è arrivato nelle sale cinematografiche italiane solo nell’aprile del 2011, ben cinque anni dopo dalla sua presentazione al Festival di Berlino, dove ha vinto l’Orso d’argento.

Una storia di donne e uomini, delle differenze che i rigidi dettami del regime iraniano vogliono a tutti i costi innalzare come muri tra i due sessi, e delle uguaglianze che invece il film mostra con semplicità, partendo proprio dalla voglia di tifare per la propria nazionale di calcio, nel giorno della partita di qualificazione per i Mondiali fra Iran e Bahrain.

Il racconto inizia con una ragazza che, vestita con panni da uomo, con la faccia dipinta dei colori iraniani, s’infila in un pullman di tifosi per riuscire ad entrare allo stadio, dove le donne non hanno accesso, perché non è bene che stiano a fianco di uomini che non conoscono e che urlano parolacce o imprecazioni. La ragazza, allora, compra al bagarino un biglietto a carissimo prezzo e tenta l’ingresso allo stadio. Una volta varcati i cancelli, non riesce a fuggire al controllo dei poliziotti che scoprono la sua vera identità, portandola così in una zona di detenzione situata nell'ultimo anello dello stadio, dove anche altre ragazze sono in attesa di essere prelevate dalla polizia.

Una prigione all’aria aperta, diversa da quelle a cui ci hanno abituato le immagini delle televisioni e di internet che arrivano dall’Iran. Una prigione che vuole scardinare anche la chiusura di certi dettami che impongono alla condizione femminile un ruolo di secondo piano. Quello del regista è un atteggiamento fiducioso, che guarda al cambiamento, che mette sullo stesso piano le prigioniere e i militari (esemplificativa la scena in cui un soldato e una ragazza si siedono vicini, separati solo da una transenna, e iniziano a parlare). Ragazzi che vogliono un futuro diverso e soprattutto vogliono che la squadra iraniana batta gli avversari e vada in Germania per i Mondiali. Questo spirito li unirà alla fine, e permetterà un’apertura inaspettata.

La partita di calcio non si vede mai, ma è sentita, percepita dalle grida dei tifosi e dalla telecronaca piuttosto arrabattata e poco attendibile di uno dei soldati che racconta alle ragazze lo svolgimento del match e insieme a loro si entusiasma e fa il tifo. Atteggiamento più distaccato quello dell’altro militare che ha la responsabilità della custodia, il quale, però, parteciperà alla fine all’esultanza per la vittoria.

Il regista costruisce tutto il film su un’iniziale contrapposizione (uomini verso donne; Iran contro Bahrain; libertà contro costrizione; democrazia versus dittatura) che poi sfocerà in una sintesi fatta di unità e di liberazione. E chissà se questa speranza di cambiamento non possa realizzarsi anche per le sorti stesse di Panahi, cui è stata preclusa la possibilità di dirigere, scrivere e produrre film, viaggiare e rilasciare interviste sia all'estero che all'interno dell'Iran per i prossimi 20 anni.

Offside (Iran 2006)
regia: Jafar Panahi
sceneggiatura: Jafar Panahi, Shadmehr Rastin
attori: Sima Mobarak Shahi, Safar Samandar, Shayesteh Irani, M. Kheyrabadi, Ida Sadeghi, Golnaz Farmani, Mahnaz Zabihi, Nazanin Sedighzadeh, M. Kheymed Kabood, Mohsen Tanabandeh, Reza Farhadi, M.R. Gharadaghi, Mohammad Mokhtar Azad, Ali Roshanpour, Al Baradari, Karim Khodabandehloo, Hadi Saeedi, Reza Kheyri, Masood Ghiasvand
fotografia: Mahmood Kalari
montaggio: Jafar Panahi
musiche: Korosh Bozorgpour
produzione: Jafar Panahi
distribuzione: Bolero film

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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