Il tentativo di sabotaggio da parte ucraina del gasdotto TurkStream in territorio russo nel fine settimana ha risvegliato per un momento la commissione europea dal sonno che sta trascinando il vecchio continente in una crisi politica, economica ed energetica irreversibile. Secondo le autorità militari di Mosca, le forze armate ucraine hanno cercato di colpire con nove droni l’infrastruttura strategicamente cruciale che trasporta il gas naturale russo verso la Turchia e, da qui, ad alcuni paesi europei, in particolare quelli balcanici e del fronte orientale dell’UE. L’operazione è alla fine fallita, ma riporta al centro dell’attenzione soprattutto europea l’intreccio letale tra la disperazione del regime di Zelensky e l’utilizzo di quest’ultimo da parte degli Stati Uniti per avanzare i propri interessi strategici, anche a spese degli alleati.

L’incursione nella regione russa di Krasnodar ha preso di mira la stazione di compressione Russkaya del gasdotto presso il villaggio di Gaikodzor. Tutti i droni ucraini sarebbero stati abbattuti, mentre lo schianto di uno di essi ha causato danni trascurabili all’impianto, subito riparati dal personale addetto. Il gasdotto non ha subito interruzioni delle forniture. Il TurkStream ha la capacità di trasportare 31,5 miliardi di metri cubi di gas all’anno verso il terminal di Kiyiköy, sulla sponda turca del Mar Nero. Una parte delle forniture si ferma in Turchia, ma una seconda linea prosegue per portare gas a Grecia, Macedonia del Nord, Bosnia, Serbia, Ungheria, Slovacchia, Romania e Bulgaria.

L’infrastruttura risulta determinante per soddisfare i bisogni energetici di alcuni paesi UE, soprattutto dopo le politiche suicide di Bruxelles, seguite all’inizio della guerra in Ucraina a febbraio di tre anni fa, e la recente chiusura del gasdotto che transita dalla Russia attraverso questo paese e che serviva in particolare Ungheria e Slovacchia. Il fatto che gli eventi del fine settimana si aggiungano a una situazione già precaria, segnata dal deteriorarsi delle scorte e dall’aumento dei prezzi, ha così spinto anche i vertici europei a denunciare pubblicamente l’operazione ucraina.

In maniera insolita, una portavoce della Commissione durante una conferenza stampa organizzata lunedì ha espresso preoccupazione per l’attacco contro la sezione russa del TurkStream. Anna-Kaisa Itkonen ha aggiunto poi che la Commissione non ha avuto “particolari contatti con gli ucraini sulla vicenda [dell’attacco al gasdotto]”, ma starebbe comunque continuando a “monitorare la situazione”, vista l’importanza di forniture energetiche stabili per i paesi membri.

La reazione della Commissione Europea, nella migliore delle ipotesi, è un segnale timidissimo e tardivo della presa d’atto dei problemi che la crisi ucraina sta provocando anche in ambito energetico. Bruxelles ha come minimo chiuso gli occhi sui veri e propri attentati alla sicurezza energetica europea messi in atto da Ucraina e Stati Uniti. È dunque tutt’altro che certo che l’Europa intenda muoversi per evitare il peggio, anche perché buona parte delle difficoltà sono state causate proprio dalle sanzioni imposte negli ultimi tre anni teoricamente contro la Russia, ma risoltesi in pratica in un clamoroso autogol.

Il caso più clamoroso è la distruzione di una linea del gasdotto Nord Stream nel settembre 2022, che un’indagine del giornalista investigativo americano Seymour Hersh aveva rivelato essere opera dell’amministrazione Biden. All’inizio dell’anno, come già anticipato, Kiev ha invece chiuso i rubinetti del gasdotto che passa sul territorio ucraino trasportando gas russo, senza rinnovare il contratto scaduto con Gazprom. La decisione ha messo in seria difficoltà Ungheria e Slovacchia, ma ha colpito anche Italia e Austria. I governi di Budapest e Bratislava hanno rivolto durissime critiche verso Zelensky, oltre a minacciare ritorsioni. I vertici europei hanno al contrario preso di fatto le parti dell’Ucraina nonostante i danni causati ai paesi membri.

Al di là delle parole della portavoce della Commissione nella giornata di lunedì, la passività delle autorità europee risulta inconcepibile se si considerano i danni causati a utenti e imprese in questi anni. Tanto più se si considera che il disegno di Washington, dove va ricercata la regia delle operazioni come quella del Nord Stream e del fine settimana contro il TurkStream, è chiaro a chiunque. In accordo o trasmettendo ordini al regime ucraino, gli Stati Uniti puntano a tagliare completamente i rapporti energetici tra l’Europa e la Russia.

L’obiettivo, che gran parte dei leader europei sembra incredibilmente condividere, risulta evidente proprio dalla concomitanza dello stop al transito di gas russo dall’Ucraina dal primo gennaio con l’attacco al TurkStream, da collegare a sua volta alle manovre di Washington e Kiev per cercare di precipitare il conflitto prima del ritorno di Trump alla Casa Bianca. La fine delle forniture di gas russo all’Europa significa un aumento della vendita nel vecchio continente di gas liquefatto (LNG) americano, com’è noto molto più costoso e con aspetti logistici più complicati rispetto al primo.

Se l’operazione del fine settimana avesse avuto successo, così da interrompere il flusso di gas verso l’Europa e la Turchia, i danni per i paesi europei coinvolti sarebbero stati significativi visto il quadro energetico tutt’altro che positivo nel corso dell’inverno. Anche a Bruxelles questo fattore deve essere stato considerato, alla luce delle comunque deboli dichiarazioni dirette contro il regime di Zelensky. Voci dentro l’Unione avevano d’altra parte già preso posizioni più dure, come il governo ungherese, facendo intendere un allargamento dei malumori per la piega che sta prendendo questa fase della crisi ucraina.

Il pericolo concreto in sede UE è di una spaccatura sulla guerra e sul sostegno a Kiev in un frangente già segnato dal crollo dell’entusiasmo per una causa ormai persa. L’obiettivo di Kiev, oltre a quello di eseguire gli ordini americani, potrebbe essere di agitare la minaccia dell’interruzione forzata della fornitura di gas russo proprio per convincere i governi europei a non fare passi indietro e a respingere qualsiasi negoziato con Mosca che comporti condizioni penalizzanti per l’Ucraina. In altre parole, si tratta di una sorta di ricatto con in gioco la sicurezza energetica europea.

Il governo russo ha a sua volta denunciato duramente il regime di Zelensky, sottolineando come già in passato fossero stati fatti altri tentativi di sabotare il TurkStream. Lunedì, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha definito “terrorismo” le azioni ucraine, per poi spiegare che i beneficiari di queste operazioni sono in ultima analisi gli Stati Uniti, che puntano a vendere a un “prezzo molto gonfiato” il loro LNG all’Europa.

In una conferenza stampa organizzata martedì, anche il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, ha toccato infine l’argomento dell’attacco al TurkStream. Lavrov ha allo stesso modo puntato il dito contro Washington, sostenendo di essere “fermamente convinto che gli USA non vogliono nessun competitor in nessun ambito, a cominciare da quello energetico”, e incoraggiano perciò operazioni terroristiche per minare la stabilità energetica dell’Europa.

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