“Una famiglia che si restringe riduce l’ampiezza delle reti famigliari. Quando i centri minori perdono popolazione e chi resta invecchia, si assottigliano le reti di vicinato. Nelle città che si riorganizzano nelle loro funzioni, separando un centro terziarizzato e destinato allo shopping e al divertimento dalla aree destinate alle funzioni residenziali, le possibilità di relazione si fanno più selettive e si spostano dai luoghi dell’abitazione e del lavoro a quelli della cultura e del tempo libero nelle sue diverse declinazioni.

 

 

L’assottigliarsi delle reti può comportare, dal punto di vista degli individui, un maggior rischio di isolamento”. E’ l’Italia del 2018, fotografata, puntualmente, nel Rapporto Istat 2018, giunto alle sua ventiseiesima edizione.

 

Che, per cogliere in profondità i mutamenti delle strutture economiche e sociali, quest’anno parte dall’analisi della pluralità di reti di relazione, formali e informali, che ormai caratterizzano la società italiana. Si, perché i vantaggi procurati dalla risorse relazionali si estendono oltre i confini dell’individuo e della sua stretta famiglia, stimolano il senso di appartenenza, promuovono quello civico e favoriscono la fiducia verso le istituzioni. Con ricadute positive sulla società nel suo complesso.

 

Sono tante le reti cui afferisce una persona per la quale rappresentano un valore inestimabile non solo in termini di sostegno concreto reciproco ma anche in quanto motori per sviluppare interessi personali. Stare soli, dicono gli italiani, non rende più felici e fa perdere fiducia negli altri: emerge un bisogno di socialità, sostenuto anche da forme meno tradizionali, come quella virtuale, non sostitutiva e complementare, sebbene meno appagante.

 

Istruzione e partecipazione al mondo del lavoro rimangono, imperterrite, le due variabili con cui fare i conti: il titolo di studio posseduto non definisce solo il capitale umano dei singoli perché la maggiore permanenza nel percorso formativo consente di entrare in contatto con cerchie più ampie di quelle di origine; il lavoro, poi, si conferma un importante e sempreverde fattore di socializzazione, anche se con modalità nuove, e una rete di rapporti ex lavorative risulta anche utile all’orientamento nella ricerca di un nuovo impiego.

 

Istruzione e conoscenza, dunque, non solo agiscono come fattore protettivo per l’accesso e la permanenza nel mondo del lavoro ma, essendo le spesse trame delle reti, permettono l’ingresso a una varietà di aspetti del benessere individuale: consentono di vivere più a lungo e in migliori condizioni di salute, attivano il ‘valore aggiunto’ delle reti, soprattutto per quanto concerne le attività culturali e di partecipazione. Oltre a essere un ottimo antidoto per la rimozione degli impedimenti alla parità delle opportunità.

 

Reti che di cumulano e intersecano: al di là di quella parentale (sempre presente nei secoli secolorum), un ruolo sempre più rilevante è attribuito dagli abitanti del Belpaese, alla rete elettiva (ossia costruita a partire dalle preferenze e dalle libere scelte di ognuno) sia nel sostegno alle proprie necessità sia in risposta alle proprie esigenze. Compresi lo sviluppo dei propri interessi e passioni e l’arricchimento culturale. Al quale, sembrerà retrogrado nell’epoca degli ebook, contribuiscono anche le biblioteche che costituiscono una rete che, sorprendentemente, abbraccia anche centri piccolissimi.

 

Così come la rete delle istituzioni museali che non si ferma solo al Colosseo o alla Galleria degli Uffizi ma è intessuta da migliaia di realtà locali che valorizzano il patrimonio storico, artistico ed etnografico dell’Italia. Straordinario elemento identitario del Belpaese, il patrimonio culturale è anche condivisione di risorse umane, finanziarie e tecnologiche. In rete, perché, scrive l’Istat, “il rischio di isolamento sociale può essere contrastato (…anche) dal retroterra culturale”.

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