di Rosa Ana De Santis

Le linee guida emerse nell’ultimo convegno programmatico dell’Agesci lanciano una condanna, solo in superficie edulcorata di tolleranza, sull’omosessualità. Sarebbe un problema serio avere capi scout omosessuali, non è da incoraggiare alcun “coming out” tra i ragazzi che mostrassero tendenze di questo tipo, ma piuttosto convocare con codice rosso genitori e psicologo. Perché no un esorcista, verrebbe da concludere.

Il manifesto del perfetto scout cattolico non poteva che essere in linea con la posizione ufficiale della Chiesa di Roma. Nessuno scandalo se l’educazione sessuale e l’identità di genere vedono nella funzione procreativa e quindi nell’eterosessualità l’unica legittima maniera di amarsi come Dio comanda.

Padre Francesco Compagnoni, docente di teologia morale all’Università S. Tommaso, intervenuto tra i relatori, riconosce all’omosessualità doti intrinseche di sensibilità e preziose attitudini artistiche (un ritratto che rasenta lo stereotipo più abusato), ma per quanto vada sostenuto il valore della tolleranza, questo non può restituire pari dignità morale a tutti i comportamenti.

Rimane quindi in serie B l’identità sessuale di chi non è etero ed e’ soprattutto sconsigliabile che siano omosessuali i capi scout che, per la funzione educativa e formativa che svolgono,  rappresentano un esempio a tutto tondo per i giovani lupetti. Poiché tutto il documento sgombra il campo da ogni confusione o sovrapposizione tra pedofilia e omosessualità, come giustamente è, non è ben chiaro quale sia il valore diseducativo dell’essere omosessuali se non la condizione in se stessa. Tutto cambia se il capo decide di tenere per sé la propria identità e non da mostra dei gusti sessuali. Una posizione a metà tra il comportamento ipocrita e l’ignoranza di credere che l’omosessuale sia una maschera folcloristica di vezzi femminili.

Tolleranza non è relativismo- recita il documento finale - e l’eguale dignità è delle persone non degli atti. Il parallelo, manco a dirlo, è con i criminali. Anche loro sono figli al cospetto di Dio. L’argomento non fa che riprendere la distinzione tra peccato e peccatore e tutta la potenza della misericordia di Dio che nell’enciclica Dives in Misericordia Giovanni Paolo II descrisse pensando proprio ai flagelli morali del disperato uomo contemporaneo.

Come metterla allora con tutti coloro che pur omosessuali volessero prendere i voti? E’ sufficiente la castità ad azzerare la peccaminosità del gusto sessuale considerato “deviato e non naturale”? Quindi è l’atto e non l’identità il vero imputato di tutto il ragionamento? Quindi è l’ipocrisia l’unico antidoto morale al male morale dell’anima?

All’Agesci va riconosciuta l’audacia, comunque preferibile al vuoto dell’omertà e della rimozione, di aver messo mano dentro le maglie complesse del rapporto con i giovani in una fase delicata della loro vita fisica ed affettiva. Sorprende però che non si parta dallo scandalo più grande che la Chiesa si porta dentro.

Quello dei preti molestatori, etero o omosessuali che siano  non importa. La sciagura delle molestie, degli abusi subiti nella vita del seminario. Tutte quelle devianze che quando non sono il frutto di autentiche personalità disturbate, sembrano piuttosto l’effetto collaterale di una vita affettiva e sessuale negata.

Un dogma davvero difficile da coniugare con il teorema della morale secondo natura. Non sarà che sono più coerenti i pastori protestanti? Dogma difficile soprattutto per chi non svolge una vita di contemplazione recluso in un luogo di preghiera, ma vive nel mondo.

Scegliere di parlare di omosessualità e non di pedofilia è il primo vero errore di questo decalogo dell’Agesci che più di altre organizzazioni cattoliche si confronta con il mondo giovanile. Sembra che ci sia troppa voglia di archiviare le nefandezze che proprio i più piccoli hanno pagato duramente annacquando i veri peccati con le sottili dissertazioni sull’identità di genere e quella sessuale.

E’ così ovvio riconoscere che la libertà di essere quello che si è non può fare del male a nessuno e l’unico atto colpevole è quello con cui si fa del male a qualcuno. Il gusto sessuale non si impone come un timbro sulla personalità, se è questo il grande tormento dei professori dell’Agesci, altrimenti da genitori etero non potrebbero nascere mai figli omosessuali.

Per mutuare il ragionamento teologico al fondo di tutto il teorema antiomosessualità possiamo dire che per gli  abusi e le violenze non c’è dignità morale. E forse non c’è nemmeno  per le persone, o almeno sembra impossibile vederla  se non si hanno gli occhi di quel famoso Dio della misericordia.

 

 

 

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