Israele, criminali senza giustizia

di Mario Lombardo

La decisione di giovedì della Corte Penale Internazionale (CPI) di emettere un mandato di arresto per Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant rappresenta in larga misura un atto simbolico che mette però ancora una volta in luce, in maniera clamorosa, responsabilità e complicità dei sostenitori dello stato ebraico nel genocidio in corso. Il premier e l’ex ministro della Difesa israeliani,...
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Rubio, un gusano alla Casa Bianca

di Fabrizio Casari

L’annunciata nomina di Marco Rubio a prossimo Segretario di Stato dell’Amministrazione Trump, per molti aspetti inquieta tutti coloro che ritengono la carica decisamente superiore allo standing del politicante di origine cubana. Come evidenziato da molti e confermato dal suo curriculum, Rubio non brilla per qualità politiche né per percorsi istituzionali ragguardevoli che ne abbiano messo in risalto le doti diplomatiche. Più che una nomina adeguata al ruolo, quindi, appare piuttosto il rimborso politico dovuto agli stati del Sud e, in particolare, alle organizzazioni di fuoriusciti cubani, venezuelani e nicaraguensi, che rappresentano la parte più putrida dello stato circondato dalle Everglades piene di ogni insidia. Benché...
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di Michele Paris

Nel corso di una recente visita a Jakarta, il Segretario alla Difesa americano ha annunciato, relativamente a sorpresa, l’imminente ristabilimento dei programmi di cooperazione militare tra il suo dipartimento e le forze speciali indonesiane (Kopassus). Queste ultime si sono tristemente contraddistinte negli ultimi decenni per assassini di massa, omicidi, rapimenti e numerose altre violazioni dei diritti umani nel corso di operazioni repressive a Timor Est, Papua, Aceh, e ancora oggi mantengono ai propri vertici alcuni ufficiali responsabili di gravi abusi.

Frustrato dall’incapacità dei nazionalisti indonesiani di tenere testa ai reparti speciali olandesi (KST) che appoggiavano le forze della Repubblica delle Molucche meridionali (RMS), l’eroe nazionale, Alexander Kawilarang, nell’aprile del 1952 gettò le basi per la formazione del futuro Kopassus, inizialmente conosciuto col nome di Kesko TT (Kesatuan  Komando Tentara Territorium).

Ad assegnare l’attuale nome al reparto scelto sarebbe stato in seguito un ex membro delle stesse forze speciali olandesi rimasto in Indonesia dopo l’indipendenza. Il maggiore Rokus Bernardus Visser, conosciuto nel paese col nome di Mohammad Idjon Djanbi, fu anche il primo comandante del centinaio circa di soldati che componevano l’allora sola e unica compagnia del Kopassus (Komando Pasukan Khusus o Comando delle Forze Speciali).

Da allora, questo nucleo speciale dell’esercito indonesiano è stato impiegato in azioni di sabotaggio e di intelligence, ma anche per attività contro-insurrezionali e di anti-terrorismo. Praticamente in tutte le campagne militari del governo indonesiano, il Kopassus ha lasciato la propria impronta, spesso in maniera drammatica: dal contrasto ai movimenti ribelli interni negli anni cinquanta al conflitto con la Malesia tra il 1962 e il 1966 intorno alla questione del Borneo, dalle purghe anti-comuniste del 1965-1966 all’invasione di Timor Est nel 1975 dopo il ritiro dei portoghesi, fino alla soppressione dei movimenti separatisti che ancora oggi agitano il paese, in particolare nella provincia occidentale di Papua.

Alla luce dei precedenti del Kopassus, l’annuncio del numero uno del Pentagono, Robert Gates, ha incontrato le immediate critiche delle principali organizzazioni a difesa dei diritti umani e di alcuni membri democratici del Congresso USA. Per Amnesty International, la scelta dell’amministrazione Obama “invia il messaggio sbagliato a un paese nel quale hanno avuto luogo serie violazioni dei diritti umani in un clima d’impunità”. Human Rights Watch, a sua volta, ha condannato il ristabilimento dei contatti militari, dal momento che l’esercito indonesiano “non ha ancora dimostrato di voler assicurare alla giustizia i responsabili degli abusi”.

Il governo di Jakarta, poi, non avrebbe rimosso dai loro incarichi quei pochi soldati finora condannati, mentre continua a installare ai vertici dei reparti speciali ufficiali sui quali esistono gravi indizi di colpevolezza per violazioni dei diritti umani. Ad esempio, lo scorso mese di aprile, il colonnello Nugroho Widyo Utomo, accusato di essere uno degli organizzatori del massacro del 1999 a Timor Est, è stato nominato vice-comandante del Kopassus.

Proprio i fatti legati all’ex provincia indonesiana, diventata nuovamente indipendente nel 2002, furono all’origine dell’interruzione dei legami tra gli Stati Uniti e le forze armate locali. Già dopo il cosiddetto massacro di Dili (o di Santa Cruz) del novembre 1991, nel quale vennero uccisi un centinaio di manifestati pacifici nella capitale di Timor Est, il Congresso americano bloccò una serie di programmi di addestramento a favore dell’esercito indonesiano e l’accesso ad equipaggiamenti militari. La rottura dei legami residui con il Kopassus avvenne invece nel 1999, in seguito alle violenze scatenate dal voto per la secessione dall’Indonesia. In quell’occasione persero la vita circa 1.400 civili.

Nonostante il persistere dei dubbi circa i presunti passi avanti nel rispetto dei diritti umani propagandati da Jakarta nell’ultimo decennio, il ristabilimento ufficiale dei contatti tra gli USA e le forze armate indonesiane giunge alla fine di un processo di avvicinamento in corso da tempo. Questa evoluzione rientra in un quadro strategico nel quale il più popoloso paese islamico del pianeta rappresenta un centro nevralgico degli interessi statunitensi nel sudest asiatico.

Dopo l’inaugurazione della guerra globale al terrore nell’autunno del 2001, l’amministrazione Bush iniziò a cercare vie alternative per fornire assistenza all’esercito indonesiano, sul quale pesava appunto un bando approvato dal Congresso di Washington. Gli aiuti cominciarono così a giungere grazie ad un programma di anti-terrorismo, finché nel 2002, dopo gli attacchi terroristici a Bali che fecero quasi 200 morti, venne cancellata la proibizione di vendere armi a Jakarta.

L’arcipelago indonesiano, d’altra parte, è attraversato da rotte navali fondamentali, rese ancora più importanti per gli USA in un momento di grande preoccupazione per la crescente influenza cinese in tutta l’area. Un interesse strategico che rimane dunque predominante e che è stato ribadito apertamente dal Pentagono, dopo aver incassato le vaghe rassicurazioni del governo del presidente Susilo Bambang Yudhoyono di fare pulizia all’interno delle proprie forze speciali.

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a cura di:
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