Stando all’avvertimento lanciato dal presidente Putin un paio di mesi fa, la decisione presa nel fine settimana dall’amministrazione Biden di autorizzare l’utilizzo di missili americani a lungo raggio “in profondità” nel territorio russo avvicina in maniera drammatica lo stato di guerra a tutti gli effetti tra Mosca e Washington. La notizia è stata diffusa da alcuni dei principali media ufficiali negli Stati Uniti e, se effettivamente confermata dai fatti, rappresenta una scelta sconsiderata e ingiustificabile per una serie di ragioni, la prima delle quali è il rifiuto da parte degli elettori americani nelle elezioni di inizio novembre proprio delle politiche guerrafondaie alla base della tragedia ucraina.

Per comprendere le possibili implicazioni del via libera al lancio di missili consegnati al regime di Kiev dagli Stati Uniti contro obiettivi in Russia, è necessario ricordare le dichiarazioni di Putin dello scorso settembre. In quell’occasione era in corso una visita di Zelensky in America proprio nel pieno del dibattito interno all’amministrazione Biden sull’opportunità di accogliere le richieste ucraine. Putin aveva spiegato che, se Washington e la NATO si fossero mossi in questa direzione, la natura del conflitto sarebbe cambiata, visto che i paesi che sostengono l’Ucraina sarebbero stati coinvolti direttamente nelle operazioni belliche.

L’impiego di missili a lungo raggio avrebbe necessitato infatti della presenza di personale NATO in Ucraina per manovrare gli stessi ordigni. Questa realtà non avrebbe più consentito agli USA e ai loro alleati di nascondersi dietro la forma dell’appoggio “esterno” a Kiev, rendendo legittimi eventuali bombardamenti russi di obiettivi occidentali sia in territorio ucraino sia al di fuori di esso, ovvero nel cuore dell’Europa.

Per la cronaca, Biden aveva alla fine accolto i consigli del Pentagono, che invitava appunto alla prudenza per evitare di innescare una pericolosa escalation, e quindi respinto le richieste di Zelensky. Alcuni giornali avevano però scritto contestualmente che una decisione in senso affermativo era già stata presa e, perciò, sarebbe stata solo questione di tempo la concessione del via libera a Kiev. È probabile che la Casa Bianca intendesse attendere le presidenziali e la vittoria di Kamala Harris per proclamare che gli americani avevano assegnato all’amministrazione democratica una sorta di mandato per far salire drammaticamente il livello del coinvolgimento degli USA nella guerra contro la Russia.

Con il successo di Trump, i democratici sono entrati così nel panico alla prospettiva di una possibile soluzione pacifica alla crisi ucraina. Da qui il tentativo di imbrigliare il presidente eletto in un conflitto allargato alla NATO, in seguito a possibili ritorsioni contro obiettivi occidentali da parte russa. In uno scenario simile, le già formidabili resistenze che incontrerà Trump nel cercare una soluzione negoziata alla guerra diventerebbero insormontabili e i sostenitori del regime di Kiev si troverebbero senza alternative alla prosecuzione delle ostilità.

La decisione di Biden è il riflesso in sostanza della disperazione in cui il governo americano e i suoi alleati sono precipitati con l’avanzamento delle forze armate russe e alla luce dell’imminente ritorno di Trump alla Casa Bianca. Pur temendo un allargamento della guerra, a cui la NATO difficilmente riuscirebbe a far fronte, l’amministrazione uscente scommette sul fatto che Mosca stia bluffando riguardo la risposta a eventuali attacchi con missili balistici occidentali sul proprio territorio. È tuttavia estremamente improbabile che Putin non reagisca a simili provocazioni con iniziative senza precedenti, ma non è da escludere che a Washington si attenda precisamente una risposta di questo genere per costringere Trump a desistere dai propositi di disimpegno dall’Ucraina agitati in campagna elettorale.

Due eventi in particolare sembrano avere fatto da sfondo alla presa di posizione di Biden sui missili a lungo raggio. Uno è la liberazione che appare a portata di mano da parte delle truppe russe della località di Pokrovsk, nel “oblast” di Donetsk. La caduta di questa cittadina rappresenterebbe un’autentica sciagura per il regime di Zelensky, visto che, oltre alle implicazioni militari e logistiche, taglierebbe in modo decisivo le forniture di carbone necessarie all’industria metallurgica del paese.

L’altro fatto da considerare è l’incontro alla Casa Bianca tra Biden e Trump pochi giorni prima della decisione del primo di autorizzare l’uso di missili NATO in territorio russo. Al di là dei toni quasi amichevoli ostentati pubblicamente, è possibile che a porte chiuse sia andata in scena un’accesa discussione sulle sorti del conflitto ucraino. La Casa Bianca ha toccato l’argomento nel comunicato ufficiale diffuso dopo il faccia a faccia tra il presidente uscente e quello appena eletto, sottolineando come Biden si fosse adoperato per ribadire al suo successore che il sostegno all’Ucraina resta un elemento centrale per gli interessi dell’impero.

