di Roberta Folatti

Giochi molto crudeli

Uno dei due melliflui figuri in guanti bianchi cerca la complicità dello spettatore guardando un paio di volte in camera e sottintendendo che lo spettacolo che stanno mettendo in scena è a favore nostro. Del pubblico. Non si tratta tanto di violenza esibita – vere scene di sangue non se ne vedono nel film – ma ciò che si rappresenta è la tortura psicologica delle vittime e l’esibizione di una totale mancanza di senso etico nei carnefici. Nemmeno un filo di compassione. Una famiglia presa in ostaggio viene informata cinicamente che non sopravviverà più di 24 ore, neppure al ragazzino vengono risparmiati i particolari più raccapriccianti.
I Funny games che Paul e Peter si inventano solleticano i peggiori sentimenti dei tre prigionieri che sono messi alla prova sulla lealtà reciproca e sul coraggio. Il massimo della crudeltà per chi passa di colpo da un’idialliaca condizione di privilegio a un incubo senza scampo. Michael Haneke, regista austriaco che ama far discutere, a distanza di dieci anni gira la versione americana del suo film forse più famoso. La storia di una famiglia benestante che viene presa in ostaggio da due lucidi folli – che hanno già sterminato i loro vicini di casa – era stata vista in Europa, ma negli Usa era arrivata solo in poche sale d’essai. Così Haneke ha avuto l’idea, piuttosto singolare, di fare un remake mantenendo identica ogni scena, in pratica una replica della sua pellicola originale ma con attori diversi e in un’ambientazione più americana. Lo spiega lui stesso: "Anzichè dedicarmi a una creazione del tutto nuova, mi sono divertito a ricreare qualcosa che fosse il più identico possibile a una cosa già esistente". Insomma chi nel 1997 aveva avuto modo di vedere l’opera originale si divertirà a scoprire come Naomi Watts, Tim Roth, Michael Pitt e gli altri attori la reinterpretano, sottoponendosi alla “coazione a ripetere” di cui è preda il regista. Chi invece se l’era perso si troverà alle prese con un crescendo d’angoscia.
C’è da dire che un film pensato dieci anni fa per esplorare i rapporti tra media e violenza risulta del tutto attuale anche oggi. Soprattutto in America. I due sequestratori in bianco, con le loro espressioni fanciullesche, mai sfiorate dal dubbio, coi loro modi affettati e un formalismo che fa a pugni con le reali intenzioni, se in un primo momento inquietano, alla fine lasciano davvero sgomenti. La violenza è così stupida e superficiale? Praticarla è un gioco divertente? Forse il cinema americano, o meglio un certo cinema americano ha trasmesso questa sensazione, trasformandola in un prodotto di consumo. Certo “Funny games” non lascia molte illusioni in proposito, è difficile opporsi all’insensatezza di gesti fatti senza la benchè minima coscienza e forse anche col consenso del pubblico...

Funny games (Usa, Italia, Francia, 2008)
Regia: Michael Haneke
Scenografia: Kevin Thompson
Montaggio: Monika Willi
Cast: Naomi Watts, Tim Roth, Michael Pitt, Brady Corbert, Evon Gearhart
Distribuzione: Lucky Red





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