di Tania Careddu

Rivendicazione politica, spesse volte estrema, quasi totalmente appannaggio di probabili cracker battenti bandiera musulmana. E’ questo, nella maggior parte delle violazioni, il quadro ricorrente degli attacchi informatici in Italia. Di cui, il più delle volte, sono vittime i siti istituzionali, ben mille e centottantacinque; e, dal 2001 a oggi, ne risultano violti dodici mila di interesse regionale.

Toscana in testa, con mille e trecentocinquantasette homepage attaccate, Sicilia con novecentonovantatre, Lombardia con ottocentottantadue, ed Emilia Romagna con settecentottantuno a seguire. Dietro, Lazio, Sardegna, Veneto, Campania, Puglia e Umbria. In coda, Basilicata, Molise e Valle d’Aosta, sotto le duecento visite.

Sono, invece, duecentocinque gli attacchi che, negli ultimi quindici anni, hanno preso di mira i siti dei partiti e delle organizzazioni politiche italiani: primo in classifica, la Lega Nord con cinquantotto hackeraggi, il Movimento 5 Stelle con cinquantacinque attacchi e Forza Italia con cinquantuno. Meno attenzionati il Partito Democratico, Fratelli d’Italia e il Nuovo Centro Destra.

A firma musulmana, un attacco su due ha matrice politica con l’intento di manifestare una forte identità patriottica e, nei casi più estremi, anche di minacciare ritorsioni verso i paesi occidentali, oltreché di dimostrare la vulnerabilità del sito e rivendicare l’accessibilità per tutte le informazioni sensibili e non. Rimarcare che la sicurezza è un’illusione, attentata com’è dalla loro abilità, dalla libertà di navigare nello spazio telematico e dalla capacità di contrastare qualsiasi tentativo di limitazione.

Sulla base delle rilevazioni di Demoskopika, riportate nel dossier La mappa dell’hacking in Italia, la top list degli hacker è dichiaratamente musulmana: con centoquarantacinque violazioni l’albanese NofawkxAl, con centoventisette l’iraniano aHar4, con sessantasette il saudita RxR, con sessantaquattro il gruppo Abdellah Elmaghribi, con quaranta il tunisino Falloga Team, con trentasei il curdo MuhamadEmad, con trentacinque il gruppo marocchino Moroccan Islamic Union-Mail, con ventisette il sahariano LousSh, con venticinque ElKiller.

Tanto per avere conferma della matrice ideologica degli attacchi informatici, è dell’hacker Turk Hach Team, l’ultima violazione, in ordine di tempo, risalente al 18 gennaio scorso, ai danni del sito dello Sportello di informazione sociale della Città metropolitana di Torino: “In questo momento, in ogni parte del Medio Oriente, c’è spargimento di sangue. Quanto è doloroso vedere che è sangue musulmano a essere versato. Questo scenario non ha un posto nel libro sacro. Perché esiste l’ONU? Quale contributo dà alla pace nel mondo? L’unica cosa che fanno è servire un’agenda segreta. L’onore e la dignità dei musulmani stanno morendo. Per noi è importante guadagnare il consenso di Allah, non il consenso dei servi. Noi non abbiamo mai disperato della misericordia di Allah e non lo faremo”

Dello stesso tenore quello che ha violato un portale della Presidenza del Consiglio dei ministri, qualche giorno prima: “Siamo mussulmani e ne siamo orgogliosi. Il Corano è il nostro libro. Noi crediamo in Allah e lavoriamo per Allah. Morte a Israele, Palestina libera. Gerusalemme è nostra”.

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