Su trecentosei comuni individuati dallo studio legale più grande d’Italia (e anche quello che fattura meno), nella ricerca “Senza tetto, non senza diritti”, dall’associazione Avvocato di strada, solo centosessantotto hanno istituito la via fittizia. Ossia, territorialmente inesistente ma che consente alle persone senza dimora di poter accedere ai diritti fondamentali, altrimenti negati.

 

Dei centosessantotto, cinquantuno non hanno, però, indicato la procedura necessaria per potervi ‘risiedere’, dieci hanno risposto riportando gli estremi della delibera che la istituisce e un comune ha comunicato che la procedura è in via di definizione. Di quelle note, alcune procedure adottate sono in netto contrasto con la normativa nazionale.

 

 

Per esempio, relativamente ai soggetti che possono usufruirne: sei comuni lo consentono solo ai senzatetto nati lì, tredici aprono la possibilità a tutti e i restanti non si sono pronunciati. Uno dei requisiti ricorrenti in quasi tutti i comuni per poter prendere la residenza in via fittizia è essere in carico ai servizi sociali territoriali: cinque prevedono un coinvolgimento attivo dei servizi alla persona nella procedura e in uno viene richiesta l’adesione dell’interessato a un progetto educativo individuale.

 

Se si esclude la sensibilità di alcune amministrazioni nell’individuare nei servizi sociali un baluardo nel sostegno alle vulnerabilità, quanto al sistema adottato si scosta dai riferimenti normativi, attribuendo ai servizi alla persona una discrezionalità di valutazione non del tutto lecita. Trentanove comuni richiedono la dimostrazione di legami con il territorio e tredici esigono in allegato a tutta la documentazione, anche la carta d’identità che, però, per le persone senza fissa dimora è, il più delle volte, irrecuperabile.

 

“L’assenza di requisiti certi e identificabili porta con sé il rischio di trasformare il procedimento di iscrizione anagrafica del richiedente - che dovrebbe avviarsi con la sola dichiarazione dell’interessato - in un valutazione discrezionale da parte dell’ufficio anagrafe che, più o meno arbitrariamente, potrebbe ritenere validi alcuni documenti prodotti e altri no”, si legge nella ricerca.

 

E’ necessario, perciò, che si giunga all’adozione di una procedura condivisa e uniforme, in piena aderenza con il dato normativo per evitare discriminazioni. Che sia via della Casa Comunale, via della Solidarietà o via dell’Accoglienza oppure, più romanticamente, via delle Stelle o Strada della Fantasia, ma auspicando che il nome della via fittizia non sia facilmente collegabile alla condizione di senza dimora, Avvocato di strada dichiara che sarebbe importante che tutti i comuni si dotassero di tale via e che ciascuno di essi dia l’opportunità alle persone senza tetto di eleggere domicilio presso il municipio.

 

Una soluzione che privilegerebbe sia l’interessato sia l’amministrazione: il primo potrà avere un domicilio e un servizio di posta gratuito, la seconda, così facendo, sarà in condizione di effettuare costantemente un controllo sulla popolazione effettivamente presente nel territorio di sua competenza.

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