di Alessandro Iacuelli

Succede in Campania, dove la presenza mafiosa si fa di mese in mese sempre più pesante. La direzione del quotidiano Metropolis ha denunciato un grave atto di intimidazione, dopo la pubblicazione di un articolo in cui si parlava del matrimonio e del pentimento di Salvatore Belviso, esponente del clan D'Alessandro. Alcune persone hanno fatto il giro delle edicole, strappando le locandine e intimando ai giornalai di non vendere Metropolis.

Un grave atto d’intimidazione, quello denunciato dalla direzione del quotidiano, diffuso nelle province di Napoli e Salerno. L'edizione del primo ottobre, infatti, riportava in prima pagina la notizia delle nozze in carcere di Belviso, definendolo "pentito". Intorno alle 6.30 del mattino, con la tiratura ancora fresca di stampa, secondo quanto riferito, alcuni familiari di Belviso si sono recati presso la sede della redazione, chiedendo senza mezzi termini, e non certo "per cortesia", di ritirare il giornale dalle edicole e di bloccare la messa in onda della prima pagina dell'edizione Sud nel corso della rassegna stampa del mattino di Metropolis Tv.

A recarsi presso la redazione sono stati due uomini e una donna, con intenzioni non proprio pacifiche. Salvatore Belviso, imputato nel processo per l'omicidio del consigliere comunale di Castellammare di Stabia del Pd, Gino Tommasino, crivellato di proiettili dai sicari della camorra un paio di anni fa, ha deciso di sposare in carcere una giovane di Castellammare. I famigliari di Belviso non hanno gradito la rivelazione di Metropolis, riguardo al presunto pentimento di Belviso, imparentato con lo storico e potente clan D'Alessandro, ancora attivo a Castellammare di Stabia.

Al raid, fatto solo di minacce verbali avrebbe partecipato una sorella di Belviso. I tre nonostante l'ora mattutina hanno intercettato alcuni giornalisti di Metropolis che si stavano organizzando per il lavoro quotidiano, e altri che stavano compiendo la rassegna stampa attraverso la loro televisione, Metropolis Tv. Immediatamente, i redattori hanno contattato telefonicamente il direttore Del Gaudio che si è sentito al telefono con gli emissari della famiglia Belviso.

All'agenzia Adnkronos Del Gaudio ha detto: "Non è la prima volta che ci accade di subire minacce. Noi facciamo il nostro lavoro. Raccontiamo i fatti e continueremo a farlo. Subire minacce non é piacevole ma noi continueremo a fare il nostro dovere di informare la popolazione vesuviana". Gli emissari della famiglia Belviso hanno chiesto con le minacce di sospendere la rassegna stampa e di ritirare tutte le copie del giornale dalle 28 edicole di Castellammare di Stabia.

Al rifiuto opposto dalla redazione, un certo numero di persone, non ancora valutato in piano, ha visitato tutte le edicole della città, strappando le locandine affisse ai chioschetti e imponendo dietro minacce agli edicolanti di non vendere Metropolis. Il direttore Del Gaudio ha poi raccontato il gravissimo episodio avvenuto ai carabinieri.

Probabilmente a non essere gradita è stata sia la notizia del matrimonio in carcere che, soprattutto, quella del pentimento di Belviso. Gli episodi d’intimidazione sono stati denunciati dal direttore responsabile Giuseppe Del Gaudio ai carabinieri del comando di Torre Annunziata, che sul caso hanno aperto un'inchiesta. "E' un episodio gravissimo", dichiara Del Gaudio, "è una vera e propria intimidazione che mira a limitare la libertà di stampa. Questo gesto non fermerà il nostro lavoro di cronisti che hanno sempre raccontato i fatti del nostro territorio".

L'edizione del 2 ottobre di Metropolis, sia cartacea sia web, riporta in prima pagina il racconto dell'initimidazione avvenuta. Nell'articolo viene riportato che "sin dalle prime ore del mattino il giornale non è stato venduto in tutte le edicole della città di Castellammare". A preoccupare è che l'azione intimidatoria sia stata diretta nei confronti di un giornale quotidiano, il che rappresenta un grave pericolo: quello d’ingerenze nella libertà di raccontare quel che avviene in Campania, il sogno di sempre di ogni clan, quello di poter operare nell'invisibilità e nel silenzio imposto con la forza.

E' il segno tangibile della forza che ancora esprime il clan D'Alessandro nella città campana, il segno di una capacità di intimidazione, da sempre caratterizzata dal passare dalle parole ai fatti. Stavolta questa forza è stata usata nei confronti degli edicolanti, due anni fa fu usata nei confronti di un consigliere comunale, assassinato in pieno centro, e la prossima volta?

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