Nel lungo cammino dalla campagna elettorale alla realtà, prosegue la metamorfosi del reddito di cittadinanza. Il decreto che alzerà il velo sulla misura bandiera del Movimento 5 Stelle è atteso per gennaio, ma, secondo le ultime indiscrezioni, dalla bozza del provvedimento è saltato un passaggio ritenuto cruciale fino a poco tempo fa.

 

Lo schema di base resta immutato: chi percepirà il reddito di cittadinanza riceverà tre offerte di lavoro e se le rifiuterà tutte perderà il diritto al sussidio. Nel disegno di legge originario, però, c’era scritto anche che ogni offerta di lavoro doveva essere “congrua”, ossia “attinente alle competenze segnalate dal beneficiario”, con “retribuzione oraria uguale o superiore all’80% rispetto alle mansioni di provenienza” e soprattutto in un “luogo di lavoro situato nel raggio di 50 chilometri” da casa.

 

 

Tutte queste tutele, a quanto pare, sono scomparse dalla bozza del decreto, che non parla più di “offerte congrue”. Il punto su cui si registra il cambiamento più significativo è la distanza massima fra il luogo in cui chi riceve il reddito risiede e quello in cui dovrebbe svolgere l’occupazione che gli viene offerta. Il limite dei 50 chilometri è raddoppiato: la prima offerta di lavoro potrà riguardare un impiego entro 100 chilometri da casa.

 

In caso di rifiuto, alla seconda offerta il raggio d’azione aumenterà a 250 chilometri, cioè più della distanza che separa Napoli da Roma. Infine, alla terza offerta, chi non ha figli dovrà essere disponibile a spostarsi in qualsiasi punto d’Italia, altrimenti perderà il reddito. Chi ha figli, invece, si ritroverà di fronte allo stesso bivio nel caso abbia già concluso un ciclo di reddito (che dura 18 mesi, al termine dei quali bisogna ripresentare la domanda).

 

Come si spiega una modifica così significativa al progetto originario, peraltro a poche settimane dal Consiglio dei ministri che dovrebbe varare il provvedimento? Le spiegazioni possono essere due, una politica e una economica.

 

In termini elettorali, al Nord il Movimento 5 Stelle sta pagando l’identificazione del reddito di cittadinanza con una forma di assistenzialismo puro, un regalo agli sfaticati che vogliono passare la vita sul divano, come recita la vulgata. L’irrigidimento delle norme potrebbe essere un tentativo di recuperare terreno su questo fronte, dimostrando che il sussidio non pioverà dal cielo come la manna, ma sarà legato a doppio filo alle politiche attive per il lavoro.

 

Dal punto di vista finanziario, le modifiche alla normativa potrebbero tornare utili per limitare l’esborso da parte dello Stato. Di fronte al rischio di essere spediti a 10 ore d’automobile da casa, infatti, i percettori del reddito saranno spinti ad accettare la prima o al massimo la seconda offerta di lavoro, evitando così di estendere fino al limite massimo la durata del sussidio.

 

Del resto, dalla manovra già sappiamo che le risorse a disposizione per il reddito di cittadinanza saranno molte meno di quelle previste. Per rispondere alle richieste della Ue, i fondi sono passati da 9 miliardi l’anno a 7,1 per il 2019, 8,05 per il 2020 e 8,3 annui dal 2021. Meno della metà di quei 17 miliardi sbandierati in campagna elettorale.

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