di Antonio Rei

Più che per lo stakanovismo del direttore o per la pigrizia degli impiegati, il caso della reggia di Caserta dovrebbe destare scalpore per la superficialità con cui è stato trattato dall’informazione e per la retorica insulsa che ha generato. Dalla scorsa settimana, giornali e telegiornali non fanno che ripetere la notizia in questi termini: alcuni sindacati che rappresentano i lavoratori della reggia (Uil, Usb e Ugl), si sono lamentati del loro nuovo capo, Mauro Felicori, perché lavora troppo. Purtroppo, in pochissimi hanno perso tempo a cercare di capire cosa questa affermazione voglia dire.

In effetti, basta rifletterci pochi secondi per capire che non vuol dire niente. Per quanto paludati, anacronistici e mal gestiti possano essere certi sindacati, perché mai dovrebbero lamentarsi di un eccesso di lavoro da parte del direttore?  Se si prende la lettera originale dei sindacati, si scopre che è datata 22 febbraio, dunque ben 11 giorni prima dello scoppio dello scandalo. Ma soprattutto, si scopre che nel testo non si accusa Felicori di “lavorare troppo”.

Il documento è lungo tre pagine e il passaggio incriminato è alla seconda, dove si leggono queste due righe e mezzo: «Il Direttore permane nella struttura fino a tarda ora, senza che nessuno abbia comunicato e predisposto il servizio per tale permanenza. Tale comportamento mette a rischio l’intera struttura». I sindacati, perciò, non chiedono a Felicori di essere un po’ meno zelante, ma parlano della necessità di predisporre un servizio oltre l’orario di apertura (7-18,30) che permetta al direttore di svolgere il suo lavoro.

“Nessuna accusa a Felicori di lavorare troppo - ha detto Angelo Donia, che è stato sospeso dalla Uilpa in quanto firmatario del comunicato - anzi, c’è la preoccupazione di tutelarlo predisponendo il servizio di vigilanza anche negli orari in cui si intrattiene. Si è scatenata una battaglia mediatica contro i sindacalisti della Uil: sembra un’azione premeditata, organizzata a tavolino”. Felicori ha risposto in un’intervista a La Repubblica, assicurando che “non c'è alcun pericolo per il monumento. Nessuno fa straordinari perché io resto fino a tardi. La Reggia è vigilata 24 ore su 24, sempre”.

Ora, la questione è discutibile e non è affatto detto che i sindacati abbiano ragione. Il punto, però, un altro. L’intera vicenda è stata gonfiata come una mongolfiera con un ritardo quantomeno sospetto. Quegli 11 giorni intercorsi fra il comunicato e lo scoppio del polverone, evidentemente, non sono stati impiegati per approfondire, visto che la quasi totalità della stampa ha semplificato la storia nel titolo a effetto su Felicori-Stakanov e sui sindacati lavativi che se ne lamentano.

A chi è tornata utile la polemica? Com’è ovvio a Matteo Renzi, che si è immediatamente tuffato a pesce nella discussione per alimentare la sua crociata contro i sindacati (che rientra in una sua battaglia più generale contro tutti i corpi intermedi, colpevoli di ostacolare l’esercizio diretto del potere da parte del governo).

L’immancabile post del Premier su Facebook inizia così: «"Questo direttore lavora troppo. Così non va". Questo il grido d'allarme lanciato contro il nuovo direttore della Reggia di Caserta, Mauro Felicori. L'accusa sembra ridicola, in effetti lo è. I sindacati che si lamentano di Felicori, scelto dal governo con un bando internazionale, dovrebbero rendersi conto che il vento è cambiato. E la pacchia è finita!».

Da notare non c’è solo il virgolettato inventato di sana pianta - e collocato con sapienza giornalistica nell’attacco - ma anche il fatto che, naturalmente, Renzi si guarda bene dal ricordare che i due maggiori sindacati confederali d’Italia, Cgil e Cisl, non hanno firmato quel comunicato. Non poteva mancare invece la solita autoesaltazione infarcita di retorica da quattro soldi, quella del vento che cambia, della pagina che gira, dei gufi che rosicano.

E soprattutto è rimarchevole la considerazione che “la pacchia è finita”, perché la dice lunga sulla totale mancanza di rispetto che il Premier ha per il concetto stesso di rappresentanza. La considera inutile, fastidiosa, irritante. In molti casi, purtroppo, i rappresentanti dei lavoratori italiani fanno davvero poco per smentirlo. Eppure, come insegna la Costituzione che questo governo sta massacrando, fra i moltissimi peccati dei sindacati non c’è quello di esistere.

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