Esiste una stretta relazione tra povertà materiale e maltrattamento sui bambini tanto da venire considerata, la prima, uno dei fattori predittivi di rischio. Cosicché, il maltrattamento dei bambini diventa la conseguenza finale, estrema e drammatica di una situazione di disagio che coinvolge le figure genitoriali, il contesto familiare, ambientale e sociale nel quale i bambini crescono.

 

A parte il macroscopico dato che rileva come le crisi economiche comportano comportamenti peggiorativi, influenzando negativamente lo svolgimento delle funzioni genitoriali, esiste un nesso meno visibile: aumentando un sentimento di precarietà, si scopre un aumento del rischio di problemi di salute mentale.

 

E una cattiva salute mentale incrementa la probabilità di essere indigenti e di esclusione sociale: in Italia, si registrano differenze rilevanti a livello territoriale per quanto riguarda il rischio di povertà.

 

Se nel nord est, le persone soggette a questo rischio sono il 16 per cento della popolazione, la percentuale sale al 20 per cento nel nord ovest e a circa il 25 nel centro mentre al sud si tocca il 44 per cento, con città come Napoli, Palermo e Catania che hanno la più alta percentuale di minori sulla popolazione e di famiglie in cui nessun componente è occupato. Aumentando la povertà infantile: l’incremento “è stato collegato a fenomeni che minano la coesione sociale, ossia mancato sviluppo personale e cognitivo, difficoltà nel trovare un’occupazione stabile, maggiore dipendenza dall’assistenza sociale e rischio di dipendenze più elevato”, si legge nel secondo Rapporto Indice regionale sul maltrattamento all’infanzia in Italia, redatto da Cesvi.

 

C’è un preoccupante rapporto tra povertà e sviluppo cognitivo tanto che alcune ricerche hanno dimostrato come gli adolescenti con un vissuto di maltrattamenti - inclusa la trascuratezza - abbiano capacità cognitive peggiori, confermando che “le attitudini e il comportamento dei genitori verso i bambini tendono a influenzare i loro risultati in termini di accumulazione di capitale umano”, dice il Rapporto. E la qualità del capitale umano è un elemento fondamentale per lo sviluppo economico. Poter accedere alle risorse e ai servizi territoriali è l’unico modo per scongiurare la circolarità del legame tra povertà e maltrattamento.

 

La sintesi tra fattori di rischio e servizi vede il Trentino Alto Adige come la regione italiana più virtuosa, seguita dal Veneto, dal Friuli Venezia Giulia, dall’Emilia Romagna, dal Piemonte, dalla Toscana e dalla Lombardia. Versus le regioni economicamente più povere, Abruzzo, Calabria, Puglia, Campania e Sicilia. Sardegna, Umbria e Molise rientrano, invece, tra le regioni reattive, con un fattore di rischio ambientale critico ed elevato ma con un’offerta adeguata di servizi dedicati al maltrattamento.

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