Israele, criminali senza giustizia

di Mario Lombardo

La decisione di giovedì della Corte Penale Internazionale (CPI) di emettere un mandato di arresto per Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant rappresenta in larga misura un atto simbolico che mette però ancora una volta in luce, in maniera clamorosa, responsabilità e complicità dei sostenitori dello stato ebraico nel genocidio in corso. Il premier e l’ex ministro della Difesa israeliani,...
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Rubio, un gusano alla Casa Bianca

di Fabrizio Casari

L’annunciata nomina di Marco Rubio a prossimo Segretario di Stato dell’Amministrazione Trump, per molti aspetti inquieta tutti coloro che ritengono la carica decisamente superiore allo standing del politicante di origine cubana. Come evidenziato da molti e confermato dal suo curriculum, Rubio non brilla per qualità politiche né per percorsi istituzionali ragguardevoli che ne abbiano messo in risalto le doti diplomatiche. Più che una nomina adeguata al ruolo, quindi, appare piuttosto il rimborso politico dovuto agli stati del Sud e, in particolare, alle organizzazioni di fuoriusciti cubani, venezuelani e nicaraguensi, che rappresentano la parte più putrida dello stato circondato dalle Everglades piene di ogni insidia. Benché...
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di Michele Paris

Il progressivo allontanamento della Turchia dal blocco occidentale e dalla NATO ha trovato una nuova conferma questa settimana dopo che il presidente, Recep Tayyip Erdogan, ha annunciato la sostanziale ratifica del contratto di acquisto del sistema di difesa missilistico russo S-400. La notizia era nota già da qualche tempo, ma le parole di Erdogan hanno confermato che un primo pagamento è effettivamente avvenuto a favore di Mosca per un equipaggiamento che rischia di incrinare ancor più i rapporti tra Ankara e i suoi tradizionali alleati, a cominciare dagli Stati Uniti.

Il tempismo dell’annuncio del presidente turco non è per nulla casuale, inserendosi in un momento segnato dalle tensioni con Washington sulla crisi siriana e, proprio nei giorni scorsi, da una nuova polemica con la Germania, da dove alcuni membri del governo avevano fatto sapere di voler congelare la vendita di armamenti alla Turchia.

Le relazioni sempre più complicate con gli USA sono da collegare alle contraddizioni non solo delle politiche americane nei confronti della Siria, ma anche di quelle della stessa Turchia, passata dalla guerra al regime di Assad alla sostanziale accettazione della permanenza al potere di quest’ultimo. La questione più grave che ha accentuato lo scontro tra Ankara e Washington è quella dell’appoggio degli Stati Uniti alle forze curde siriane, viste dalla Turchia come organizzazioni terroristiche legate ai ribelli curdi attivi all’interno dei propri confini.

Per quanto riguarda la Germania, lunedì da Berlino il ministro degli Esteri, il socialdemocratico Sigmar Gabriel, aveva annunciato lo stop alle esportazioni di armi verso la Turchia, ufficialmente a causa del deterioramento dei diritti umani in questo paese. La decisione è sembrata essere tanto più grave alla luce dell’obbligo teorico di fornire armi a un alleato NATO, nel caso quest’ultimo ne faccia richiesta.

Da Ankara le reazioni sono state tutt’altro che positive, visto anche che le parole di Gabriel hanno seguito una serie di dispute tra i due paesi e la presa di posizione della cancelliera Merkel a inizio settembre nel corso di un dibattito elettorale, nel quale si era detta favorevole alla chiusura dei negoziati per l’accesso della Turchia all’Unione Europea.

La stessa Merkel martedì ha comunque attenuato in parte le dichiarazioni del suo ministro degli Esteri, riconoscendo alla Turchia lo status di alleato nella guerra allo Stato Islamico (ISIS) e precisando che le vendite di armi saranno valutate in base alle singole richieste. La disputa con Berlino è comunque emblematica della parabola discendente dei rapporti tra la Turchia di Erdogan e l’Occidente nel corso degli ultimi due anni.

L’intesa con la Russia per il sistema S-400 era stata data come raggiunta già lo scorso mese di luglio, anche se in molti avevano da allora ipotizzato che l’acquisto sarebbe stato sospeso a causa delle pressioni occidentali.

Ankara necessita da tempo di un sistema anti-missile di lunga distanza, poiché al momento può contare soltanto su batterie di alcuni paesi NATO. Oltretutto, missili americani, tedeschi e olandesi erano stati rimossi dal territorio turco lo scorso anno, convincendo ancor più Erdogan della necessità di ricorrere a soluzioni alternative.

Già nel 2013, il governo turco aveva siglato un accordo di fornitura per un sistema anti-aereo cinese, ma due anni più tardi era stato cancellato su insistenza americana. Proprio dall’autunno del 2015, però, era iniziata la svolta strategica di Erdogan che ha portato il suo paese a riavvicinarsi a Mosca dopo il rischio concreto di un conflitto armato a causa dell’abbattimento di un jet russo da parte dell’aviazione turca nel mese di novembre.

L’acquisto del sistema S-400 russo è un autentico schiaffo agli alleati NATO della Turchia. Innanzitutto, esso dà un impulso significativo alla partnership russo-turco, rafforzata in questi giorni anche dalla notizia della creazione di una “joint venture” in ambito energetico tra Gazprom e la turca Botas per la costruzione della porzione “onshore” del gasdotto Turk Stream che trasporterà verso occidente il gas naturale russo.

L’S-400, poi, non è integrabile con i sistemi NATO e l’alleanza non era stata nemmeno informata dal governo turco sui dettagli della fornitura. In definitiva, il completamento delle batterie russe potrebbe teoricamente consentire alla Turchia di chiudere il proprio spazio aereo ai velivoli degli alleati NATO.

Sulla decisione di Erdogan e sul suo avvicinamento alla Russia ha influito con ogni probabilità anche il possibile coinvolgimento degli Stati Uniti nel fallito golpe contro il presidente turco nel luglio del 2016. Se la mano di Washington era o meno dietro ai cospiratori non è ancor del tutto chiaro, ma è comunque evidente che Erdogan deve sentirsi in qualche modo al centro delle trame occidentali visto il progressivo divergere delle strategie di Turchia e USA in Siria e in Medio Oriente.

Da parte sua, il presidente turco ha dissimulato a malapena le ragioni del riorientamento strategico della Turchia. Nello spiegare la decisione di guardare a Mosca per il rafforzamento della difesa anti-aerea turca, Erdogan ha citato i costi eccessivi degli equipaggiamenti forniti dall’Occidente, ma ha aggiunto anche che i presunti alleati di Ankara “consegnano carri armati, cannoni e veicoli blindati a organizzazioni terroristiche [curde]” per poi lasciare sprovvista la Turchia del materiale necessario.

In un’intervista al giornale turco Hurriyet, lo stesso Erdogan ha infine confermato il sostanziale allineamento con la Russia anche in relazione alla situazione interna alla Siria, nonostante le persistenti divergenze su alcuni aspetti della crisi. In particolare, Erdogan ha salutato l’imminente negoziato di Astana e garantito la piena intesa con Mosca e Teheran sulle operazioni in fase di pianificazione per la località di Idlib, dove dovrebbe essere condotto un assalto per espellere le rimanenti forze legate ad al-Qaeda.

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a cura di:
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