di Tania Careddu

Qual è il nesso tra servizi all’infanzia e accesso al lavoro retribuito delle donne? Se si considera che i servizi relativi alla prima infanzia comprendono tre filoni di politica pubblica - quelli rivolti alla prima infanzia, quelli relativi al lavoro cioè i congedi e quelli riferibili alle pari opportunità, ossia i trasferimenti monetari - e che il miglioramento di tali servizi è uno degli obiettivi prioritari dell’Impegno strategico per la parità di genere 2016-2019 della Commissione europea, il legame risiede nell’impatto positivo dell’adeguata copertura dei suddetti servizi sull’occupazione femminile.

Nel dettaglio delle voci, secondo quanto si legge nel rapporto Sulle spalle delle donne, redatto da Actionaid, basti pensare che laddove i servizi comunali per la prima infanzia presentano un tasso di presa in carico dei bambini fino ai tre anni più alto, anche quello dell’occupazione delle donne è più elevato.

Stessa ratio per i congedi parentali: in Italia, la fruizione di questa agevolazione da parte dei padri è molto limitata, pari al 12 per cento su un totale di quasi duecentottanta mila su tutto il territorio nazionale. Per le condizioni sfavorevoli che reggono la cura paterna le quali impediscono loro di scegliere di utilizzarla: il 38 per cento si sentirebbe incentivato se avesse un maggior sostegno finanziario e il 42 per cento si sente scoraggiato dalla scarsa copertura.

E cioè: la ridotta percentuale di salario, pari al 30 per cento, che viene riconosciuta durante il periodo di congedo induce il nucleo famigliare a valutare attentamente la scelta di avvalersene o meno ed, eventualmente, di tagliare il salario più basso (in genere, quello della donna).

Quanto ai trasferimenti monetari, la spesa pubblica complessiva destinata alle varie tipologie di assegni alle famiglie è stata, al pari del finanziamento pubblico degli asili nido, incrementata in modo più o meno costante dal 2004 al 2013 e il legislatore italiano non ha, finora, ritenuto necessaria l’introduzione di un trasferimento monetario di carattere universale, ossia svincolato da criteri legati al reddito o alla categoria lavorativa di appartenenza, al contrario di quanto avviene in altri Paesi dell’Unione europea (con due obiettivi: incentivare la natalità e contrastare la povertà infantile).

Per evitare inefficienze nella risposta ai bisogni delle famiglie bisognose sarebbe opportuno rivedere le modalità di erogazione di questi trasferimenti e valutare, piuttosto, un maggiore investimento, a oggi molto più basso di quello riservato ai trasferimenti monetari, per gli asili nido.

Il cui attuale livello di presa in carico dei bambini di età fra gli zero e i due anni è lontano dall’obiettivo Ue del 33 per cento, e prevedere, inoltre, politiche di promozione (vedi gli incentivi sui congedi parentali dei padri) dell’uguaglianza di genere in campo economico, in particolare nel lavoro di cura. Ché l’Italia è uno dei Paesi europei con la più ampia asimmetria tra donne e uomini per tempo dedicato al lavoro domestico.

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