Bambini sottoposti a trattamenti di ‘reset’ o riallineamento. Portati per questo in casa famiglia, se non addirittura affidati al genitore riconosciuto come maltrattante o con procedimenti penali in corso per violenza domestica. Accade in Italia, “grazie ad un’applicazione distorta della legge 54 del 2006 sulla bigenitorialità - come segnalato dallo stesso Marino Maglietta che quella legge l’ha scritta - e a distorsioni che sono della magistratura”.

Moltissime donne denunciano - l’agenzia Dire attraverso l’inchiesta delle mamme coraggio lo sta documentando assiduamente portando alla luce le storie di queste donne e dei loro figli - che dopo la denuncia di violenza si finisca in un ginepraio legale tra consulenze tecniche di ufficio e servizi sociali che identificano le stesse mamme ree di derivati affini o, addirittura, di esplicita alienazione parentale. Che, come osservato da più fonti scientifiche e istituzionali, “non esiste come sindrome”.

 

Si legge in queste CTU di “mamme simbiotiche, ostative, malevole” perché non favoriscono il rapporto con quel genitore che è stato violento e di cui, quasi sempre, questi bambini hanno timore per abusi subiti o per violenza assistita. Tante le associazioni che hanno iniziato a mobilitarsi e sono nate per portare avanti questa denuncia: il Comitato madri contro la violenza istituzionale, Maison Antigone, il Comitato Femmincidio in vita, Federico nel cuore, Protocollo Napoli ma anche Padri in movimento.

In Parlamento sono state presentate numerose interpellanze dalla deputata del Gruppo Misto, Veronica Giannone, anche segretaria della Commissione parlamentare su Infanzia e Adolescenza. Mentre è ancora in panne la Commissione nascente sugli affidi, la senatrice Valeria Valente, presidente della Commissione d’inchiesta sul Femminicidio, ha acceso il faro su 572 fascicoli di affidamento, portando avanti un’indagine sull’utilizzo della PAS (alienazione parentale) nei Tribunali, inedita per le mansioni consuete della stessa Commissione.

Nelle storie che iniziano ad affiorare sul web, denunciate sui social dalle associazioni, riportate in sempre di più da diverse testate, tornano alcune costanti: i bambini non sono auditi, la loro volontà viene piegata dalla legge, sono spesso soggetti a prelevamenti coatti o costretti ad incontri protetti, con una vita stravolta dai ‘diritti’ affermati dagli adulti. In un sistema affatto immune da conflitti d’interesse, il potere enorme dei periti coinvolti, la tesi della ‘manipolazione’ parentale, che persiste anche nell’ultimo memorandum degli psicologi forensi, primo firmatario Guglielmo Gulotta, continua a non tener conto adeguatamente del fenomeno della violenza domestica. Ciò in oltraggio alla Convenzione di Istanbul, di fatto disattesa nelle nostre aule di giustizia, e alla Carta della Nazioni Unite sui diritti dei bambini.

Alcuni di questi sono letteralmente scomparsi, come accade al bimbo di Parma, da “46 giorni finito in un buco nero” ha detto sua madre; o portati in una famiglia affidataria dalla sera alla mattina, come la sorellina più piccola dei fratellini di Cuneo; o senza madre da 11 anni come la figlia di Ginevra Amerighi alla quale è stato negato ogni contatto con sua figlia per una perizia che la vede affetta da “un rischio di disturbo istrionico della personalità”.

Ginevra oggi vive a Lipari, è maestra elementare in una scuola pubblica, lavoro che svolge amata dai suoi allievi e dai loro genitori; coltiva un giardino che ha dedicato a sua figlia, che le è stata portata via quando la piccola aveva solo 18 mesi. Da allora nemmeno una telefonata è stata concessa, nonostante la stessa bambina nell’ultima udienza abbia chiesto di poter incontrare sua madre.

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