di Rosa Ana De Santis

Ha poco più di diciotto anni l’abilissimo hacker dell’Istituto “Marzotto” di Valdagno (Vicenza) che è riuscito ad entrare nel sistema scolastico e a cambiare le pagelle grazie ad un programmino da lui ideato. Un geniaccio con un bel 10 (taroccato) in informatica, che forse ha poca voglia di studiare altre materie. I suoi stessi docenti raccontano di una genialità evidente, pare che il suo stesso professore d’informatica abbia dichiarato che il ragazzo ne sa quanto e più di lui. Non fosse ancora uno studente sembrerebbe una storia ben confezionata da un ufficio stampa.

Invece la storia è vera e l’epilogo un po’ beffardo della vicenda è che il giovanotto affronterà la giustizia, ma ha già trovato lavoro. La disponibilità a farsi carico delle spese legali e la successiva assunzione sono gli aspetti che compongono la proposta che gli è arrivata, ben confezionata, dalla Ceremit di Thiene, azienda di ingegneria che vende informatica e non legalità.

La storia, così divertente e a lieto fine, non è una novità. Moltissimi sono gli ex hacker che oggi siedono in tanti colossi del software: recentissimo il caso di Chiarlie Miller con Twitter e prima ancora la Microsoft con un quattordicenne irlandese che era riuscito a mostrare le falle di sicurezza della piattaforma xbox life.

E sono numerosi i casi di hacker che vìolano siti e banche dati online anche di strutture che fanno della sicurezza dei dati in loro possesso il loro core business. Frequentemente succede che coloro i quali s’introducono nei sistemi dimostrino infatti capacità almeno maggiori di quegli ingegneri informatici che quegli stessi sistemi avevano implementato. Da qui partono i due step successivi: il primo è stupirsi di come ha fatto, il secondo assumerlo perché non continui a farlo. Da ladri di casseforti ci si trasforma così in dipendenti trattati con i guanti bianchi.

Una strategia vincente, non c’è dubbio, per quelle aziende che sanno guardare lontano la cui vittoria si misura esclusivamente sul business. Quindi quale mossa migliore se non trasformare i nemici in amici? Un po’ diverso il caso vicentino in cui l’aggressione è ai danni della scuola e del merito riconosciuto e guadagnato sul campo davanti ai docenti e agli altri studenti.

Il giovane hacker sarà sicuramente abilissimo e intelligente, ma questo di per sé non vuol dire meritevole, altrimenti perché aumentarsi vertiginosamente i voti sulla scheda di valutazione? Evidentemente il merito certificato dalla scuola non era dei migliori.

La storia fortunata di questo studente è il racconto di come la furbizia paghi con mille complimenti e tanta ammirazione, s’intende. Sempre e soprattutto adesso. Adesso che il lavoro rimane un miraggio per tantissimi giovani e specialmente per i più meritevoli, gli studiosi, i volenterosi. Quelli che non hanno tempo di giocare al pc perché hanno mattoni da studiare. Quelli che la crisi non perdona e non assume. Quelli che la preparazione e l’istruzione danneggia perché la crisi ci vuole rapidi, scaltri e furbi. Con poco più di tre I nella testa.

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