di Maurizio Coletti

Dunque, il tema della droga non è inserito nelle priorità dei 100 giorni del Governo Prodi.
Così sembra dalle prime note rese pubbliche solo qualche giorno fa.
La delega al settore è stata assegnata a Paolo Ferrero, titolare del nuovo dicastero della Solidarietà Sociale. A parte qualche dichiarazione iniziale nelle quali Ferrero riprendeva il programma dell'Unione, non risulta alcuna iniziativa concreta e pubblica.
Il tema della Fini-Giovanardi non è stato citato nemmeno nella lista delle riforme da fare.
Questo può essere preoccupante, anche perché la maggioranza è stata battuta sul filo di lana dall'opposizione. Gli ex ministri del governo Berlusconi, Gasparri e Giovanardi hanno fatto recapitare nella casella postale di tutti i deputati il modello di adesione all'intergruppo per "La liberta' dalla droga" che si propone di portare avanti la battaglia contro l'uso degli stupefacenti e contro l'abrograzione della legge voluta dal centrodestra (fonte Aduc) e, immediatamente, Donatella Porretti, novella deputata della Rosa nel Pugno, ha aderito.
A parte la crepa nella maggioranza (ed il crepaccio del gruppo socialista-radicale: che ne pensa Capezzone?), si ha la sensazione che la questione non interessi più di tanto. Meglio appassionarsi ai Pacs ed ipotizzare una "zapaterizzazione" dell'azione di governo? Nel frattempo, passati i fumi e le sbornie pre e post elettorali, l'arcipelago che si è impegnato allo stremo per contrastare la legge infame, si sta riorganizzando. Il cartello "Non incarcerate il nostro crescere" ha in programma una serie di riunioni tra breve. Forum Droghe ed il Cartello "Dal penale al sociale" hanno indetto un'Assemblea aperta per la metà di Giugno.
Senza dubbio, ci si appresta a chiedere con forza il rispetto di quei timidi e sussurrati impegni che sono stati presi sia appena dopo la scandalosa vicenda dell'approvazione della legge, sia in fase di campagna elettorale. Il cartello "Non incarcerate" ha dichiarato da tempo che che si vuole continuare a proporre come soggetto politico, senza delegare nulla a nessuno.
Ferrero, la Turco, la Bindi ed altri hanno seguito le vicende del Cartello ed hanno dichiarato di condividerne le posizioni; l'ultima occasione per dichiarare le posizioni è stata rappresentata dalla controconferenza organizzata in opposizione alla conferenza del Governo Berlusconi a Palermo. Dopo lo scandaloso iter parlamentare, si è aggiunto qualche riga al programma dell'Unione ed è su queste che si vorrebbe un impegno chiaro e non rinviato.
Nel frattempo, anche l'ultimo passaggio formale della legge è passato e l'impianto è definitivamente in vigore.
Si attendono le prime sentenze, mentre le forze di polizia si esercitano nell'applicazione delle norme arrestando ed incarcerando qualcheduno in possesso di hashish.. Scandalo, proteste ed i soggetti arrestati riguadagnano la libertà. Giovanardi Facciatosta afferma che la sua legge ha permesso proprio questo risultato e non è responsabile del cambiamento molto netto di atteggiamento e di azioni di repressione.

Non si ripeterà mai abbastanza che esistono due diverse fasce di misure punitive nella legge attuale. La prima, quella più eclatante, prevede carcere duro ed il combinato con la ex Cirielli aggrava la punizione per coloro che reiterano il reato. La seconda, se si resta al di sotto delle mitiche tabelle, non è certo da poco: ritiro del passaporto, obbligo di residenza, arresti domiciliari e qualche altra cosetta. I promotori l'avevano detto chiaro: non è consentito a nessuno il consumo. Chi è trovato in possesso di sostanze, va punito; più duramente se la quantità passa il limite, ma va comunque punito chi viene trovato in possesso di sostanze stupefacenti.
C'è chi ha provato ad ipotizzare una strategia, un cammino per spazzare via queste schifezze. Pare che non sia facile: un decreto lascerebbe vuoti di legge ed avrebbe la controindicazione di dover essere reiteratamente approvato dalle camere (al Senato, con brivido). Meglio sarebbe una proposta di legge che scardinasse l'impianto, forse con una delega al Governo per il riordino del settore. La Ministro della Salute sta per essere investita di un altro tentativo: quello di rivedere le tabelle e, nel frattempo, dichiararle non attive.