Se Trump ha realmente intenzione di mettere fine al conflitto in tempi brevi, e di ciò ne ha dato nuovamente notizia in modo formale a Biden malgrado le pressioni, non è da escludere che la Casa Bianca abbia deciso poco dopo di sbloccare la questione dei missili una volta assodata l’indisponibilità del presidente eletto a proseguire le fallimentari politiche perseguite finora.

L’ex ispettore ONU per le armi nucleari e commentatore indipendente, Scott Ritter, ha scritto lunedì in un post su X (ex Twitter) che Trump dovrebbe prendere le distanze in fretta dalla decisione di Biden, così da far capire senza equivoci al governo russo che dopo il suo insediamento ci sarà un’inversione di rotta molto chiara. In questo modo, spiega Ritter, Mosca potrebbe astenersi da ritorsioni che rischierebbero di fare esplodere una guerra totale con la NATO. In questa direzione va forse il post pubblicato domenica sempre su X dal primogenito del presidente eletto, Donald Trump jr., nel quale ha denunciato duramente la decisione di Biden, collegandola alla volontà del “Sistema Militare Industriale” americano di far scoppiare la “Terza Guerra Mondiale” prima che suo padre abbia “la possibilità di favorire la pace e salvare vite”.

L’autorizzazione rilasciata da Biden a Zelensky, secondo i media americani, riguarderebbe per il momento solo la regione russa di Kursk, dove le forze ucraine hanno lanciato un’offensiva suicida tuttora in corso. Washington giustificherebbe l’uso di missili NATO in questa parte del territorio russo perché qui starebbero operando a fianco delle forze di Mosca un numero imprecisato di soldati nordcoreani.

Questo collegamento conferma come la vicenda dei militari presumibilmente inviati in Russia da Kim Jong-un, da settimane al centro dell’interesse della stampa ufficiale in Occidente, sia stata gonfiata appositamente per legittimare una nuova escalation del conflitto. La notizia non ha ancora trovato conferme, ma, se pure corrispondesse alla realtà, le truppe nordcoreane si troverebbero legalmente in Russia su richiesta del governo di questo paese che, oltretutto, ha da poco ratificato un trattato nell’ambito della sicurezza con Pyongyang.

Nei piani USA c’è in ogni caso anche la speranza che l’assistenza dei missili – ATACMS americani, così come Storm Shadow britannici o SCALP francesi – aiuti il regime di Zelensky a consolidare il controllo ucraino di una parte del “oblast” di Kursk, in modo da utilizzarlo come oggetto di scambio in un eventuale negoziato sullo status dei territori annessi dalla Russia. L’iniziativa della Casa Bianca è comunque coordinata con gli alleati in Europa. Nella serata di domenica, infatti, il quotidiano francese Le Monde aveva scritto sul proprio sito web che anche Parigi e Londra avevano dato il via libera all’uso dei missili SCALP e Storm Shadow, per poi modificare la notizia e spiegare che sull’argomento la discussione all’interno dei due governi sarebbe ancora aperta.

Sempre per quanto riguarda l’iniziativa americana, la stampa USA ha citato fonti governative anonime che hanno rivelato come il presidente democratico uscente sia stato ancora una volta sconsigliato da molti dentro la sua amministrazione a concedere l’uso dei missili ATACMS in territorio russo. A ciò va aggiunto anche il fatto che lo stesso Biden aveva ammesso pubblicamente in più occasioni dall’inizio del conflitto che determinate decisioni, in grado di provocare un’escalation rovinosa, avrebbero portato alla Terza Guerra Mondiale e, per questo, aveva declinato di prenderle nonostante le pressioni dei “falchi”.

Che Biden si sia ora smentito e sia passato dalla parte di questi ultimi sulla questione dei missili a meno di due mesi dalla sua uscita di scena definitiva è il risultato delle dinamiche generate dal tracollo delle forze armate ucraine sul campo. Un disastro che, una volta completato, porterebbe alla storica umiliazione degli Stati Uniti e della NATO, col fallimento, pieno di incognite strategiche, degli sforzi di indebolire e piegare la Russia. Una prospettiva avvicinata dalla vittoria alle elezioni di Trump, ma da evitare in tutti i modi per l’amministrazione uscente, anche a costo di scatenare, da qui al 20 gennaio prossimo, una guerra aperta tra la Russia e la NATO dalle conseguenze semplicemente incalcolabili.

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