di Ilvio Pannullo

Il nuovo testo sulla regolamentazione delle telecomunicazioni sta prendendo vita in questi giorni nelle stanze segrete di quelle che vengono definite, impropriamente, “istituzioni europee”. Tra emendamenti e votazioni, dibattiti ed aggiustamenti, diversi soggetti, tutti privi di una reale e diretta attribuzione di sovranità da parte dei popoli sovrani di Europa, si apprestano a ridefinire un nuovo concetto di rete. La rete dei padroni. Nonostante il testo non sia stato ancora votato dal Parlamento e non abbia ancora, quindi, forza vincolante nei confronti degli stati membri, è certo che quelli che ora sembrano punti fermi - osservano infatti già in molti - potrebbero irreggimentare la rete, trasformarla in un servizio controllato dall'industria dei contenuti, privandola così della sua neutralità. Dopo la radio e la televisione è ora la rete ad essere entrata nel mirino di quanti, in questo mondo globalizzato, sognano di governare i propri affari riempiendo dei giusti contenuti la vita della maggioranza più uno delle libere popolazioni europee. Ma andiamo con ordine. Nel novembre 2007 la Commissione presentò alcune proposte di riforma della normativa sulle telecomunicazioni dell’Unione Europea, intese a creare un mercato unico delle telecomunicazioni che consentisse di migliorare i diritti dei consumatori e delle imprese e di aumentare la concorrenza e gli investimenti, oltre a promuovere la prestazione di servizi transfrontalieri e la banda larga senza filo ad alta velocità per tutti.

I nuovi testi presentati il 7 novembre 2008 dalla Commissione furono discussi nel quadro del Consiglio dei ministri delle telecomunicazioni. Al centro dei testi, frutto del compromesso, si trovava un nuovo, piccolo ufficio indipendente per i regolatori europei delle telecomunicazioni che avrebbe dovuto aiutare la Commissione a garantire una maggiore coerenza delle misure regolamentari. Nuovo quadro di regolamentazione che dovrebbe diventare legge in tutti i 27 Stati membri dell’UE entro il 2010 e che proprio in questi giorni è in via di definizione.

Così, uomini e donne che - è bene ricordare - non sono mai stati eletti dal alcun cittadino europeo, ma semplicemente nominati dai rispettivi governi, si sono riuniti nei giorni scorsi per affinare il testo delle disposizioni e per prepararle ad essere messe al voto. Alla Commissione Mercato Interno (IMCO) sono stati sottoposti testi ed emendamenti: la IMCO, nell'intervenire sulla Direttiva Servizi Universali, sembra essersi espressa a favore di una rete alla mercé dei provider. Come infatti già sottolineato da Gaia Bottà di Punto Informatico, ha dominato la linea tracciata dal rapporto stilato da Malcom Harbour, relatore che, nella propria attività in Europa, sembrerebbe mostrarsi sensibile alle istanze dell'industria dei contenuti.

La Commissione ha infatti del tutto evitato la possibilità di prendere in considerazione certi emendamenti che avrebbero garantito tutele al cittadino in linea con quanto approvato nel rapporto Lambrinidis. Quello che ne esce è un potere discrezionale di filtraggio in capo agli ISP, che si troverebbero in una posizione privilegiata per avvantaggiarsi o per stringere alleanze strategiche con i detentori dei diritti, denuncia ad esempio il candidato svedese all'europarlamento Erik Josefsson, veicolando così contenuti e servizi attraverso corsie preferenziali e corsie discriminate.

Dal testo del progetto di legge, così come emendato, sarà infatti possibile disconnettere l’utente dalla Rete anche sulla base di semplici indizi, raccolti da società private senza autorizzazione della magistratura, che facciano sospettare la condivisione di contenuti protetti da copyright. Il fornitore di accesso Internet sarà obbligato a collaborare con le società private per fornire i dati degli utenti e sarà costretto a procedere alla sospensione del servizio. Il tutto senza diritto né alla difesa né ad un equo processo. In Europa - si sa - nonostante l’espressa previsione nel nostro, così come in altri testi costituzionali, davanti agli interessi privati non si guarda in faccia a nessuno. Purtroppo, però, non è finita qui. Il fornitore di accesso alla rete sarà libero di filtrare contenuti, servizi e applicazioni a piacimento.

Per fare solo un esempio fra i tanti possibili, diventerà lecito e legale bloccare Skype al fine di promuovere e costringere l’utente ad acquistare un servizio VoIP a pagamento. Il fornitore potrà applicare “differenziazioni di tariffe”, e far pagare abbonamenti aggiuntivi per applicazioni e protocolli specifici, ad esempio per e-mail, FTP, newsgroups, chat, oppure il democraticissimo peer-to-peer; potrà inoltre liberamente decidere a quali siti web potrai accedere senza limitazioni, a quali potrai accedere con de-prioritizzazione del traffico (quindi con rallentamento nello scambio dati) e a quali non potrai accedere affatto. Qualsiasi società privata, per generici scopi di sicurezza di rete, potrà intercettare, memorizzare a tempo indefinito, leggere e analizzare, tutti i dati che invii e che ricevi sulla Rete senza autorizzazione di alcun organismo governativo, inclusa la magistratura (!).

Descrivere questa oscenità come progetto di legge può essere dunque fuorviante. Si tratta infatti del peggior attacco alla libertà personale, al diritto di espressione, al diritto alla difesa ed alla riservatezza delle comunicazione che si ricordi a memoria d’uomo. Nemmeno Hitler e Stalin erano mai arrivati a concepire un simile abominio giuridico. Gli illuminati tecnocrati europei hanno battuto i mefistofelici sanguinari dittatori uno a zero.

Quando gli emendamenti, tra tutti i numeri 110 e 138, che avrebbero dovuto fare da presidio dei diritti del netizen vengono fatti oggetto di stralci, re-introduzioni e di nuovo stralci e travisamenti, poche sono le speranze di vedere approvato un testo equilibrato. Quando, nella civilissima Europa, trovano una strenua opposizione emendamenti che prevedevano, rispettivamente, il primo che i provider non fossero coinvolti nel controllo di ciò che i cittadini avessero fatto della connettività, se non sotto l'ordine dell'autorità giudiziaria e, il secondo, che avrebbe dovuto impedire che calassero ghigliottine deterrenti e punitive sulle connessioni, sul diritto del cittadino a informarsi e ad esprimersi, l’attenzione degli interessati dovrebbe farsi massima.

Il voto finale al Pacchetto Telecom è previsto per il 5 maggio. I cittadini della rete hanno già organizzato la resistenza. Sulla rete si sa: una volta davanti al computer siamo tutti veramente uguali e liberi di apprendere. Troppo per un’Europa invisa ai popoli e decantata dai banchieri.


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