di Mariavittoria Orsolato

Un po’ come in quella vecchia pubblicità del pennello – per una parete grande, serve un grande pennello – anche nella nostra disastrata penisola si pensa di poter risolvere i grandi problemi con grandi provvedimenti. E’ così che per combattere l’annoso problema del degrado urbano, con tutti gli annessi e i connessi del caso, il Viminale ha dotato i sindaci italiani di superpoteri in materia di ordinanze pregando di essere il più creativi possibile. Nel decreto legge sulla sicurezza - diventato effettivamente norma il 5 agosto- veniva de facto modificato l’articolo 54 del testo unico sull’ordinamento degli Enti Locali facendolo dilatare nella direzione securitaria. Se prima al sindaco era solamente permesso di “emanare degli atti che gli sono attribuiti dalle leggi e dai regolamenti in materia di ordine e di sicurezza pubblica”, con le nuove disposizioni il sindaco, in qualità di Ufficiale del Governo, è tenuto “alla vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l'ordine pubblico, informandone preventivamente il prefetto”. Le preghiere di Cofferati e Domenici sono finalmente state esaudite e tutti i sindaci del nord, Veneto in testa, sentitamente ringraziano questa nuova opportunità di far valere la legge, la propria legge. Sì perché alla creatività auspicata dal ministro Maroni è stato posto il solo limite della clandestinità, intesa ovviamente come condizione esistenziale e non criminale. E allora ecco che il sindaco di Azzano Decimo (PN) escogita l’ordinanza anti-burqua (si sa, pericolosissimo), quello di Vicenza - per non essere da meno - si inventa multe da 350 a 500 euro per chi bivacca con camper e roulotte (perché quando si va in vacanza in camper bisogna rimanerci dentro) e Firenze, dopo essersela presa con i lavavetri, impone che nessuno più possa sdraiarsi per terra ed impedire il passaggio di quelli che comunque ti scavalcano e fanno finta di nulla.

Tre piccoli esempi di quello che i sindaci italiani pensano interessi la sicurezza pubblica, ma se la cosa ancora lascia indifferenti, provate ad andare nella Verona del sindaco Tosi: oltre alle ormai standard ordinanze anti-accattonaggio e anti-bivacco, si prevedono multe da 25 a 500 euro per chi mangia nelle prossimità di monumenti, se ne va in giro a torso nudo, va a bagnarsi nelle fontane o imbratta muri, targhe e segnaletica stradale.

Probabilmente Tosi si è sentito in competizione con il primo sindaco sceriffo, Sergio Cofferati da Crema, che però nella gara all’ordinanza più assurda batte i sindaci di Novara e Voghera - a pari merito per il divieto di sostare nei parchi in più di due e sulle panchine in più di tre - e si aggiudica il podio con la sua ultima emanazione, il divieto a Bologna di praticare piercings nelle zone intime, capezzoli compresi.

Dalla Genova senza bottiglie di alcol in vista ai litorali adriatici senza vù-cumprà e lucciole, l’Italia prova a diventare, se non pulita dentro (sarebbe un miracolo) bella fuori, con buona pace di tutti quelli che gridano all’oltraggio e pensano e sanno che la libertà individuale non coincide necessariamente con l’arbitrarietà. Un inaspettato cardinal Martino ha duramente criticato le misure anti accattonaggio: “Chiedere l'elemosina è un diritto e se lo si vieta si nasconde solo il bisogno, invece di rispondere ad esso”, mentre Giordano Conti, sindaco di Cesena ha realisticamente sottolineato che senza una solida base finanziaria su cui muoversi, “anche le ordinanze più severe rimarrebbero lettera morta, e tutti questi superpoteri diventerebbero un boomerang”. Non è infatti un problema secondario il fatto che nell’ultima manovra economica, varata la scorsa settimana in previsione dei prossimi tre anni, si sia deciso di ridurre drasticamente la spesa per gli Enti Locali con un taglio di circa 9,5 miliardi di euro. Ma ci penserà l’esercito.

Sempre per la serie “ormai tutto è un ossimoro” il sindaco di Roma Alemanno festeggia i suoi primi 100 giorni in Campidoglio con 129 ordinanze e chiama la sua “una rivoluzione conservatrice”. Forse il vero problema di questi nuovi supersindaci sta proprio qui, nel rifiuto di progredire assieme alla società che amministrano evitando di costruire rapporti virtuosi con le diverse etnie e le differenti componenti sociali che ormai non sono più prerogativa delle grandi città ma anzi cominciano a manifestarsi sempre di più nei piccoli centri urbani.

Prendiamo ad esempio la questione moschee. Nel nostro Paese esistono sinagoghe, templi di Geova e chiese di Scientology, ma nessun sindaco sano di mente ha mai provato a proporre la costruzione di un luogo di culto mussulmano all’interno della propria giurisdizione. “Non paghiamo una chiesa che non sia nostra”: benissimo, la pagano loro ma dategli uno spazio. “Non diamo spazio a luoghi in cui si progettano attentati terroristici”: e qui, oltre alle braccia che cadono, si ritorna al triste binomio diverso = pericolo e si fa inevitabilmente spallucce ai continui richiami internazionali che ci piovono addosso da Bruxelles. Lunghe serie di “no” come questi hanno bocciato e bocciano tutt’ora soluzioni più diplomatiche per gestire quella chiamano emergenza degrado ma a cui ancora non hanno saputo dare dei limiti etimologici. Viene quasi il sospetto che più che amministrare le città, i nostri supersindaci amministrino solo il consenso di chi li ha eletti.

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