di Laura Bruzzaniti

I danni all’ambiente sono una cosa seria e vanno puniti con la stessa severità in tutta Europa. È questo, in sintesi, il senso della proposta di direttiva presentata a Bruxelles dalla Commissione europea, che mira a creare un comune sentire a livello europeo in materia di illeciti ambientali. Non che la Commissione intenda dettare la politica ambientale dei singoli stati europei, bensì assicurare un livello minimo di sanzione per i casi più seri di illecito, eliminando così i paradisi degli “eco criminali”, quelle zone franche dove inquinare non è poi così grave. Se la direttiva verrà approvata, tutti gli Stati dell’Unione europea dovranno considerare reato (ovvero sanzionare penalmente) alcuni dei più gravi comportamenti contro l’ambiente: trasporto, esportazione o importazione illeciti di rifiuti compresi quelli pericolosi, commercio illecito di specie minacciate, commercio di sostanze che riducono lo strato di ozono, se posti in essere con intenzionalità o grave negligenza. La proposta di direttiva prevede anche sanzioni minime per i reati ambientali che abbiano causato morte o lesioni gravi alle persone, danni rilevanti all’ambiente, alle piante o agli animali, o che siano stati commessi da un'organizzazione criminale (il carcere per una durata massima di non meno di 5 anni e sanzioni di importo massimo non inferiore a 750 000 euro in caso di società).

Perché la Commissione europea ha sentito l’esigenza di proporre una direttiva in questa materia? “Perché il 71% dei comportamenti contro l’ambiente hanno una dimensione internazionale e quindi c’è bisogno di norme comuni” spiega Franco Frattini, vicepresidente della Commissione. E poi anche per motivi più “tecnici”, come quello del mandato di cattura europeo che si può spiccare solo per i crimini sanzionati con almeno un anno di carcere; di qui la necessità di sanzioni omogenee per facilitare la cooperazione tra Stati sui crimini ambientali.

Percentuali e tecnicismi a parte, ad ispirare la direttiva è una visione del territorio Europa come bene comune, da tutelare in modo uniforme: inquinare nella Repubblica Ceca non può essere più grave che inquinare in Francia, ci vuole un minimo comune di severità.

Ma quanto è grande la disparità di trattamento per chi inquina nei vari Stati europei? E quali sono gli Stati più morbidi con gli eco criminali? Il commissario europeo all’ambiente, Stavros Dimas, messo alle strette dai giornalisti, si arrende e fa i nomi dei buoni e dei cattivi indicati da uno studio preliminare della Commissione: tra i più severi contro i reati ambientali Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Germania e Svezia; in posizione intermedia Austria, Polonia, Ungheria. L’Italia e la Francia tra i più tolleranti. Anche se, avverte il Commissario, si tratta di una semplificazione, perché uno stesso Stato può essere molto severo nei confronti di alcuni reati e meno per altri.

Con questa proposta la Commissione entra in un campo delicato, quello del diritto penale, ritenuto di esclusiva competenza degli Stati membri e da questi gelosamente custodito. Tanto che c’è chi immagina Stati riluttanti ad adottare la direttiva. È ottimista il commissario Dimas, che ha rilevato segnali di disponibilità da parte degli Stati membri. Del resto, la Commissione ha agito sulla base di una decisione della Corte europea di giustizia, secondo la quale “il legislatore comunitario può adottare provvedimenti in materia di diritto penale degli Stati membri se li ritiene necessari a garantire la piena efficacia delle norme europee in materia di tutela dell’ambiente”. Più chiaro non si può. La parola adesso passa al Consiglio e al Parlamento.

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