Le sanzioni imposte questa settimana all'Iran dal Consiglio d’Europa e dal governo laburista del Regno Unito rappresentano l'ennesimo capitolo di una politica occidentale caratterizzata da ipocrisia e doppi standard. Nonostante l’annuncio di Teheran avvenuto solo un giorno prima, di una ripresa dei colloqui sul nucleare con i paesi europei, Bruxelles e Londra hanno deciso di inasprire le misure punitive contro il paese, accusandolo di sostenere militarmente la Russia nella guerra in Ucraina e di armare gruppi nella regione mediorientale. Accuse, tuttavia, che appaiono infondate e a dir poco contraddittorie.

L’Europa ha motivato le nuove sanzioni sulla base del presunto trasferimento di droni e missili iraniani alla Russia, utilizzati nel conflitto ucraino. Tuttavia, lo stesso presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha recentemente dichiarato che non vi sono prove di forniture di missili balistici da parte dell’Iran. Nonostante ciò, le misure colpiscono duramente settori strategici iraniani, come la compagnia navale IRISL e la compagnia aerea nazionale Iran Air, accusate di trasportare armi e “tecnologie militari correlate” a favore di Mosca.

Ali Akbar Safaei, vice ministro iraniano per le infrastrutture stradali e urbane e CEO della “Ports and Maritime Organization”, ha definito queste sanzioni un attacco alla popolazione civile. L’IRISL, ha ribadito Safaei, è una compagnia commerciale il cui scopo principale è il trasporto di beni di prima necessità, specialmente nel Mar Caspio. Le ultime misure punitive andranno perciò a pesare soprattutto sulla popolazione civile. Le accuse di trasporto di armamenti militari risultano “illusioni senza fondamento” e seguono l'approccio statunitense di costruire pretesti per intensificare le pressioni economiche.

Allo stesso tempo, l’Occidente sembra ignorare le azioni israeliane nella regione, tra cui bombardamenti indiscriminati su Gaza e il genocidio della popolazione palestinese. Mentre l’Iran è accusato di sostenere gruppi come Hezbollah e Hamas, Israele, dotato di un arsenale nucleare mai dichiarato e fuori dal controllo dell’AIEA, continua a ricevere copertura diplomatica e supporto militare.

Le sanzioni arrivano in un momento delicato, con il possibile ritorno di Donald Trump alla presidenza statunitense. Le indiscrezioni parlano di un suo piano per rilanciare le politiche di “massima pressione” contro Teheran, già dimostratesi fallimentari durante il suo primo mandato. Mentre Trump prepara una squadra di “falchi” anti-iraniani, fonti non confermate suggeriscono però che Elon Musk avrebbe incontrato segretamente l’ambasciatore iraniano all’ONU per esplorare canali diplomatici alternativi. La situazione, in attesa dell’insediamento di Trump alla Casa Bianca il 20 gennaio prossimo, resta insomma fluida e non è forse scontato che il secondo mandato del presidente repubblicano sarà una fotocopia del primo in merito ai rapporti con la Repubblica Islamica.

D’altra parte, il 2024 non è il 2016. La realtà geopolitica del Medio Oriente è cambiata. L’accordo di Pechino tra Iran e Arabia Saudita, mediato dalla Cina, ha ristabilito relazioni diplomatiche tra i due principali attori regionali, segnando un declino dell’influenza occidentale e, come dimostrano anche gli ultimi sviluppi seguiti al vertice della Lega Araba e dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica, una certa presa di distanze preventiva dalle posizioni radicali americane dominate dai “neocon”. Inoltre, l’Iran ha rafforzato la sua posizione economica, raggiungendo livelli di produzione petrolifera pre-sanzioni grazie alla cooperazione con Russia e Cina, dimostrando la sostanziale inefficacia delle misure punitive occidentali, soprattutto in relazione all’obiettivo di alterare il comportamento di Teheran e le sue priorità strategiche legate ai principi della “resistenza”.

L’accordo sul nucleare del 2015 (JCPOA), che aveva rappresentato un raro successo diplomatico, è stato sabotato dall’unilaterale ritiro degli Stati Uniti nel 2018 per opera proprio di Donald Trump. Da allora, l’Iran ha progressivamente abbandonato i propri impegni, fino a raggiungere un livello di arricchimento dell’uranio del 60% e aumentando la sua capacità tecnologica.

Il comportamento occidentale, tuttavia, ha mostrato una chiara mancanza di volontà di rispettare le esigenze strategiche dell’Iran, come ha ricordato recentemente un’analisi del Tehran Times. Nonostante le concessioni di Teheran, che aveva ridotto significativamente le proprie scorte di uranio e accettato ispezioni rigorose dell’AIEA, gli Stati Uniti e l’Europa non hanno mantenuto le promesse fatte, per continuare invece a imporre sanzioni e a ignorare le richieste di garanzie sul rispetto degli accordi.

La disparità di trattamento tra Iran e Israele rappresenta uno dei punti più critici in questo quadro. Mentre la Repubblica Islamica, firmataria del Trattato di Non Proliferazione Nucleare (NPT), ha sempre collaborato con l’AIEA, Israele rimane immune da qualsiasi tipo di controllo, pur essendo una potenza nucleare non dichiarata.

Le sanzioni occidentali, benché pesanti, non hanno raggiunto l’obiettivo di indebolire significativamente l’Iran. Al contrario, il paese ha rafforzato la propria autosufficienza, sviluppato industrie strategiche indipendenti e diversificato i propri partner commerciali.

Come evidenziato ancora dal Tehran Times, il ritorno di Trump e l’intensificazione delle politiche di “massima pressione” rischiano di ottenere l’opposto di quanto desiderato, spingendo l’Iran verso alleanze ancora più solide con potenze rivali dell’Occidente. Inoltre, un eventuale intervento militare contro Teheran, già evocato da alcuni analisti dopo il successo nelle recenti presidenziali di Trump e la nomina dei primi “falchi” ad alcune posizioni cruciali nel nascente gabinetto, rappresenterebbe un rischio enorme, con conseguenze imprevedibili sulla stabilità regionale e globale.

L’Occidente continua dunque a percorrere una strada che si è già dimostrata inefficace. Senza un cambio di approccio, che includa il rispetto degli accordi internazionali e il riconoscimento delle legittime preoccupazioni di sicurezza iraniane, il conflitto con Teheran resterà irrisolvibile. In un contesto globale sempre più multipolare, persistere nell’isolamento dell’Iran equivale a rafforzare le crepe già più che evidente nell’egemonia occidentale.

Le ultime sanzioni contro l’Iran sono così l’ennesimo esempio di una politica basata su pretesti inconsistenti e su un’ostinata volontà di ignorare le dinamiche regionali. L’Occidente dovrebbe abbandonare l’arroganza che ha caratterizzato la sua diplomazia negli ultimi decenni e riconoscere che l’Iran non è più disposto a piegarsi a un ordine internazionale unilaterale. Dialogo e rispetto reciproco sono le uniche strade percorribili per evitare un’escalation dalle conseguenze imprevedibili.

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