di Silvia Mari

Il Comitato di bioetica lancia l’allarme per il boom incontrollato di operazioni di chirurgia plastica, scelte per ragioni di pura estetica. Il problema numero uno è rappresentato dalla scelta, poco consapevole, di ottenere misure esagerate e di rispondere a canoni di bellezza, spesso poco proporzionati alla propria fisicità e dettati dall’ideale maschilista-sessista imperante nel nostro paese. Labbra paralizzate dal silicone, seni esagerati, zigomi gonfi come pomelli e occhi felini sono la ricetta della felicità per moltissime donne, magari giovani e già carinissime, con l’unico scopo di eccitare il testosterone e non di perfezionare difetti o di migliorare relazioni sociali compromesse da tratti fisici non gradevoli. Questo è il modello vincente: a metà tra la velina e la pornostar.

Questo richiamo alla deontologia per la chirurgia estetica e ricostruttiva sarà al centro di un documento, di cui sono firmatari il vicepresidente vicario Lorenzo D'Avack, Laura Palazzani e Giancarlo Umani Ronchi. Lo stop netto è per gli interventi sugli adolescenti o i disabili, finalizzato alla “conformazione al principio di normalità”. Nella parte ricostruttiva si presta invece molta attenzione, per le ricadute psicologiche, ai trapianti di viso e arti.

Occorrerebbe a questo proposito che, parallelamente alle questioni bioetiche sollevate sulla chirurgia ricostruttiva, il Ministero della salute portasse a termine il censimento degli interventi di ricostruzione mammaria eseguiti nei nosocomi italiani. La frammentazione dei dati tra le diverse strutture e le Breast unit impedisce ad oggi - fatto gravissimo -  di possedere una mappa esaustiva e attendibile di tutti gli impianti e quindi anche di confrontare numeri e dati relativi a possibili complicazioni e ai follow up degli interventi.

Quel che è chiaro è che il bravo chirurgo plastico deve saper consigliare adeguatamente la paziente o il paziente che decidesse di “rifarsi” alcune parti del corpo, non soppiantando, per compiacere il desiderio e la parcella,  i principi di salute di un corpo e dell’equilibrio psico-fisico. Un seno esagerato su una donna molto magra può procurare problemi di postura, rifarsi il naso dopo i 45 anni (quando ormai la vita di relazione sociale e affettiva è stata più che affrontata) può non essere ben vissuta dopo che per più della metà della vita ci sé abituati a una certa immagine del proprio viso. La dissuasione di un bravo specialista dovrebbe anche esser quella di sensibilizzare al gusto e alla bellezza, che non è esattamente quella che molte donne si sono convinte sia.

Il miglioramento della propria immagine se è funzionale ad un maggiore equilibrio psico-emotivo ed allacciare relazioni sociali non penalizzate da difetti fisici evidenti può esser accettato anche a prescindere dal dogma della maggiore età. I dogmi della legge sono, ancora una volta, la tipica e incompleta risposta italiana alle trasformazioni sociali. Ad esempio, tenendo presente che una ragazza inizia la propria vita affettiva e sessuale ben prima dei 18 anni e che l’adolescenza è una fase durissima della crescita perché non autorizzare prima delle maggiore età un aumento del seno o una rinoplastica di fronte a difetti effettivamente penalizzanti?

Quello che conta è l’analisi delle motivazione, il dato fisico-oggettivo e l’adeguata consapevolezza della paziente. E’ questo l’esercizio di verifica che si chiede ad uno specialista, più che la verifica dei documenti.

In effetti è ben oltre la maggiore età la chirurgia plastica da pessime prove del proprio esercizio trasformando il corpo, specie delle donne, in un’opera di superamento estremo del limite. E se ognuno è libero di diventare ciò che desidera, la medicina ha il dovere preliminare di non dimenticare i propri doveri, almeno nell’obbligo della dissuasione e nell’arte del giusto consiglio.

La giovinezza esasperata e le dimensioni bombastiche sono le due prove di quanto sia necessaria un’operazione culturale per istruire le persone sul bello. Che non c’è dubbio, come insegnava Kant, risponde a canoni universali e oggettivi; ma che, proprio per questo, non può essere declinato per il gentil sesso (utenza principale della chirurgia estetica) ai soli dettami ormonali e non estetici dell’universo maschile.

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