di Maura Cossutta

Gli orrori che sono stati evocati sono infine comparsi, dentro un ospedale pubblico, in un reparto di maternità, a Napoli, nell’anno 2008 dopo Cristo. Tutto è partito da una denuncia anonima, che ha scomodato direttamente un magistrato, che a sua volta ha coinvolto le forze dell’ordine, per indagare su un “feticidio”. Così è stato detto, così è stato denunciato. Ed ecco quindi i poliziotti armati sulla “scena del crimine”, che in questo caso è la sala operatoria dove si effettuano le interruzioni volontarie di gravidanze, nel rispetto della legge 194. Soprattutto, nel rispetto (dovrebbe almeno importare a qualcuno) di quelle donne che decidono di abortire. Si trattava di un aborto tardivo, cosiddetto “terapeutico”, che avviene cioè dopo i 90 giorni, quando la salute psico-fisica di una donna è a rischio a seguito della diagnosi di malformazione grave al feto che porta in grembo. In questo caso, come in tutti i casi di aborti terapeutici, si trattava di una gravidanza desiderata, cioè di una donna che voleva quel figlio, che l’ha desiderato, amato, immaginato. Un aborto insomma che è ancora più drammatico, perché quella donna si sentiva già madre. I poliziotti hanno sequestrato cartelle cliniche, hanno interrogato medici, infermieri, persino la vicina (non di cella , ma di letto) della donna indagata. E hanno sequestrato – cosa decisiva – il “corpo del reato”, cioè il prodotto abortivo, “il bambino” (direbbe propriamente Ferrara). Cosa si cercava? La denuncia, anonima ma evidentemente informatissima (da chi?), parlava di reato per la donna e per i medici, di un feto eliminato, contro le norme previste dalla legge 194.

Bisognava trovare le prove, fare i riscontri autoptici, incastrare i criminali…Invece nulla di anomalo o di illegale è stato trovato. I medici, anche gli obiettori, hanno dichiarato che quell’interruzione di gravidanza non presentava “irregolarità”. Tutto insomma era a posto, tutto in ordine, tutto sotto controllo. Quindi, tutto bene?Allora, “scusate e buona sera?”

L’orrore di quello che è successo deve scuotere i pigri, gli scettici, gli ignavi. Dopo le scene del blitz della polizia al Policlinico di Napoli, non è più accettabile minimizzare, sdrammatizzare. Quello che è stato evocato, si è materializzato e i mostri sono ormai tra noi, magari con le facce normali di cittadini banali, di quelli che nascondono le loro fobie dietro l’anonimato delle denunce. Ma finalmente legittimati, da chi è potente, da chi conta, da chi parla in nome di Dio.

La moratoria contro l’aborto ha evocato i mostri, che puntualmente sono arrivati. Contro le donne assassine, contro i medici criminali. Anche da noi arriva l’America (si sa, come per la musica, per la moda, per i film, sempre comunque con un decennio di ritardo), anche da noi arrivano i cittadini e le liste “pro-life”. E arrivano i finanziamenti copiosi, si affollano gli sponsor, arrancano i ritardatari che non vogliono perdere il giro. L’orrore viene ormai rivendicato, gridato, organizzato.

Chi ora indagherà su quella denuncia anonima? Su quel magistrato che ha autorizzato il blitz in un ospedale pubblico? Chi difende i diritti, la vita e l’anima violati di quella donna e di tutte le donne? A Napoli è avvenuto qualcosa di orribile e pericolosissimo, un salto di qualità, un’accelerazione impensabile eppure prevedibile. Dalla “parola pubblica” si è passati all’”azione pubblica”: un’indicazione precisa per le avanguardie integraliste, non contro l’aborto in astratto, ma contro la legge 194, contro la legalizzazione dell’aborto.

“Il feto tutelato dallo Stato, la polizia in servizio contro il feticidio”: questa è la nuova strategia della difesa della vita. E mentre Ferrara si candida e la Binetti loda Berlusconi, passa la legittimazione del feto come “proprietà pubblica”, da difendere contro il potere criminale delle donne. Un’aberrazione giuridica, una barbarie, che apre scenari di nuovo fascismo. La difesa della vita fin dal concepimento da parte dello Stato evoca mostri che già la storia conosce, ma che non ha sconfitto.

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