Un’elevata ricchezza nazionale non è sinonimo di una elevata uguaglianza. Anche nei paesi più ricchi del mondo esiste un’inequità educativa. Anche nei quarantuno paesi ad alto e medio reddito membri dell’OCSE o dell’UE. Per fattori che sono fuori dal controllo dei bambini - visto che alcune cause possono risalire a prima della loro nascita - i quali, per questo, partono svantaggiati.

 

Per esempio, per la condizione economica famigliare che genera disparità che si manifestano presto e che tendono a persistere. Anche il genere e il luogo di nascita possono essere determinanti quali fonti di disuguaglianza, comprese (o escluse) le politiche e le pratiche del sistema educativo che, volendo, possono assumere un ruolo di livellamento tra le condizioni di partenza dei bambini o accentuarne le diversità (quando, addirittura, non crearne di nuove).

 

 

E’ il caso di Lettonia e della Lituania – i paesi più poveri fra quelli presi in considerazione dal Report Card 15 di Unicef, Partire svantaggiati – che si distinguono per l’accesso pressoché universale all’apprendimento prescolare e riescono a contenere le disuguaglianze delle prestazioni degli studenti più efficacemente rispetto a paesi che dispongono di maggiori risorse. Come, a esempio, Australia, Nuova Zelanda e Slovacchia che occupano la parte più bassa della classifica contro Finlandia e Portogallo che hanno i sistemi educativi più equi.

 

Però, se i nuclei familiari hanno un reddito basso, i bambini sopra i tre anni hanno meno probabilità di frequentare la scuola dell’infanzia, passaggio fondamentale per conseguire risultati duraturi nel percorso scolastico futuro. Fase che potrebbe essere preclusa, anche, ai bambini abitanti nelle zone rurali per l’assenza prossima di servizi: in Polonia, infatti, vi accede meno di un bambino su due e in Croazia uno su tre. A conferma del fatto che le circostanze in cui i bambini crescono incidono sul rendimento scolastico, i dati del report indicano che le differenze nell’occupazione dei genitori spiegano fino a un terzo del divario nel rendimento dei minori in lettura: ai bambini con almeno un genitore professionista corrispondono punteggi in lettura significativamente più alti rispetto ai figli di non professionisti, dai ventotto punti in Finlandia ai sessantasei in Bulgaria.

 

Incidono, pure, la lingua parlata a casa - avere un genitore con un vocabolario povero mette i ragazzi in una condizione di svantaggio, indipendentemente dal contesto sociale generale della famiglia - l’ubicazione della scuola e le sue caratteristiche, vedi i metodi di selezione che vanno da valutazioni basate sull’abilità accademica o sull’affiliazione religiosa fino alla selezione economica (con l’imposizione di rette elevate): in Germania, Cile, Israele, Lituania, Nuova Zelanda, Slovacchia e Ungheria, tutto ciò influisce per almeno il 25 per cento (sulla disuguaglianza).

 

Anche l’Italia registra una variazione di rendimento diseguale tra istituti scolastici e, soprattutto, a livello della scuola secondaria (rispetto alla primaria) e laddove gli studenti sono suddivisi in gruppi diversi all’interno dei plessi o frequentano istituti diversi in base al rendimento, quelli provenienti da famiglie meno privilegiate tendono a essere sovrarappresentati nei percorsi di livello inferiore, che offrono meno opportunità per il futuro.

 

Insomma, anche se “non tutti abbiamo gli stessi talenti, ognuno di noi dovrebbe avere le stesse opportunità di sviluppare quei talenti”. Parola di JFK. Ed era il 1963.

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