Un'altro passaggio sta nelle mani delle Regioni: di fronte agli articoli che definiscono alcune novità nel campo delle prestazioni (certificazione di tossicodipendenza possibile anche per le strutture private ed accesso diretto alle stesse senza passare dai servizi pubblici), Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Umbria, Toscana e Lazio hanno presentato un ricorso di merito alla Corte Costituzionale.
Il punto di partenza è che, con la legge, si viene a cancellare un'importante funzione delle Amministrazioni regionali in materia di organizzazione dei Servizi sociali e sanitari. Le Regioni si trovano prive del potere di accreditamento delle strutture private in quanto la legge detta le norme. Non solo, ma esse si troverebbero a pagare a piè di lista per prestazioni decise in tutta autonomia dalle stesse strutture private, senza alcuna possibilità di controllo e di programmazione.
Si presume che la Corte possa assumere una decisione entro la fine dell'anno. Ovviamente, il ricorso cancellerebbe (sono fondate le speranze) solo la parte oggetto del ricorso, non tutta la legge.
Il movimento ha espresso idee chiare: depenalizzazione chiara e precisa del consumo e del possesso, armonizzazione delle misure con le altre leggi, riappropriazione di un potere di giudizio ai magistrati sulla quantità modica (cioé, su quando si passa al reato di spaccio), avvio di una serie di misure (onerose, è ovvio) per sostenere le azioni di riduzione del danno su tutto il territorio nazionale, per avviare ricerche, sperimentazione, valutazioni. E, poi, sostegno allo sforzo di integrazione tra servizi pubblici ed enti di privato sociale, superamento delle condizioni di sofferenza estrtema in cui versano troppi centri di trattamento: dal personale alle rette che vengono calcolate dalle Regioni in maniera del tutto insufficiente (si va dai 25 ai 45 €; in psichiatria, la retta di una Comunità terapeutica è, di media, superiore ad € 150 al giorno) ed erogate con ritardi che sfiorano anche i due/tre anni.
Tutto e subito? Non è certo ragionevole, nè richiesto e neppure atteso.
Di più, gli attori in campo hanno intenzione di pungolare le regioni perché facciano meglio e più sollecitamente il loro dovere.
Ma qualche segnale bisognerebbe darlo. Ad esempio: Andrea Muccioli chiede che il Ministro Ferrero vada a confrontarsi subito con lui ed i suoi "ragazzi" a San Patrignano; ancora una volta, vuole arrivare primo ed imporre le sue regole, così come fece immediatamente con il Governo Berlusconi.
Suggeriamo sommessamente a Ferrero di partire, invece, da un piccolo Servizio Pubblico; magari, uno di quelli che soffrono per la carenza di personale, di budget, di sedi.
E di proseguire visitando una piccola Comunità Terapeutica; magari una di quelle che soffre per i ritardi nei pagamenti da parte delle Asl e che si arrabatta nel cercare un raccordo solido con i SerT a livello territoriale.
È da lì che deve ripartire un ragionamento su un rinnovato modello di intervento.
San Patrignano, nel frattempo, potrebbe confrontarsi (non è mai troppo tardi) con la sfida che la comunità delle Società Scientifiche del settore gli ha lanciato più di un anno fa, quando vennero resi pubblici i risultati di una ricerca che, si disse, mostrava che più del 70% dei suoi residenti usciva dalla droga definitivamente. Il libro pubblicato successivamente all'apoteosico annuncio mostrava dati differenti, ma Muccioli non ha mai smentito, né corretto la balla che ha lanciato agli organi di stampa.

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