di Rosa Ana De Santis


Nel corso degli anni e attraverso la clessidra degli ultimi mesi di Eluana abbiamo imparato a conoscerlo. Rigoroso e armato di una lucidità tutta ragione, mai svuotata dal cuore della paternità, sempre vigile, come una sentinella al centro della notte. Disposto al carico delle proteste selvagge pur di dare sepoltura e testamento alla sua unica figlia, sopravvissuta per incidente clinico alla morte definitiva. Un letto diventato una bara. Un corpo inerme nelle mani delle suore. E ora che tutto è finito, Beppino presenterà querela contro chi lo ha chiamato assassino, Vaticano compreso, a partire dal cardinale Lozano Barragan che dichiarando la sua personale simpatia per il padre di Eluana ha pensato di poter parlare senza remore di “assassinio”. Questo ha anticipato papà Englaro nel corso di un’intervista al Corriere della Sera. I suoi legali stanno lavorando per studiare il modo di procedere. Nel frattempo, come annunciato, sta per nascere l’associazione Per Eluana. La bagarre sul testamento biologico è l’orizzonte dei lavori e l’associazione si candiderà a raccogliere le firme per un eventuale referendum qualora la legge dovesse diventare quello che sembra: un modo per impedire ai cittadini di scegliere. Per escludere alimentazione e idratazione dal DAT (dichiarazione anticipata di trattamento), per rendere intollerabile e appesantito da una burocrazia esagerata il testamento sulle proprie ultime volontà.

Beppino è un socialista vecchia maniera, uno che ha ben presente il valore irrinunciabile della libertà personale nello stato di diritto. Libertà sua e di chi ha opinioni esattamente contrarie alle sue. Un discepolo diligente dell’etica liberale, fino al midollo. Quello che faticano a comprendere gli ortodossi di certo socialismo scientifico. Un cittadino che trova il coraggio di dire quello che a chiunque, in questo strettissimo paese, sembrerebbe eccessivo. Ci dice che non gli mancano le carezze e i baci invisibili dati ad Eluana in questi anni. Ci dice che nonostante lo sconvolgimento di vederla morta il 9 febbraio scorso, quel giorno è cessato il tormento. E racconta della rabbia. Racconta dell’impeto quasi impossibile da trattenere per dover guardare impotente sua figlia ridotta in quel modo, ostaggio delle mani altrui senza riscatto. La voglia di spaccare ogni cosa per troppo dolore, di osservare impotente la propria “creatura, vittima di violenza inaudita”. Usa proprio questi termini. E in queste parole c’è tutto quello che noi non abbiamo visto e saputo di questi lunghissimi 17 anni. Quello che è stato supposto dall’opinione pubblica attraverso pareri medici, quello che è stato raccontato dai giornalisti, quello che ha dichiarato ricorrendo a deliri infondati il Presidente del Consiglio Berlusconi. Quello che Beppino ha raccontato anche nelle pieghe di una difficile vicenda giudiziaria, tra legge e vuoto della legge. Tra politica ufficiale e scontro di bandiere. Tra preti e piazze. Con un ostinazione produttiva che ha iniziato a rosicchiare dal basso il monolite del vuoto politico italiano sulla questione della fine della vita.

Beppino è stato testimone, garante, fiduciario di sua figlia e delle sue volontà, cittadino disposto a leggere nella sua vicenda privata il respiro di una vicenda pubblica, pagandone tutte le complicazioni. Beppino è “soltanto” un padre corazzato di eccezionale forza d’animo e un cittadino che nelle sue argomentazioni sa dosare il peso delle ragioni e delle prove, senza accettare il compromesso di mitigare il disaccordo o di adescare le opinioni con l’astuzia della retorica. Fossero pure sacrosante lacrime, lui non le userà. Così come non ha esposto il viso dell’ultima Eluana, con un raffinato sdegno intellettuale per ogni scorciatoia. Anche quella che chiunque avrebbe compreso e che avrebbe convertito i più integralisti.

L’avvocato Massimiliano Campeis chiarisce che l’azione avrà lo stile della civil action americana e il risarcimento chiesto contro quanti hanno diffamato la famiglia Englaro e l’anestesista De Monte andrà tutto all’associazione che sta per nascere. Saranno esaminati in questa azione giudiziaria tutti gli esposti e le diffamazioni, anche quelle web coperte da nickname. Sono partite le prime diffide preventive e lo scontro ha già assunto i contorni di una autentica resa dei conti. Per una volta la fanfara delle etichette suggestive con cui si è pensato fino all’ultimo di poter bloccare l’azione di Beppino Englaro viene misurata nella sua gravità, senza indulgenza. Il che rende tutto di maggior valore pensando a quanto peso abbiano nell’opinione pubblica italiana i confezionamenti stucchevoli di tutto ciò che sembra troppo audace per la coscienza morale del belpaese.

La risposta di Beppino è coerente con il profilo di tutte le sue azioni. Chiara, ferma, quasi imperturbabile alla violenza delle reazioni. Il 9 febbraio fu la volta del prof. Carlo Taormina con una querela per omicidio premeditato ai danni del padre e dei medici che hanno assistito Eluana. Parlò di un caso di “barbaro omicidio, attentato contro la vita” che- per usare le sue stesse parole “deve essere colpito e castigato". La violenza che ha portato a descriverlo boia e assassino è quella che ha costretto Beppino Englaro, nel corso dell’intervista rilasciata a Fazio a Che tempo che fa, a riconoscere l’Italia come un paese che ha smarrito il minimo contegno di civiltà.

E’ strano questo padre che combatte per restituire totalmente la sua creatura alla morte completa e definitiva. E’ strano un padre cui non mancano i baci e le carezze degli ultimi 17 anni. E’ strana questa figlia che voleva morire una volta sola. Strano che solo lui ricordasse che Eluana era morta nel 1992. Troppo strano perché la Chiesa potesse, se non rivedere le sue posizioni ufficiali, almeno risparmiarsi l’aggressione degli epiteti e la severità della condanna. Per una volta potevamo sperare che la compassione ci salvaguardasse dall’anatema e dalla pantomima dell’acqua e del pane sotto le finestre della clinica La Quiete. Ma così non è stato.

E invece non è strano che a mancare di questa comprensione del limite siano stati primi e più scatenati proprio i discepoli dello scandalo più grande. Loro che raccontano a catechismo di quella vecchia storia del Testamento di quando Dio chiese ad Abramo di sacrificare su un altare il suo unico figlio Isacco e lo fermò solo quando era sicuro che Abramo lo avrebbe fatto davvero, senza nemmeno un motivo. E poi ancora nel Vangelo la storia sacra della croce del Golgota dove un Padre misericordioso ha inchiodato un figlio innocente senza concedere grazia pur potendo. Arrivano a spiegare questo persino. La prima un’allegoria, la seconda la verità della fede.

Così insegna il magistero della Chiesa: un paradosso comprensibile solo per atto di fede con- a seguire- l’esaltazione di un’ etica votata al dolore estremo.
La storia di Beppino è invece soltanto quella di un padre umano, troppo umano- direbbe Nietzche. Ogni sentimento e ogni azione è in trasparenza. Nulla rimanda al cielo e tutto poggia al centro del petto, in pieno cuore. Tutta la scelta è affidata alla ragione e alla sensibilità di un’indagine di umana comprensione, anche per chi non la volesse condividere. Eppure non torna, dice la Chiesa. Eppure è barbaro omicidio. Solo perché, viene da aggiungere, non è stata commessa la più orribile delle azioni umane in nome di Dio.

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