di Cinzia Frassi


"Censurare la satira -in nome del cattivo gusto o di altri principi volatili e capziosi - è censurare le opinioni. E' fascismo." Così scrive nel suo blog Daniele Luttazzi l’indomani dell’ennesima censura. Sembrava una stagione ormai lontana quella dell'editto bulgaro che cacciò il comico dalla Rai nel 2002 e che mise la parola fine al programma pungente Satyricon. Era il periodo nero della libertà di informazione e di satira che ha fatto vittime illustri come Enzo Biagi, anche se oggi chi gettò il sasso nasconde la mano. Oggi ci risiamo e, dopo la chiusura del programma, Luttazzi sposta il set all’Ambra Jovinelli di Roma. Forse lì è la presenza del sipario a garantire uno spazio libero di rappresentazione satirica della realtà che ci circonda. Il risultato oggi è che il comico continuerà in teatro il suo lavoro e una denuncia dello stesso per ottenere il sequestro probatorio di quanto girato sotto la voce Decameron, che sia andato in onda oppure no.
Solo sei mesi fa veniva annunciato il ritorno sul piccolo schermo dell'ultimo epurato vip non ancora tornato "in onda". Vip sta per epurato top con il privilegio di una diffusa solidarietà e visibilità comunque ricevuti. Fermo restando tuttavia di considerare quanti furono vittime invisibili. Per il ritorno dell’irriverente comico c’erano presupposti di libertà creativa che furono ben sottolineati dal direttore di La7, Antonio Campo Dall'Orto, che al momento dell'annuncio, incalzato circa i probabili contenuti del programma, diceva che "non c'è tanto da fantasticare: sarà una delle cose tipiche di Luttazzi" e aggiungeva con spirito da coraggioso pioniere: "l'unica vera anomalia non è che Luttazzi torni in tv, ma che ci ritorno troppo tardi".

Dovevano essere dieci puntate, come dieci ore d'aria, per la lingua sciolta e tagliente di Luttazzi, che attendeva dal 2002, ma è inciampato su Giuliano Ferrara.

Il conduttore di Otto e mezzo è stato tirato in mezzo durante una macchietta che voleva dipingere in maniera grottesca ed irrimediabilmente comica, l’ennesimo autogol di un Berlusconi che trova il coraggio di dichiarare che in fondo era contrario alla guerra in Iraq. La frase che ha spento le telecamere su Decameron è stata questa: "dopo 4 anni guerra in Iraq, 3.900 soldati americani morti, 85.000 civili iracheni ammazzati e tutti gli italiani morti sul campo anche per colpa di Berlusconi, Berlusconi ha avuto il coraggio di dire che lui in fondo era contrario alla guerra in Iraq. Come si fa a sopportare una cosa del genere? Io ho un mio sistema, penso a Giuliano Ferrara immerso in una vasca da bagno con Berlusconi e Dell'Utri che gli pisciano addosso, Previti che gli caga in bocca e la Santanchè in completo sadomaso che li frusta tutti".

Le dinamiche della sospensione sono piuttosto esileranti, anche se vere, tanto che provocano la dura reazione della redazione del telegiornale della stessa emittente: non fu consentito infatti di dare tempestivamente la notizia della sospensione del programma nell’edizione notturna.

Dalla chiusura di Decameron è un susseguirsi di vicende grottesche che valgono come termine per delcinare inevitabilmente cosa possa definirsi scandaloso e cosa no oggi in televisione. Dalla censura al telegiornale si passa al contenuto del comunicato della direzione de La7 che, se da un lato menziona la parola libertà, la condiziona ad un non meglio definito concetto di responsabilità , denunciandone il tradimento. La tempistica della sospensione che arriva giorni dopo la puntata incriminata di sabato 1 dicembre lascia ipotizzare a molti, oltre che al comico stesso, che il problema fosse il realtà la puntata numero sei, la successiva, dedicata alla “Spe Salvi”, l’ultima enciclica firmata Ratzinger.


Ci sarebbe da discutere, non tanto di cosa possa segnare i confini della satira all’italiana, quanto di cosa si possa considerare scandaloso, offensivo, oltraggioso, aberrante veramente. Un ex pilota di formula uno che si fa cedere il volante dal tassista per arrivare in tempo all’aeroporto guidando come fosse ancora in pista, ritratto dai telegiornali nazionali come un eroe abile e vincente. Un giornalista, Giuseppe D’Avanzo che, dopo la pubblicazione di notizie gravissime di ipotesi di corruzione nel napoletano che chiamano in causa Silvio Berlusconi, viene tempestivamente perquisito e privato del computer. In questi casi non c’è sospensione.

Cosa ad esempio ci fa considerare moralmente e politicamente lecita una dichiarazione come quella del Cavaliere circa la guerra in Iraq? Cosa fa sentenziare come scandaloso quanto detto dal comico di Decameron per compiere un paragone talmente grottesco da sostenere il confronto con la cinica leggerezza proprio di quelle dichiarazioni del politico di turno?

La satira in Italia acquista toni che a tratti non si rifanno ad una rappresentazione grottesca della realtà, bensì ad una realtà grottesca in se. E’ forse per questo che si chiama in causa il senso di responsabilità o l’accusa di essere offensiva della moralità dello spettatore o del target di volta in volta preso di mira dalle lingue taglienti dei professionisti della comicità italiana.

Daniele Luttazzi in una recente intervista sostiene che “come diceva Lenny Bruce, non è il sesso ad essere pornografico bensì la guerra”.


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