di Rosa Ana De Santis

Il tema delle unioni civili e’ in agenda da tempo. In agenda, ma non nel programma recita come in una litania il Ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi. Sa troppo di passato per un turbo governo che tiene a mostrare gli attributi della velocità e della freschezza giovanile e che sul testo Cirinnà é costretto alla liturgia della prima Repubblica, nel non avere tempi chiari da poter pubblicizzare agli elettori per l’approvazione dell’ atteso DDL.

Alla festa dell’IDV di Firenze la Ministra, invocando questioni di civiltà e diritto, dichiara possibilità di apertura verso altre forze politiche, qualora sulle Unioni Civili il Nuovo Centro Destra tradisse il patto di maggioranza. Ma Pier Ferdinando Casini da Palazzo Madama é già pronto a invocare il dogma della coscienza personale per sgombrare il campo dalle interpretazioni.

A ruota la replica di Alfano che annuncia barricate in aula per non far passare l’adozione di bambini da parte delle coppie gay. Per essere precisi e per non cadere nella solita confusione dei dibattiti politici televisivi si sta parlando della stepchild adoption, vale a dire della possibilità da parte di uno dei partner della coppia omosessuale di adottare i figli dell’altro o dell’altra. Una possibilità normativa finora inesistente, che consentirebbe di tutelare minori che ad oggi vivono già questa condizione senza però disporre di alcuna tutela legislativa.

E’ sempre sui temi etico-morali, quelli che non ammettono scantonamenti facili, che i governi posticci all’italiana mostrano le proprie crepe. E questo perché nel contesto socio-politico non si è ancora giunti ad una maturità e ad una coscienza critica che faccia della collettività e non del supremo valore di coscienza dei singoli, il lume della ragione politica.

La triade Boschi, Zanda (capogruppo PD) e Schifani (Ncd) é ferma e tutto quel che ha prodotto é un ennesimo slittamento sine die. Per la prima volta il premier Renzi a questa frenata, cosi omogenea al passato, decide di starci senza lanciare scomuniche politiche o rivendicare atti di forza e di rottura per dare modernità e slancio al nostro Paese.

Una novità che non sorprende. Una incoerenza di metodo che tradisce le corvee che Matteo Renzi deve onorare al mondo cattolico da cui viene e che fin li lo ha portato senza alcuna investitura elettorale. Una questione di numeri e di fatti contro cui poco può opporre la “retorica del fare”.

Il governo é anche arte di mediazione, certamente. Ma suona male e suona vecchia questa resa all’etica da un governo che si presenta come macchina della modernità. Dove il diritto e i diritti diventano finalmente il centro della politica.

E’ questo il bollino di civiltà che ci renderebbe moderni e pienamente europei. Cosi, tanto per ricordarci che é il Parlamento Europeo a chiederci di adeguare le nostre leggi. Di non lasciare vuoti normativi che pagano nella vita di ogni giorno cittadini di fatto discriminati.

Sarebbe interessante capire dal premier delle sfide e del coraggio quanto ancora, sui diritti civili, rimarremo in buona compagnia della Grecia, di Cipro e di alcuni paesi dell’Est Europa. Se insomma sia solo la riforma del Senato il paradigma della modernità.


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