di Rosa Ana De Santis

Al termine della partita di domenica Mario Balotelli non ha risparmiato parole dure contro i tifosi veronesi. Davanti alle telecamere, super Mario, il fuoriclasse dell’Inter che sembra destinato a scatenare continue polemiche, non ha quasi voglia di parlare del goal che ha reso la sua squadra “campione d’inverno”. “Il pubblico di Verona mi fa sempre più schifo”. Lo dice così, in modo semplice e diretto, con il volto carico di chi è stato sommerso di fischi e insulti per tutti i 90 minuti di gioco. Non è la prima volta che accade con Balotelli. Colpa secondo alcuni, come il CT della Nazionale Lippi ha sostenuto più volte, soltanto del carattere arrogante e spavaldo che lo contraddistingue e di un comportamento scomposto e indisciplinato sul campo.

E’ davvero difficile spiegare in questo modo i cori razzisti delle tifoserie, soprattutto quando l’insulto esce fuori dal campo di calcio e sorprende Mario Balotelli per le strade di Roma, dove quest’estate era in ritiro con l’Under 21. Episodio grave che proprio quello stesso ragazzino immaturo e attaccabrighe non ha voluto denunciare. Le tifoserie, con la benedizione di tanta ipocrisia del calcio italiano, rivendicano le ragioni di una persecuzione verbale che non ha a che vedere con il colore della pelle, ma con il giocatore.

Eppure gli dicono sporco negro. Non una parolaccia come tante altre. Eppure gli tirano banane e lo chiamano scimmia. Le parole, tutte, anche quelle dell’insulto e dell’offesa, non sono mai neutre e denotano sempre l’anima e le viscere di una cultura, di un umore collettivo, di un costume sociale. Lo stesso, per intenderci, per cui a una donna, una certa cultura machista nostrana preferisce dare della puttana o della gallina che non della stronza.

Ma perché Balotelli è diventato il bersaglio preferito dei vandali, dei teppisti e dei neofascisti infiltrati nelle tifoserie di tante squadre? Perchè lui e non altri calciatori che come lui hanno la pelle nera? Per Mario non vale il furore ragionato e condiviso cavalcato dalla politica di destra che investe gli stranieri in Italia, quelli anonimi dei barconi, quelli diventati famosi come l’albanese Kledi, quelli dei rotocalchi con il visto scaduto come la bellissima Belen. Balotelli è italiano.

Nasce a Palermo da immigrati ghanesi e viene affidato dal Tribunale dei Minori alla famiglia Balotelli di Concesio. A 18 anni, come previsto dalla legge, diventa cittadino italiano. Ma non basta. Non è lo status giuridico di un diritto acquisito a renderlo italiano, ma un sentimento di appartenenza che rivendica e ribadisce ad ogni occasione utile. “Sono italiano, mi sento italiano, giocherò sempre con la Nazionale italiana”. Sarà proprio questo a dare fastidio? Che un negro, nerissimo come il Ghana che gli scorre nelle vene, si senta italiano come lo sono - purtroppo - quelli degli spalti?

Basterebbe questo a rendere evidente che dietro al comodo pretesto del carattere difficile c’è un giovanissimo campione scomodo che toglie spazio ai vip del calcio; che la spavalderia, giustamente redarguita più volte dallo stesso allenatore dell’Inter, nulla spiega dell’insulto razzista. Cosa distingue, ad esempio, Balotelli da un calciatore italiano come Cassano duramente penalizzato anche lui dal proprio comportamento arrogante e spavaldo? Uno dei due ha la pelle nera. Ed è proprio questo ciò su cui si accaniscono i cori degli stadi. Cos’é se non questa l’aggravante del razzismo e della discriminazione?

Il sindaco Tosi ha replicato alle parole di Balotelli profetizzando che non sarà mai un grande campione. “Un immaturo e un presuntuoso”, lo definisce così. Una raffinata forse anche legittima lezioncina sul caratterino di un ventenne di successo che fa sorridere rispetto al panorama che offrono i nostri stadi ogni domenica e di cui sarebbe il caso di occuparsi più seriamente e non solo nelle trasmissioni di calcio.

Lo sfogo fuori misura di tantissimi giovani ossessionati di “pallone”, spettri di un passato resuscitato, pericolosi proprio per tutto quello che la loro vita non ha più. Un progetto da realizzare, un sogno da costruire. Lo stadio come l’arena dei romani. Il volto peggiore della nostra gioventù o giovinezza, come amavano chiamarla non molti anni fa. Una violenza che dimostra di saper solo impazzire ancora di più se un ragazzo con la pelle nera, talentuoso, di successo, coperto di soldi e di donne, né umile, né remissivo come un vago senso di colpa dovrebbe spingerlo ad essere, osa dire di essere e sentirsi “italiano”.

Il sindaco di Verona farebbe bene ad occuparsi sul serio della sua città che in quello stadio ha gridato “Non ci sono negri italiani!”. E’ questo il coro che nessuno racconta mai fino in fondo. Ed è questo lo scomodo caso di Mario Balotelli. Non un negro e basta. Non il solito razzismo delle periferie invase dagli stranieri. E’ un negro ed è italiano. Da qui l’odio per il sangue e il colore della pelle. Il razzismo vero, quello dei bianchi. Quello che tutti fanno a gara a non vedere e che si affannano con veemenza a negare.


 

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