di Fabrizio Casari

Abbiamo visto il peggio di cui siamo capaci nella manifestazione degli abitanti di Goro, paesello nella zona di Ferrara. Che si sono mobilitati, sono scesi in strada ed hanno alzato barricate per impedire che un piccolo gruppo di migranti, composto da 12 donne e 8 bambini, venissero allocati nel loro paesello. Guidati da Nicola Lodi, detto “Naomo”, leghista che definisce “diversamente bianchi” gli immigrati. Uomo dai gusti sopraffini, che indossa magliette eleganti con la scritta “a casa, a calci nel culo”. Insomma, un esponente della cultura della bassa.

Con la consueta premessa di non essere razzisti, che è la manifestazione verbale, quasi esantematica, proprio del razzismo, i prodi barricaderi contro gli ultimi hanno argomentato la loro protesta con una presunta inadeguatezza del paese ad accogliere chicchessia.

Nel caso specifico, persone in carne ed ossa, innocue ed innocenti di ogni colpa, divenuti nello spazio di ore erranti dall’orrore al nulla cosmico. I barricaderi, a favore di telecamere, hanno raccontato come non siano disponibili a soccorrere nessuno. Perché? Perché i loro sono “paesini puliti, non possono essere sporcati da nessuno”. In effetti, ci pensano loro a renderli sudici.

Giustamente la Diocesi ha definito l'adunanza “una notte ripugnante”. Perché non si tratta del dovere di adempiere alle disposizioni prefettizie in termini di accoglienza, non è questo il problema. Quando un’ordinanza lede i diritti di una comunità, ribellarsi è giusto, oltre che legittimo. Ma nel caso specifico riuscire a voltare le spalle a chi ha solo la disperazione come bagaglio, a una manciata di donne e bambini in cerca di rifugio, abbisogna di grande coraggio.

Quello che non si è avuto prima. Perché non si ricordano manifestazioni o lotte della popolazione di Goro per avere ciò di cui lamentano l’assenza: un centro sanitario in primo luogo, una stazione di carabinieri. Si sono invece affrettati a dichiarare che il pericolo veniva dal fatto che le donne, prima o poi, avrebbero portato i loro mariti. Allora, dicono, questi potrebbero insidiare la “civile convivenza” del paesello. Una sorta di riedizione ignorante del ratto delle Sabine? La paura di socializzare con qualcuno migliore di loro? E poi “la roba”, che è loro. Le tasse, che le pagano loro. Dimenticando magari i trasferimenti dello Stato centrale agli Enti Locali. Quelli li paghiamo tutti noi, anche per far esistere Goro e Gorino.

In quelle pseudo barricate cialtrone c’è soprattutto quello che non si dice. Nemmeno troppo malcelata, emerge una sorta di estetica del rifiuto. Oscena, perché riconosce il proprio potere solo nei confronti di chi non ne dispone. Perché decide di sfogare le sue frustrazioni verso chi soffre di ben altre privazioni. Cosìimputado agli ultimi alle colpe dei primi, sollevandosi loro, nel contempo, da ogni partecipazione e responsabilità.

Eppure siamo certi che, ove ce ne fosse bisogno, tutti noi correremmo in aiuto degli abitanti di questo paesello senza chiederci se possiamo o no. Per i migranti, fortunatamente, non c'è solo Goro. A Napoli si sono affrettati a scendere in piazza solo per apporre striscioni di benvenuto a chi sta peggio, molto peggio di loro. Lezioni meridionali di civiltà.

C’è ancora, da qualche parte, chi sa rendere grande una comunità, fornendo una lezione ad un grumo nauseabondo di abitanti egoisti e infinitamente più piccoli del loro piccolo paesello.

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