Bene primario, prezioso e da preservare, l’acqua, in Italia, costa molto, vale altrettanto e se ne spreca troppa. Gestita come se fosse una proprietà privata, l’acqua (in bottiglia) viene svenduta per pochi millesimi di euro al litro a fronte di guadagni stratosferici per chi la gestisce. L’Italia è al secondo posto nel mondo (dietro al Messico) con il maggior numero di consumo pro capite di acque in bottiglia e in cui vengono imbottigliati oltre quattordici miliardi di litri all’anno e il primo stato in Europa con consumo a persona di circa duecentosei litri annui.

 

 

Con centoquaranta stabilimenti e oltre duecentosessanta marchi presenti, nel Belpaese, l’imbottigliamento di acque minerali è un vero e proprio business con un giro d’affari che oscilla tra i sette e i dieci miliardi di euro all’anno. Anche perché, secondo quanto si legge nel report Acque in bottiglia 2018. Un’anomalia tutta italiana, redatto da Legambiente, tutte le aziende che hanno una concessione per imbottigliare l’acqua possono contare su costi irrisori da corrispondere alle regioni.

 

Eppure, nove italiani su dieci preferiscono l’acqua in bottiglia rispetto a quella che scorre dai rubinetti: nonostante l’Italia sia ricca di acqua e anche di buona qualità, a fare da deterrente nella scelta degli italiani della penisola, l’inadeguatezza della rete idrica sulla quale si rileva una dispersione media di circa il 40 per cento per la ragione, non trascurabile, che il 60 per cento degli acquedotti è più vecchia di trent’anni e che su trecentomila chilometri di tubazioni almeno la metà risulta da riparare.

 

Presenze batteriche o sostanze chimiche oltre i limiti consentiti dalla legge influenzano la percezione dei cittadini sul tema; razionamento delle acque, non solo nei periodi estivi o di siccità, per contrastare la carenza d’acqua ne rendono (almeno percettivamente) difficile l’approvvigionamento.

 

Sarà per l’assoluta indispensabilità di questa risorsa ma sta di fatto che gli italiani sembrano sottovalutare l’impatto sull’ambiente del consumo di acque in bottiglia. Non fosse altro per la quantità di plastica (per le bottiglie, appunto) utilizzata per commercializzare l’acqua: ogni anno, in Italia, vengono usati tra i sette e gli otto miliardi di bottiglie composte per più del 90 per cento da plastiche prodotte con sostanze derivanti da materie fossili vergini. Di più: le bottiglie di acqua vengono trasportare su gomma (e un autotreno può immettere nell’aria anche mille e trecento chilogrammi di anidride carbonica ogni mille chilometri).

 

Se le abitudini degli italiani sono dure a morire, si auspica che con la sperimentazione, attuata dal ministero dell’Ambiente con il decreto numero 142 del luglio 2017, partita a febbraio scorso per una durata di dodici mesi e che prevede il sistema di vuoto a rendere per le bottiglie di plastica e di vetro, si riesca almeno a ridurre la produzione di imballaggi, con il recupero di quelli usati.

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