Nell’appoggiare il genocidio di Israele contro la popolazione palestinese a Gaza, l’amministrazione Biden continua a ignorare non solo il diritto internazionale, ma anche le stesse leggi americane e, addirittura, le direttive emesse dalla Casa Bianca in relazione alle operazioni militare del regime di Netanyahu. L’ultima acrobazia retorica del governo di Washington si è registrata martedì con il rifiuto ufficiale del dipartimento di Stato di stabilire che lo stato ebraico sta violando il diritto internazionale umanitario. Una posizione presa nonostante Tel Aviv abbia completamente ignorato proprio i vincoli fissati recentemente dagli Stati Uniti per non interrompere le forniture di armi che consentono i massacri in atto da oltre un anno.

 

Un mese fa, il segretario di Stato Blinken aveva indirizzato una lettera a Netanyahu con l’avviso che, in assenza di un massiccio incremento nell’afflusso di aiuti umanitari a Gaza, gli USA avrebbero ritenuto il proprio alleato in violazione del diritto internazionale umanitario. In termini concreti, l’amministrazione Biden chiedeva di fare entrare nella striscia almeno 350 mezzi con aiuti umanitari al giorno. Le condizioni erano elencate nel cosiddetto “memorandum sulla sicurezza nazionale” n. 20 (NSM-20), che imponeva verifiche sui beneficiari delle armi americane affinché non fossero utilizzate contro le norme del diritto internazionale e sul fatto che non ostacolassero le forniture di aiuti alle popolazioni coinvolte nel conflitto.

Nell’intero mese successivo alla lettera di Blinken sono arrivati a Gaza però un totale di appena 400 mezzi. Questo dato, assieme alle operazioni israeliane sul campo, conferma come il regime di Netanyahu stia privando deliberatamente la popolazione palestinese di cibo, acqua e altri beni di primissima necessità con l’obiettivo di sterminare quest’ultima e “ripulire” la striscia per far posto all’occupazione sionista. Washington è perfettamente consapevole di questa realtà, ma, in una conferenza stampa organizzata martedì, il portavoce del dipartimento di Stato, Vedant Patel, ha affermato incredibilmente che il suo governo non è ancora in grado di stabilire se Israele abbia violato la legge americana e, di conseguenza, il diritto internazionale.

La stessa lettera di Blinken era peraltro un diversivo cinico per dimostrare che l’amministrazione Biden prendeva sul serio le accuse di genocidio rivolte contro l’alleato. Fissando delle condizioni da cui avrebbero dovuto dipendere le forniture di armi, la Casa Bianca ha finito tuttavia per fare un clamoroso autogol diplomatico, dal momento che la negazione della realtà imposta da Israele a Gaza, e la conseguente garanzia dell’invio ininterrotto di armi per il valore di decine di miliardi di dollari, comporta l’approvazione di fatto dei piani di sterminio in fase di implementazione.

Il portavoce del dipartimento di Stato ha usato le solite giravolte linguistiche per confondere le acque ed evitare di dichiarare l’ovvio, cioè la natura innegabile del genocidio in corso. Alla domanda se, secondo l’amministrazione Biden, Israele ha soddisfatto le richieste americane, Patel ha risposto che il suo governo non ha ancora una risposta definitiva, ma che la situazione umanitaria a Gaza, pur restando “insoddisfacente”, sta facendo registrare “passi nella direzione giusta”.

La posizione americana è tanto più assurda se la si accosta al rapporto pubblicato proprio martedì da otto organizzazioni umanitarie, tra cui Oxfam e Save the Children, sulla situazione catastrofica a Gaza. Queste ultime hanno rilevato come Israele non abbia ottemperato a nessuna delle 19 richieste fissate dal “memorandum” dell’amministrazione Biden citato in precedenza. Riguardo alla parte settentrionale della striscia, oggetto di una rinnovata offensiva israeliana, le ONG hanno dipinto un quadro difficilmente commentabile. Qui, infatti, “l’intera popolazione palestinese è a imminente rischio di morte per malattia, fame e violenze”.

Ciò che appare ancora più grave nell’atteggiamento americano e, in sostanza, dell’intero Occidente è che Israele sta liquidando la popolazione palestinese non solo sotto gli occhi del mondo, ma dichiarando apertamente il proprio obiettivo sia attraverso uscite pubbliche di esponenti militari e di governo sia con iniziative deliberate per raggiungere lo scopo. Circa un mese fa era circolata ad esempio sulla stampa USA la notizia della conferma da parte di fonti vicine al regime di Netanyahu del sostanziale via libera da parte del primo ministro al cosiddetto “Piano dei Generali”, proposto dall’ex generale delle forze di occupazione sioniste Giora Eiland. Questo piano prevede lo stop completo all’ingresso di beni alimentari nel nord della striscia e il trattamento dei civili come “nemici in armi”.

A conferma di queste intenzioni, a inizio novembre il generale Itzik Cohen aveva affermato che non erano rimasti civili nel nord di Gaza e che quindi l’interruzione del flusso di aiuti umanitari era giustificato. In realtà, secondo le stesse Nazioni Unite restano in quest’area tra i 50 mila e i 75 mila civili, costretti quindi alla fame e sottoposti alla violenza sionista con il totale appoggio del governo di Washington e delle altre “democrazie” occidentali.

Anche per un governo, come quello statunitense, che utilizza le leggi domestiche e il diritto internazionale a seconda delle proprie necessità strategiche, la complicità nelle azioni israeliane è a dir poco sconvolgente. Come molti altri paesi, l’America è firmataria della Convenzione sul Genocidio ed è obbligata quindi ad agire per impedirlo laddove si stia verificando. Al contrario, Washington sta rendendo possibile il genocidio perpetrato da Israele.

Ancora, la legge americana col nome di “Leahy Law” proibisce al governo USA di fornire armi alle forze armate che il dipartimento di Stato giudica responsabili di “gravi violazioni dei diritti umani”. Davanti all’evidenza di una strage deliberata, invece, l’amministrazione Biden finge di non avere prove delle responsabilità israeliane, occultando oltretutto i rapporti interni sulla realtà oggettiva nella striscia di Gaza o prendendo per buone le ridicole rassicurazioni del regime sionista.

A questo proposito, avevano sollevato polemiche e indignazione le fughe di notizie di qualche mese fa che confermavano l’atteggiamento criminale del governo di Washington. In uno di questi casi, era stato reso pubblico un rapporto dell’Agenzia USA per lo Sviluppo Internazionale (USAID) nel quale si avvertiva il segretario di Stato Blinken che Israele stava violando la legge ostacolando l’ingresso di aiuti umanitari a Gaza. Un altro documento passato clandestinamente alla stampa avvertiva invece che le garanzie israeliane circa l’utilizzo delle armi ricevute dagli Stati Uniti in conformità col diritto internazionale umanitario “non erano affidabili né credibili”.

Blinken aveva però in tutti i casi insabbiato le opinioni interne al suo dicastero, che lo avrebbero costretto a bollare Israele di fatto come uno stato terrorista e a fermare la fornitura di armi, per sostenere poi di fronte alla stampa e all’opinione pubblica internazionale che il regime di Netanyahu e le forze di occupazione sioniste stavano agendo in conformità con il diritto internazionale o, quanto meno, che Washington non aveva abbastanza elementi per dare un giudizio definitivo sulla questione.

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